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23/07/2008

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CARPINO FOLK FESTIVAL: “SI ALZI IL SIPARIO!”

Clicca per Ingrandire L'Associazione Culturale Carpino Folk Festival Presenta: Carpino Folk Festival ’08. Una valanga di artisti sta per scendere nuovamente sul Gargano questa estate per l'annuale festival della musica popolare e delle sue contaminazioni. Giunto alla sua 13a edizione, la nove giorni di festa si annuncia ricca di esibizioni dal vivo originali e piene di energia per esortare nuovamente ad esplorare la ricchezza e la diversità musicale tradizionale e neo-tradizionale.
Una popolare e contemporanea avventura artistica
Fondato nel 1996 da Rocco Draicchio, il Carpino Folk Festival è oggi uno dei più importanti eventi della musica popolare d'Europa.

Ogni anno nel mese di agosto, Carpino diventa una città-teatro che accoglie decine di migliaia di amanti di musica tradizionale di tutte le età. Il suo leggendario spazio è "Piazza del Popolo", il cuore degli spettacoli all'aperto. Gli spettatori, spesso in vacanza e lontani da casa, trascorrono diversi giorni a Carpino per vedere gratuitamente alcuni dei concerti in calendario; la maggior parte di loro partecipa alla performance dei propri idoli e balla con loro creando una originale alleanza. Carpino Folk Festival è soprattutto uno stato d'animo, una festa popolare dove gli spettatori/attori per una settimana frequentano gli stessi eventi, discutono e condividono le loro esperienze di vita e di cultura.

Il Carpino Folk Festival 2008 vuole essere sobrio e prezioso di espressioni musicali, sedentarie o vagabonde, a volte tumultuose, vuole anche essere libero di sperimentare e di rimanere fedele. Nato per omaggiare i Cantori del Gargano col fine di valorizzarne i suoni tramandati di generazione in generazione, le tecniche musicali sviluppate con attenzione e i ricordi vivi e sottili, spesso complessi, a volte epidermici… per preservare e trasmettere la conoscenza, rituale e tradizionale, incorporata nella memoria di quest'angolo di Puglia, il Carpino Folk Festival è aperto alle influenze e alle innovazioni musicali ma non alle formule prefabbricate o alle semplificazioni abusive troppo ansiose di world music. Il festival della musica popolare e delle sue contaminazione, promosso dall'Assessorato al Mediterraneo di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e dall'Assessorato al Turismo della Regione Puglia, dalla Provincia di Foggia, dal Comune di Carpino, dalla Comunità Montana del Gargano, dal Parco Nazionale del Gargano in collaborazione con l'Azienda di Promozione Turistica di Foggia e il GalGargano, è prodotto ed organizzato dall'Associazione Culturale Carpino Folk Festival.

Da quest'anno il Carpino Folk Festival ha scelto di entrare in F.F.S.S. il brand (foto 1 sotto; ndr) nato da un’idea dell'Azienda di Promozione Turistica di Foggia con la partecipazione della Regione Puglia e della Provincia di Foggia, per rafforzare, non solo la comunicazione ma, soprattutto le relazioni con le altre manifestazioni del territorio affinchè durante tutto l'anno si sviluppino azioni che favoriscano la ricerca e la creazione artistica oltre che la risoluzione di problemi tecnici comuni.

Il Promontorio del Gargano, pur essendo una delle prime terre emerse in tutta Italia, fino a poco tempo fa era costituito da un inaccessibile e misterioso gruppo di montagne circondate da zone paludose e inabitabili. Arroccato nel suo isolamento viveva una sua vita stenta e piena di lotte continue con la sua terra arida e brulla che favorì localismi che ancora oggi rallentano il sano e fisiologico sviluppo economico. Questo aspetto selvaggio e primitivo e la mancanza di facili vie di comunicazione tennero lontano i viaggiatori e resero i commerci umani e culturali molto radi e casuali, ma allo stesso tempo permisero ai suoi abitanti di coltivare le proprie tradizioni e i propri miti come fonti esclusive della propria maturazione civile e culturale.

