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05/08/2008

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Si può ritornare sui propri errori?

Clicca per Ingrandire  In un mondo di qualità sotterranea, di una veloce quanto arida comunicazione, i libri sono e restano la sola possibilità di meditazione. I libri sono ancora necessari perché funzionano come momento di riflessione sia per chi scrive sia per chi legge. Quindi, ben vengano i libri. Ben vengano se ci consentono di incontrarci per condividere ancora riflessioni, sensazioni e, perché no, buoni propositi. Quando Falina Marasca, delle Edizioni del Rosone, mi ha chiesto di essere qui stasera, ho risposto che certamente non avrei dimenticato l’incontro, ma quando ha precisato che sarei stata io a presentare il libro di Emilio Panizio (foto sotto), sono rimasta di stucco e ho subito rifiutato esprimendo la mia perplessità per tutta una serie di buoni motivi, primo fra tutti il fatto che non conoscevo l'autore e che, essendo il libro da presentare il secondo di due volumi, non avendo neanche letto il primo, quello pubblicato lo scorso anno, non capivo come avrei potuto recuperare gli agganci necessari. La Falina, invece, dopo essere stata un attimo in silenzio a osservarmi, con la determinazione di sempre ha esclamato dalla sua scrivania: "Poche storie. Lo devi fare tu... Sai, parla di Schiapparo!”

Ricordandomi le mie esternazioni per la paradossale situazione edilizia, che ha reso quella zona
tristemente famosa, "ti piacerà... ti piacerà..." continuava a dirmi, allungandomi il libro da leggere. E, come sempre, aveva ragione. Prendo il libro, lo giro e lo rigiro fra le mani, lo osservo attentamente. Bene - penso - almeno non è voluminoso. Poi resto colpita dalla copertina fresca, estiva, con quella giraffina intrigante che fa capolino... Mi sembra un libro che tiene conto di tutti gli equilibri necessari per rendere piacevole una lettura da fare in vacanza. Il formato comodo, maneggevole; i racconti brevi… facili...

Prendo il libro senza rilasciare ulteriori dichiarazioni e vado a casa. Appena trovo il tempo, mi sforzo di leggere ciò che sembra stia leggendo anche la giraffina sulla copertina posteriore e sorrido amaramente divertita. Siccome sono per mia natura portata a considerare sempre il meglio di ogni situazione, mi sono detta che per presentare il libro avrei dovuto certamente impegnarmi per assolvere con la dovuta importanza al mio incarico, ma in cambio avrei avuto l'opportunità di conoscere l'autore, una persona sicuramente di qualità, avrei avuto occasione di confrontarmi con un nuovo amico attento ai problemi del territorio, un amico che come me vive la nostalgia della lontananza. La nostalgia per una terra speciale che, nonostante i drammi naturali (naturali o provocati?) riesce a trovare sempre nuove occasioni e nuovi uomini per affermare la sua natura, la sua storia e la sua cultura.

Cominciamo dal titolo. Alcuni dicono Schiàpparo, molti Schiappàro. Io preferirei Schiàpparo, perché ha il suono di uno schiaffo, quello che l'uomo è riuscito a dare a una natura particolarmente affascinante. Le ultime notizie sono proprio di questi giorni, e come sempre sono notizie confuse: l’ecomostro va abbattuto - non tutto però - alcune case saranno condonate. Ma quali, con quale criterio, come sarà dopo? Tante domande a cui diventa sempre più difficile dare delle risposte. Intanto restano le case... tante case... sempre di più. Qualcuna, costruita di notte in tutta fretta, in vista del probabile condono.

Case, case, case... case incompiute: senza porte, senza finestre; teschi vuoti, corpi senza anima. Questa è diventata Schiapparo! Quella che era la spiaggia bella, la spiaggia selvaggia che in tanti oggi vanno a cercare lontano. E l'anima, la nostra anima soffre altrove.

