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30/07/2008

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CFF: “SU IL SIPARIO!”

Clicca per Ingrandire Dopodomani inizia il festival e quindi si chiude questo ciclo di preparazione alla Tavola Rotonda del 4 Agosto. Il Carpino Folk Festival e puntodistella sperano di aver stimolato la vostra curiosità e vi abbiano aiutato a capire che esiste un patrimonio genetico in ognuno di noi trasmesso oralmente che non ha nulla da invidiare alla cultura ufficiale trasmessa con i mezzi di comunicazione accessibili fino a poco tempo fa a una piccola cerchia di elitè. E chiudiamo con questi due ultimi interventi di Secondo Amalfitano, il primo, e Carlo Petrini, il secondo.


LA VARIABILE TEMPO – di Secondo Amalfitano (Coordinatore della consulta dei Piccoli Comuni Anci)

Circa la difesa e la tutela dell’immateriale, uno dei problemi fondamentali è il tempo. Credo che il tempo rimasto per avviare concretamente un piano di valorizzazione e tutela sia veramente poco, atteso che il patrimonio immateriale che perdiamo giorno dopo giorno incomincia ad essere troppo. E, a differenza del patrimonio materiale, l’immateriale che perdiamo non può essere più recuperato.
In Spagna è stata lanciata l’iniziativa “Adottiamo un vocabolo”, in Spagna, cioè, qualcuno si è preoccupato di verificare se il loro vocabolario sta perdendo pezzi. Una parola alla volta, magari parole legate a usi, a tradizioni, a mestieri perdiamo un patrimonio che va nell’oblio.

Credo che il voler recuperare una parola, un termine, significhi recuperare anche quello che c’è dietro. Qui in Italia di vocaboli ne stiamo perdendo parecchi e con loro grandi pezzi della identità e della qualità italiana. Quindi sicuramente il problema dei tempi è fondamentale. Dobbiamo fare i conti con i tempi, soprattutto tenendo conto che i ritmi e la velocità della globalizzazione hanno avuto un’accelerazione incredibile negli ultimi anni, e credo che non ancora abbiamo raggiunto le velocità di punta della globalizzazione e perciò dovremmo fare uno sforzo in questa direzione. L’altro punto fondamentale per un serio progetto di tutela è la necessità di far fare sistema a tutti quanti si occupano a vario titolo di patrimonio immateriale.

Come Anci stiamo lavorando alla realizzazione dello statuto dell’associazione Res Tipica. In questo percorso di sistema credo che un ruolo fondamentale lo debba giocare la scuola. Con il ministro Fioroni e con Legambiente abbiamo avviato il 22 gennaio scorso a Roma, un periodo di ascolto del territorio, per far venir fuori e mettere a fuoco i problemi della scuola nei piccoli comuni. Abbiamo avuto circa 600 presenza fra dirigenti scolastici, amministratori e rappresentanti delle istituzioni.

L’intero mondo della scuola andrebbe coinvolto nel progetto di tutela e valorizzazione del patrimonio immateriale, esso rappresenterebbe la rete più straordinaria capillarmente presente sul territorio. Vanno inglobate, poi, in questo percorso le Regioni, le Province, il Governo, il Parlamento e tutto il mondo dell’associazionismo. Fare sistema significa fare recitare il proprio ruolo ad ognuno in modo organico e in un’organizzazione di filiera.

Ultimo punto è quello di dare una impostazione più economica all’importanza strategica di tutelare e di salvaguardare l’intangibile. Sarebbe un grave errore non tener presente che viviamo in una società consumistica nella quale la logica del guadagno e dei vantaggi economici sta devastando tutto e ignorarlo completamente sarebbe tragico.


LA TERRA E’ MADRE – di Carlo Petrini (presidente internazionale di Slow Food)

Dal punto di vista politico non vedo tutto questo afflato da parte dei nostri politici, dei nostri dirigenti e anche una grande difficoltà nell’individuare bene cosa sia questa immaterialità, anche perché alla fine bisogna avere le idee chiare per sapere come muoversi. Noi dello Slow Food nel 2004 abbiamo realizzato due importanti appuntamenti per il nostro movimento e non solo.

Il primo, la prima riunione diTerramadre, un’assemblea di 2.000 unità del cibo, come li abbiamo definiti, vale a dire contadini, pescatori, nomadi, trasformatori di 156 paesi del mondo. Tutto questo si è ripetuto nell’ottobre del 2006 con la presenza di Giorgio Napoletano ma anche con un’ulteriore implementazione: le comunità hanno raggiunto il livello di 4000 unità che operano localmente nella salvaguardia della biodiversità, degli ecosistemi, della conoscenza materiale di quella che è la cultura gastronomica. Per noi questo appuntamento è stato significativo, anche per l’esigenza planetaria.