Il Gargano, la terra sperduta che fino a poco tempo fa pochi sentivano nominare, la terra delle selve, dei giardini, degli aranceti e dei limoni, la terra della chitarra battente e della tarantella d’amore e di disprezzo, la terra schiva, refrattaria a confidenze, che spesso nasconde il meglio di sè sotto coltri di pudore primitivo, col Carpino Folk Festival si vuole aprire al mondo e svelare le sue bellezze segrete e i suoi preziosi tesori, pur sapendo che solo pochi occhi e pochi cuori ne potranno godere, quelli che hanno la giusta predisposizione. Gli altri, per quanto impieghino tutti i mezzi a loro disposizione, fotografie, telecamere, ipod, interviste o altro, per quanto prolunghino il loro soggiorno o lo ripetano come un rito magico, difficilmente riusciranno a scoprire l'anima e il cuore di questo promontorio.

Vi aspettiamo, artisti e spettatori questa estate al Carpino Folk Festival, di modo che si perpetui la testimonianza di Antonio Piccininno e Antonio Maccarone e continui la vitalità del canto di Andrea Sacco (foto 2 sotto; ndr).


PROGRAMMA DELLA 13.ma EDIZIONE

Nove le date del festival che si snoderà nel piccolo comune del Gargano ogni sera fino a notte fonda dall’1 al 9 agosto, 15 esibizioni delle compagnie e dei gruppi per un totale che supera i 160 artisti impegnati a coniugare innovazione e tradizione. Ma ancora 3 i laboratori didattici per i giovani musicisti che arrivano a Carpino da tutta l’Italia e anche dall’estero, e poi progetti speciali e produzioni originali del festival, un concorso fotografico, una serata di teatro (prima regionale) per per farci riflettere sulla memoria, la collettività e il vivere comune, una tavola rotonda di livello nazionale, proiezioni e presentazioni letterarie inedite, la Notte di Chi Ruba Donne con i concerti della tradizione e l'esibizioni dei Cantori di Carpino che chiuderà come ogni anno la rassegna accompagnati anche quest'anno da una grande artista che, da sempre ama cantare e suonare alla carpinese, e che insieme, al giovanotto di 92 anni, Antonio Piccininno sta preparando un progetto tutto incentrato sul ritmo dell'identità garganica.


“SUONI DI PASSI” - I laboratori didattici del Carpino Folk Festival 2008

Tradizione, musica popolare, capacità d’improvvisazione, una rosa, 5 corde e una chitarra. Il resto vien da sé. Che sia una serenata sotto casa della propria amata o semplicemente un sonetto a sdegno e di "stramurte" con evidenti traslati erotico-allusivi. È la chitarra battente, antico strumento popolare del Gargano, che torna come ogni anno con il suo ritmo e le sue particolarissime armonie a riproporre la storia, con suoni che rispolverano antichi usi e costumi. La Chitarra Battente tra filosofia, antropologia e musica. Ma non solo. Coltivano la passione per questo strumento particolare da anni. Da quando erano bambini. Spettatori dei "nonni". Da quando assistevano alle feste di famiglia. La sua musica racconta di atmosfere e vissuti passati. Di quando bastavano una chitarra e quattro amici per rendere un semplice momento, un evento da ricordare. Le dita della mano destra dei suonatori sfregano e colpiscono, rimbombando, il piano armonico creando un effetto armonicopercussivo. Si produce così un suono battente, da cui deriva il nome dello strumento. Ai suonatori di chitarra battente si accompagna la voce del "cantori". E poi i balli. Le tarantelle. Il tutto sulle note di antichi sonetti dedicati all’amore e alla passione. La passione per la musica popolare.

