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08/08/2008

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Centro Studi “Martella” e Diocesi Manfredonia: fratelli-coltelli?

Clicca per Ingrandire “Basta, non ne posso più! D’ora in poi, voi andate avanti e io vi vengo dietro!”

Immediata la replica, veemente e incalzante, della presidente del Centro Studi “Giuseppe Martella” alla dichiarazione dell’arcivescovo Domenico D’Ambrosio fatta nel corso della presentazione del libro curato da Teresa Maria Rauzino e Liana Bertoldi Lenoci (“Chiesa e religiosità popolare a Peschici”) avvenuta ieri 7 nell’aula consiliare del Comune di Peschici: “Ennò, dovresti essere tu a guidarci, a fare da rompighiaccio. Noi abbiamo lavorato da dieci anni a questa parte, rubando tempo prezioso alle nostre attività - che non rimpiangiamo perché la causa era ed è giusta - e se tu non ne puoi più… io non ce la faccio più! Chiudo il Centro Martella (la cui madre di tutte le battaglie è la soluzione della vicenda in discussione; ndr) e chi s’è visto, s’è visto!”

Motivo del contendere, ci sembra pleonastico puntualizzarlo, l’affaire Calena. Fondi perduti, espropri deliberati e non eseguiti, sovrintendenza ai beni culturali latitante, per non parlare di denunce e querele della proprietà dell’Abazia Benedettina di Calena, in agro di Peschici, finite in bolle di sapone, con l’assoluzione dei querelati (ovviamente coloro che stanno portando avanti la questione senza comunque ottenere, almeno finora, qualcosa di positivo… ed è nostra personale opinione che non lo otterranno ancora per molto).

Al proposito, l’ex sindaco Franco Tavaglione, da noi interpellato, che ha seguito il caso durante le sue due ‘legislature’ è chiaro e drastico: “Il tempo che impiegherebbe un esproprio ad attuarsi è tale che l’ottocentesco convento (risale infatti all’872 d.C.; ndr) con annesse chiese, vecchia e nuova, andrebbero in totale fatiscenza”.

E così la serata, dedicata alla presentazione di un libro si è spostata inevitabilmente sulla vicenda che da un decennio sta appassionando religiosi, studiosi e semplici cittadini. E se era compensibile che accadesse, era altrettanto comprensibile, come da aspettative di molti dei presenti, che scaturisse qualcosa di nuovo, se non di definitivo almeno maggiormente chiarificatore. Invece si è avuta netta l’impressione che tutto sia rimasto al punto di partenza. Una proprietà, la famiglia peschiciana dei Martucci, che non cede (ne è in possesso d’altronde da… secoli) e non scende a compromessi, rifiutando, a detta dell’arcivescovo, la firma di una convenzione ad hoc, ma nel contempo permettendo che la medievale abazia “vada in malora” senza operare interventi di restauro e ristrutturazione ai quali pure sono stati chiamati; e di contro una comunità che non vuole assolutamente che tra qualche tempo si vada lì, nella piana di Peschici, a raccogliere e conservare in memoria i resti di una costruzione che ha sulle spalle una storia gloriosa, importante e pregnante.

Chiara l’accusa di D’Ambrosio: “La colpa è vostra, che non siete stati capaci di difendere Calena. Avete lasciato che la vegetazione spontanea coprisse l’effigie della Madonna sulle mura del convento-fortezza, sperando di non andare a coglierne i cocci… fra un po’. Neanche le erbacce siete stati capaci di strappare!”

Qualcuno ha “letto” nella decisa recriminazione un invito occulto e un recondito interrogativo: perché non andate a occuparla? Altri, nelle inevitabili discussioni che sono seguite all’esterno della Casa Comunale, al termine della riunione, hanno parlato di referendum, sondaggi, petizioni. Ne sortirà qualcosa, coinvolgendo in presa diretta la cittadinanza? Chissà!

Resta l’amarezza di una soluzione, se non impossibile quanto meno improbabile, che ti colma la bocca quando, passando dinanzi all’antica struttura, ne vedi pietre e archi offesi da una incuria che a lungo andare sta diventando sempre più inquietante e… inammissibile.

La prima parte della serata - perché una prima parte pure c’è stata! - è stata dedicata agli interventi del sindaco Vecera, dell’assessore alla Cultura Di Miscia, della curatrice Rauzino, della rappresentante di “Italia Nostra” Menuccia Fontana, del “crociato di Calena” (definizione D’Ambrosio) Enzo D’Amato e della analisi del volume fatta, con un certo spirito critico, dal vescovo di Manfredonia. Il tutto, comunque, ridimensionato dalla discussione sul futuro di Calena, oscurato da un malessere che da semplice bubbone si sta trasfigurando in metastasi diffusa.

E a noi non resta che aggiungere: “Mah!”

Piero Giannini

 Redazione

 

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