Se ci fosse stato qualche disegno logico l’UNESCO avrebbe dovuto riconoscere prima la cultura immateriale per poi passare alle pietre, perché il tempo farà morire l’immaterialità. La cultura immateriale non è stata difesa perché non ha dignità culturale, essendo nelle mani delle classi subalterne, quelle classi che non hanno attività accademica: ecco che questa cultura è parcheggiata, qualcuno la difende, nascono esperimenti virtuosi come gli ecomusei, si collega al discorso etnografico, ecologico.

Non dimentichiamo che il più grande intellettuale del secolo appena trascorso, ancora felicemente in vita, Levi Strauss, ci sollecita e ci dice che siamo in una situazione di etnologia di emergenza, proprio per la questione del tempo. Perché la società industriale e poi la società post industriale tutte queste conoscenze le stritolano, le fanno scomparire.

Nel nostro paese nel 1950 la popolazione attiva contadina era il 50 percento ora
siamo al 3, dobbiamo dire che abbiamo assistito inermi a quello che non solo in Italia ma nel mondo è stato il più grande genocidio culturale della storia dell’umanità. Una sapienzialità secolare che nel giro di pochi anni è andata persa. Io penso che da questo punto di vista il tempo rimasto è veramente poco allora sarà meglio che cominciamo a riflettere.

Per ciò che riguarda il secondo punto, è importante sottolineare la nascita della prima e unica università di scienze gastronomiche del mondo. Quest’anno siamo al terzo anno di vita di questa piccola università internazionale dove il 50% degli studenti non è italiano. Anche in questo caso abbiamo fatto una grande battaglia: non dimenticherò mai tutti i nostri incontri fatti al ministero per spiegare le scienza gastronomiche.

Se il termine gastronomia viene usato anche a livello politico e culturale, è perché si è collegati ad un concetto gastronomico che è quello che da un punto di vista mediatico è quello che vediamo in televisione. Ormai siamo subissati da questa comunicazione, che io definisco pornografia alimentare, nel senso che, ridotti è ridotta alla ricettistica, al dominio delle ricette, al discorso invasivo di questo rapporto con il cibo che non ha più la sapienzialità di chi il cibo l’ha fatto e costruito ed era collegato, badate bene, all’economia di
sussistenza. non dell’opulenza.

Quell’altra non è gastronomia, parlare di gastronomia significa concepire una scienza multidisciplinare e complessa. La gastronomia è economia, antropologia, storia, salute. Se non si ha la visione complessivaa dell’atto forse più importante della vita, cioè del mangiare, senza il quale non saremmo viventi, dal punto di vista culturale e politico si ha una situazione di inferiorità. Con la nascita dell’università gastronomica e Terramadre abbiamo messo in evidenza quanto sia importante consolidare e rafforzare i saperi tradizionali delle comunità perché diventino economia vivente e non museale. Noi siamo fortunati perché siamo entrati in un’era storica in cui fortunatamente non ci sarà più la primogenitura della produzione del manufatto.

La scala dei valori è cambiata, in testa ci sarà la produzione culturale, subito dopo la comunicazione, al terzo posto ci sarà la produzione e al quarto posto l’agricoltura. Ci piaccia o no ma è così. La produzione culturale è destinata a diventare l’elemento motore anche dell’economia. Due saranno i capisaldi su cui si deciderà la politica nei prossimi anni: difesa della biodiversità e difesa delle diversità culturali.

Noi come associazione intendiamo muoverci su questi due livelli. Per me bisogna puntare alla costruzione di una banca dati aperta a tutta l’umanità per catalogare i semi, la sapienzialità, la storicità, gli aspetti biologici, genetici, perché dal punto di vista dell’agricoltura siamo in presenza di una forma di biopirateria che esautora le comunità della proprietà della vita. 10.000 anni di agricoltura hanno allevato generazioni di contadini che nel seme, nella trasmissione del seme e nella riproduzione del seme avevano l’esistenza.

Oggi vi è una grande violenza che si perpetra sulla storia: la proprietà delle sementi è delle multinazionali, in base al riconoscimento del Wto e del diritto che per gli Usa le sementi di quei paesi possono essere brevettabili e quindi di
proprietà delle multinazionali. Tutta la società contadina è una società orale. Secondo elemento, l’esigenza urgente di registrare le immagini e i suoni di quelle che sono le testimonianze storiche dei contadini. Questo tipo di discorso va fatto a livello planetario.


 Uff. Stampa Ass. Culturale “Carpino Folk Festival” + Redazione

 

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