Chi si interessa di musica popolare, sa che la zampogna, assieme alla “chitarra battente”, costituisce lo strumento tipico per eccellenza.
Quando oggi si ascolta una zampogna viene normale e naturale associarla all'idea del Natale, alle relative vetrine lucicanti oppure all'ipocrita "quanto siamo buoni". Ma c'è dell'altro dietro una zampogna che da millenni accompagna la vita dell'uomo. Il termine "zampogna" deriva dal latino arcaico sumponia, che riprendeva la parola greca symphònia ed evidenziava il carattere polifonico dello strumento. La zampogna, detta anche cornamusa, piva, o in area lucana chiamata i suoni, la sampogne, la zampogne, è un aerofono e fa parte della categoria degli strumenti ad ancia incapsulata. Questo sacco con le canne, questa capra che suona, come dicono in Calabria, nonostante la sua utilizzazione anche nella musica colta, fu ed è ancora lo strumento principe nella musica popolare di tutta Europa e dell'Italia del Sud. Dalla sicilia e in tutte le zone del sud, tranne che in Puglia, fino a Tivoli e poi misteriosamente scompare. Il suo funzionamento consiste in un sacco di pelle (è una pelle intera di capra o pecora ricavata con una tecnica particolare di scuoiamento) a tenuta ermetica e gonfiato dal suonatore attraverso una canna di legno (insufflatore) munita di una valvola di non ritorno, che fa sì che l'aria sia convogliata nelle canne dello strumento (di legno e molto raramente di canna) dalla pressione del braccio che comprime il sacco. E poi chitarre francesi, castagnole, tamburelli, flauti e arpe per i laboratori didattici del Carpino Folk Festival 2008 sotto l'ideazione e la direzione artistica del settore didattico-scientifico di Pino Gala.


BALLO: LA TARANTELLA FRA CHITARRE, ARPE E ZAMPOGNE
Le tarantelle del Gargano e la tarantella figurata in Lucania - Antropologia della danza e della musica: prof. Pino Gala
Tecnica del ballo: Pino Gala e Tamara Biagi.
Durata totale: 18 ore dal 02 al 05 agosto
Ogni anno confrontiamo il repertorio etnocoreutico del Gargano con quello di altre zone del centro-sud. Quest’anno la didattica comparativa esporrà le forme più antiche della tarantella di Carpino e di paesi garganici con le tarantelle “figurate” o “comandate” presenti in Lucania. Si tratta di tarantelle che hanno subito l’influenza della contraddanza francese settecentesca e della quadriglia del periodo napoleonico e romantico, e sono state francesizzate ed elaborate attorno a nuclei coreutici e cinetici che saranno evidenziati. Il percorso del Laboratorio, dunque, sarà anche un’occasione per ripercorrere le varie fasi evolutive della danza tradizionale del sud: dalle tarantelle sei-settecentesche a quelle tardosettecentesche e ottocentesche. Anche gli strumenti musicali delle tradizioni garganiche e lucane segnalano questa trasformazione, dai flauti e zampogne si è passati alle chitarre battenti e francesi, per giungere nella seconda metà dell’800 al dilagare dell’organetto diatonico.
Come sempre, il Laboratorio di danza si avvale dell’esperienza trentennale di ricercatori, che alterneranno alle lezioni pratiche anche momenti teorici per contestualizzare le danze apprese e spiegare i sistemi di trasmissione e trasformazione delle danze popolari nell’ex Regno di Napoli. Il tutto corredato da materiali didattici (pubblicazioni discografiche e bibliografiche) e da una ricca documentazione video e audio.

Repertorio: tarantella di Carpino, S. Giovanni Rotondo e Ischitella, valzer fiorato, tarantella del Potentino, passé della valle del Sele.

Battente: Il percorso didattico continua con la proposizione dei corsi sulle tecniche e gli stili esecutivi della Chitarra Battente e del Tamburello per l'accompagnamento dei canti e delle tarantelle del Gargano e di gran parte del sud Italia. A Carpino grazie soprattutto ad Andrea Sacco è stato possibile tramandare le tecniche e gli stili esecutivi dello strumento principe della musica popolare garganica, la chitarra battente. Chi ha imparato alla maniera tradizionale a suonare la chitarra battente e a cantare le tarantelle di Carpino, ossia affiancando il più grande suonatore e cantatore del Gargano, trasmetterà le tecniche e gli stili esecutivi della chitarra battente per l'accompagnamento dei canti e delle tarantelle del gargano.

