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17/08/2008

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"IL GARGANO NON E" MAI MORTO"

Clicca per Ingrandire Ce l’eravamo preparata la domanda, presuntuosamente, prima ancora che iniziasse la serata di presentazione del libro “Terra Bruciata” di Piero Russo (Sentieri Meridiani Edizioni, foto di Franco Cautillo, pagg. 80, € 10.00) tenuta nello spazio della Villa Comunale di Peschici ieri 16, non seguendo e snobbando la voce del mestiere che suggerisce di ascoltare, prima, e chiedere, poi.

L’avevamo preparata e al termine delle relazioni dei vari protagonisti presenti (il sindaco Vecera, l’editore Michele Vigilante, l’autore (nella foto) e un’ospite inattesa, la vicepresidente del Consiglio Provinciale dauno Billa Consiglio), non ce la siamo sentita di rivolgere. Il motivo è facilmente arguibile: qualunque tipo di risposta avesse ricevuto, ci era già stata data, da ciascuno dei quattro relatori ma soprattutto da Piero Russo, in particolare quando ha proferito una frase che potrebbe entrare negli annali di un paese martoriato dalla calamità dell’incendio del 24 luglio 2007 (argomento del volumetto reso in cronaca): “Il Gargano non è mai morto!”, quasi un marchio in grado di combattere gli isterismi giornalistici di quelle tragiche ore, un timbro da marcare a fuoco sulla pelle di chi ne decretò la venticinquennale scomparsa dallo scenario turistico del Bel Paese.

Per rimarcare la propria affermazione, l’autore aveva già chiesto cinque secondi di silenzio tali da poter ascoltare i rumori della piazza, il brusio frenetico dei frequentatori del vicino Corso Garibaldi, quasi il fruscio dei passi di centinaia di turisti che in quel momento, e da varie settimane, stavano “invadendo” la cittadina garganica; e stigmatizzare le facili conclusioni, diventate luoghi comuni, sulla (in)ospitalità del garganico, la (non)capacità di saper “accogliere” del peschiciano, che in altri posti assumono e acquistano espressioni lessicali ben diverse e molto meno “denigranti”.

Quale la domanda? “La lungimiranza di un cronista (perché Piero Russo è un cronista nato, cresciuto e pasciuto, come diciamo noi da queste parti; nda) talvolta è superiore alla lungimiranza di un politico. Quali scenari, allora, prevede per questo territorio il cronista Piero Russo in un futuro molto prossimo?”

Una domanda divenuta inutile perché sia lui, sia l’assessore Consiglio, sia (in parte) sindaco e editore, avevano già fornito una risposta. Specialmente lui, l’autore, con le sue dichiarazioni d’amore per questa terra - non sua, ma alla quale è legato come se gli avesse dato i natali - e le sue prese di posizione in favore di questa terra e la sua difesa di questa terra (difesa da ogni attacco becero e pseudointellettuale) e le sue escursioni solitarie su questa terra per comprenderne le reazioni alla durissima stangata e il suo rispetto per chi abita questa terra e il suo apprezzamento per quanto ha dimostrato di saper fare e il suo ossequio per come ha dimostrato di sapersi “donare”.

Una domanda divenuta inutile perché anticipata dalle dichiarazioni d’intenti del primo cittadino: basta parlare d’incendio, guardiamo avanti, pensiamo a un libro che s’intitoli “Terra Rinata”, apprezziamo lo spirito di solidarietà dei turisti tornati a riempire le nostre strade e i vicoli della città vecchia, offrendo una dimostrazione di partecipazione atta a confortare gli animi, sollevarli dalle ambasce e suggerire: dai, che ce la potete fare!

Una domanda divenuta inutile perché “bruciata” dalle emozioni di Billa Consiglio, dai suoi brividi procurati dalla lettura del testo-cronaca in cui il rigore giornalistico si è tradotto in appassionato amore per Peschici, dal suo spontaneo “grazie” a chi quel giorno si è trasfigurato in angelo salvatore, dalla sua volontà di tornare qui per “qualcosa di bello” (frase dichiaratamente mutuata dall’omelia dell’ex arciprete locale, don Giuseppe Clemente, pronunciata durante la messa in suffragio dei tre morti peschiciani e della natura sacrificata a un dio minore: il dio dell’idiozia e della scelleratezza).

Una domanda divenuta inutile anche per la conclusione cui è giunto, con disarmante schiettezza, l’editore: l’uomo, quel giorno, si è rivelato migliore delle istituzioni.

Personalmente ringraziamo l’autore per averci regalato un istante di gioventù, quando anche noi, come lui, imparammo, fra le lacrime, a rispettare questo lembo di eden, e a amarlo, davanti all’incendio della “Reseca” (1967), o avendo di fronte il rogo di Monte Pucci (1986), o calpestando le ceneri e gli scheletri di Tavole di Pietra (1999), o ascoltando da lontano, perché eravamo lontani, pianti recriminazioni bestemmie urla maledizioni appelli scoppi crepitii di San Nicola e Madonna di Loreto e Coppa di Cielo e Manacore e Zaiana e Calalonga (2007).

Non sappiamo a quale libro stia pensando adesso Piero Russo, ma qualunque esso sia, o sarà, di sicuro non si allontanerà da un’orma che ormai l’ha segnato: assemblare da par suo un’altra cronaca - questa volta “bianca”, se non addirittura “rosa” - in modo da renderla fluida e scorrevole come un romanzo avvincente, suggestivo e trascinante. Auguri.

p.g.

 Redazione

 

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