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13/08/2008

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PAZ

Clicca per Ingrandire Voleva disegnare fumetti ed è diventato uno dei più importanti artisti italiani di fine ’900. Voleva “a lungo” ed è morto a trentadue anni. Dissacrava le celebrazioni e a lui sono state dedicate mostre, scuole e anche piazze. Non ha avuto figli ma ha messo al mondo creature come Pentothal, Zanardi e Pompeo.

Stiamo parlando di Andrea Pazienza, che Vico del Gargano e la frazione marina di San Menaio stanno omaggiando dal 19 luglio e non smetteranno fino al 24 di questo mese, con evidente e indiscutibile successo di pubblico. Pazienza… “Paz” per tutti, giocoliere dell'immagine e della parola, personaggio inquieto e inquietante, mago della fantasia e della poesia.

Andrea è morto agli inizi dell'estate di venti anni fa, all’alba del 16 giugno 1988. Una morte precipitosa, come del resto era stata tutta la sua vita. “Disegno da quando avevo 18 anni, so disegnare qualsiasi cosa e in qualsiasi modo. Lo faccio poco e controvoglia ma sono il più bravo disegnatore vivente” scriveva su Paese Sera il 1981. La sua prima storia a fumetti, "Le straordinarie avventure di Pentothal", la pubblicò la rivista ‘Alter Alter’ nel 1977. Da allora ogni striscia è diventata memorabile: ha fondato la Primo Carnera Editore, la rivista ‘Cannibale’ (con Stefano Tamburini, Marco D'Alessandro e Massimo Mattioli) e il mensile ‘Frigidaire’. E proprio su ‘Frigidaire’ veniva pubblicata la storia di Francesco Stella, un fumetto che è anche pittura, un racconto lineare, un teatro dell'assurdo, una seconda memorabile puntata della storia di Francesco Stella, dopo che la prima era stata creata nel 1979 per ‘Cannibale’.

Nella breve vita di Andrea Pazienza, come in un elastico dilatato al massimo in cui far entrare più emozioni possibili, c'è stato anche l'insegnamento. Prima all'Università di Alcatraz di Dario e Jacopo Fo, poi alla Scuola di fumetto e arti grafiche Zio Feininger. Quindi ha firmato manifesti cinematografici, come quello della ‘Città delle donne’ di Fellini, videoclip, copertine di dischi e campagne pubblicitarie. Per il mondo del teatro, che amava di un amore intenso e ricambiato, ha realizzato scenografie e locandine.

E naturalmente ha continuato a dipingere. Sempre. Le sue opere sono state esposte alla Galleria comunale d'arte moderna di Bologna, a quella milanese Nuages e al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Non si è fermato neanche davanti alle pitture murali: sono di Paz le decorazioni della facoltà di Lettere a Genova e il gigantesco Zanardi Equestre di Cesena. Il pubblico era pazzo di lui, del modo in cui sapeva far innamorare con le sue storie.

In più Andrea era bello: alto quasi un metro e novanta, con una faccia cinematografica. Parlando di sé e della libertà legata al suo mestiere, diceva: “Mi arrendo ai confini dei miei limiti. Ma combatto strenuamente dentro di essi, onestamente, per quanto mi è dato di fare, cercando di conseguire lo scopo che mi sono prefisso: fare delle storie cariche di sentimento, il più possibile evocative, che raggiungano il lettore nel modo più diretto possibile”.

La fine è arrivata improvvisa, a Montepulciano. Sulla sua morte si sono rincorse le voci di un probabile ritorno all'eroina. Ma a cosa serve saperlo? Da vent'anni Paz è sepolto nel cimitero del paese dove è cresciuto, la città natale dei genitori. Lo aveva sempre chiesto: “Se mi dovesse succedere qualcosa, vorrei solo un po' di terra a San Severo… e un albero sopra”.

 Redazione

 

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