Repertorio: Montanara, Rodianella e Viestesana.
Tecnica di suono : Giuseppe Di Mauro (Suonatore dei Cantori di Carpino)- Durata totale: 12 ore dal 01 al 04 agosto

Tamburello: L'esecuzione dell'altro strumento magico di tutte le tradizioni del Sud Italia, il tamburello, ci verrà tramandato da chi, oltre agli studi accademici, ha potuto apprendere lo stile musicale direttamente dai depositari della tradizione. I partecipanti potranno così acquisire una conoscenza di base di gran parte dei ritmi e delle tecniche tradizionali del Gargano in modo particolare quelle di Carpino, compatibilmente con il tempo dedicato allo strumento, la capacità di eseguire alcuni di questi brani Rodianella, Vestesana e Montanara.

Repertorio: garganico
Tecnica di suono : Antonio Manzo (Suonatore dei Cantori di Carpino)
Durata totale: 12 ore dal 01 al 04

Per informazioni : Associazione Culturale Carpino Folk Festival
Via Mazzini, 88 – 71010 Carpino (FG) Tel. 0884 326145
Mattina 9.30 - 12.30
Pomer. 15.00 - 19.00
Tamburello: Antonio Manzo 346/2458058
Chitarra battente e Danza: Alessandro Sinigagliese 333/1793708 – 347/9012313

Per l’iscrizione compilare e spedire a laboratorididattici@carpinofolkfestival.com il Modulo di Partecipazione reperibile dal portale www.carpinofolkfestival.com


Concorso Fotografio – Premio Rocco Draicchio

“Carpino Folk Festival e il Patrimonio Immateriale del Gargano"
Tema del Concorso (foto 3 sotto, la locandina; ndr).
Attraverso la forza comunicativa della fotografia si vuole dar luce alla diversità delle bellezze storico-culturali e delle tradizioni del territorio garganico, dando particolare rilievo ai diversi aspetti e colori che caratterizzano il festival della musica popolare e delle sue contaminazioni che vuole essere non solo il principale attore dell'animazione culturale del Gargano, ma anno dopo anno, lo strumento per promuovere e valorizzare tutte le risorse, da quelle naturalistiche a quelle alimentari, dai beni intangibili al patrimonio storico ed architettonico.
Giunta l'adesione di Gaetano Berthoud, direttore di TuttoGargano.
Scarica Bando e Scheda di Partecipazione dal portale www.carpinofolkfestival.com

Regolamento: All’assegnazione del premio possono concorrere tutti i fotografi professionisti e dilettanti di qualsiasi provenienza ed età.
Ad ogni partecipante viene richiesto un lavoro esclusivamente fotografico realizzato sul tema del concorso. A riguardo dovranno consegnarsi un minimo di n. 5 foto che “dovranno raccontare e/o avere come sfondo” gli avvenimenti della XIII edizione del Carpino Folk Festival.
La selezione delle immagini avverrà in base al criterio dell’originalità e della capacità rappresentativa della realtà territoriale del Gargano durante il Carpino Folk Festival.

Giuria
La giuria è composta dal Presidente dell’Associazione Culturale Carpino Folk Festival, da Arcangelo Palumbo de “News Gargano”, da Domenico Prencipe della Redazione “ildiariomontanaro”, da Piero Giannini direttore della testata giornalistica “Puntodistella” e corrispondente dal Gargano di "Puglia", da Gaetano Berthoud direttore di TuttoGargano, da Ninì delli Santi direttore di “Ondaradio”, da Piero Russo, direttore de "Il Grecale" - giornalista de "La Repubblica", da Barbara Terenzi, Antropologa della Fondazione Basso Sezione Internazionale e Coordinatore del Comitato per la promozione e la protezione dei diritti umani, da Antonello Vigliaroli, consulente del Museo Civico di San Severo e dal rappresentante del Comune di Carpino.