Un pomeriggio finalmente posso cominciare a leggere i racconti. Salto di proposito la presentazione per non essere influenzata in alcun modo dalle altrui osservazioni (ma quando poi ho letto Vocale ho condiviso completamente la sua analisi). Così come ho trovato simpaticamente giusta la postfazione dell’amico De Cato. Ovviamente, come vi dicevo, non avendo letto Schiapparo numero 1, mi sono avvicinata alla lettura con un certo disagio, forse suggestionata dalla consapevolezza che mi mancavano delle notizie a cui avrei dovuto fare riferimento. Temevo, in poche parole, che il quadro non mi risultasse completo, e che pregiudicasse la mia visione d’insieme così come capita quando una parte del paesaggio si dissolve nella nebbia e non puoi che giocare ad intuirlo. Ma poi, leggendo ho capito che non era il caso di preoccuparmi tanto.

I racconti sono così gradevoli nella loro apparente semplicità che si fanno leggere proprio volentieri. Ho detto apparente semplicità, perché la prima lettura è gustosa, fresca, trascinante, avvincente... Ma poi ti accorgi di essere trascinato ancora nella lettura perché i racconti non ti sembrano veramente conclusi. E' come se ti dovessi impegnare a cercare un finale alla storia, una conclusione che volutamente l'autore lascia a mezz'aria per costringerti a leggere e rileggere con sempre maggiore attenzione.

C'è sempre un qualcosa di volutamente misterioso che crea una atmosfera di suspence. Una pennellata di giallo fra l'azzurro dei luoghi e i suoni del tempo. E io ho letto più volte i racconti e ogni volta ne ho ricevute sensazioni ed emozioni diverse. Allora ho capito che non stavo leggendo un libro facile ma, al contrario, un libro che diventa nuovo e diverso, di volta in volta, e da lettore a lettore perché la verità di chi scrive va a intrecciarsi con la disponibilità di chi legge.

E' un libro di racconti che testimonia anche la capacità di rendere le difficoltà in chiave vagamente comica. I due militari, sia pure nella loro compostezza dovuta alla gravità del caso, sembrano due personaggi del Mudù di Telenorba. La lettura dei racconti denota una chiara maturità intellettuale che sotto la freschezza di una narrazione vivace e leggera, affidata spesso al dialogo, lascia intravedere la serietà di intenti nel voler conservare il controllo della situazione, nel seguire l'evoluzione del territorio e dei suoi abitanti in una altalenante movimentazione di speranza, delusione, rassegnazione, negazione e positività. Gli avvenimenti, importanti o scontati che siano, a volte succedono e altre non succedono, ma il tutto avviene giocando con una natura ancora ben disposta a offrirci un oleandro fiorito che si specchia al tramonto nelle acque tornate improvvisamente tranquille.

Sebbene nei racconti l'azione e l'intreccio siano impostati con cura, leggendo ci si trova di fronte a una narrazione per così dire di conversazione. Si nota la preoccupazione dell'autore di descrivere fedelmente il mondo in cui ha vissuto e poi osservato da adulto con minuziosa pazienza, in tutti i suoi molteplici aspetti. Egli descrive con acuto spirito di osservazione e con viva curiosità intellettuale persone e ambienti con lucida ironia al limite della comicità, pur lasciando intatta l'importanza della scena raccontata. Figure tipiche prese dal vero, e presentate con nomi fittizi, si ritrovano nei racconti, e l'opera assume quindi, nel complesso, un valore di documento al quale il vivo senso critico, oltreché artistico, dello scrittore garantisce un indiscusso interesse. “Sono cose serie che sembrano baggianate” dice De Cato nella posfazione.

Nei racconti si coglie un sentimento di romantica nostalgia velato di ironia, quasi a voler celare con pudore una dichiarazione del legame d'amore mai interrotto con le sue radici. I racconti di Schiapparo, infine, nella loro apparente semplicità, secondo me, hanno anche un valore allegorico. Schiapparo è un luogo dell'uomo; un luogo della sua storia. Può l'individuo e con esso la società ritornare sui propri errori? Salvare e salvarsi attraverso il rado seme di una nuova coscienza?

Santa Picazio

 Redazione

 

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