Le foto migliori, scelte tra quelle presentate al concorso, saranno utilizzate per la realizzazione dell’album del Carpino Folk Festival 2008.
I lavori dei vincitori e dei segnalati saranno presentati in una mostra e la premiazione finale avverrà a Carpino nel mese di Dicembre nell’ambito di una serata-evento con ospiti del mondo politico e dello spettacolo.
Le comunicazioni ed eventuali approfondimenti sul concorso fotografico, saranno resi pubblici attraverso i portali, i forum e i blog delle seguenti testate giornalistiche: www.carpinofolkfestival.com, www.newsgargano.it, www.ildiariomontanaro.it , www.ilgrecale.it, www.puntodistella.it, www.ondaradio.info, www.tuttogargano.com.

Regolamento
Per partecipare è necessario inviare all’Associazione Culturale Carpino Folk Festival la seguente documentazione:
- modulo di partecipazione compilato in ogni sua parte;
- minimo 4 e massimo 10 stampe fotografiche bianco e nero o colore, sul tema del concorso
(formato 30x40 cm con cd allegato con file digitale tiff o jpeg 300 dpi).

Al fine della partecipazione al concorso si precisa che:
- le fotografie devono contenere sul retro: titolo, nome, cognome e indirizzo dell’autore;
- i materiali inviati non saranno restituiti;
- la spedizione del materiale è a carico dei partecipanti;
- l’autore di ciascuna foto inviata, dichiara e garantisce all’Associazione Culturale Carpino Folk Festival:
1) di essere il titolare esclusivo e legittimo di tutti i diritti d’autore e di sfruttamento, anche economico, di ciascuna fotografia;
2) di aver acquisito da terzi legittimati tutti i diritti di immagine per quanto ritratto;
3) di essere responsabile del contenuto delle proprie opere, manlevando e mantenendo indenne l’ Associazione Culturale Carpino Folk Festival da qualsiasi pretesa e/o azioni di terzi e sarà tenuto a risarcire l’ Associazione Culturale Carpino Folk Festival da qualsiasi conseguenza pregiudizievole, ivi incluse le eventuali spese legali, anche di carattere stragiudiziale, che l’ Associazione Culturale Carpino Folk Festival dovesse subire in conseguenza della violazione di quanto sopra indicato.

Partecipando al concorso, l’autore di ciascuna fotografia concede, a titolo gratuito all’ Associazione Culturale Carpino Folk Festival, il diritto di pubblicare le immagini inviate su tutti i prodotti che intenderà realizzare, sia editi in lingua italiana sia in altre lingue, su tutte le pubblicazioni e i siti internet di proprietà dell’ Associazione Culturale Carpino Folk Festival, sugli stampati inerenti la premiazione, su supporti informatici o per esposizioni promozionali del concorso stesso, nonché in occasione di mostre, fiere o eventi nazionali ed internazionali promossi dall’ Associazione Culturale Carpino Folk Festival, con l’unico onere di citare ogni volta l’autore o gli autori delle fotografie. La cessione qui regolata è a titolo gratuito, anche in considerazione dell’effetto promozionale che ricadrà sulle fotografie inviate e sull’autore elle stesse.
Nel caso di presentazione di una documentazione non completa o non corrispondente al regolamento il lavoro non verrà preso in considerazione. Il materiale dovrà pervenire entro e non oltre il 12/09/2008, o consegnato a mano entro la stessa data, entro le ore 12.00 al seguente indirizzo: Concorso Fotografico Associazione Culturale Carpino Folk Festival – Via Mazzini 88 - 71010 Carpino (FG).
L’organizzazione declina ogni responsabilità per la perdita o il danneggiamento delle fotografie inviate, pur garantendo la massima attenzione e cura. Le decisioni della giuria sono inappellabili.
Le immagini iscritte al concorso saranno di libera pubblicazione ed esibizione al pubblico e libere da altri diritti posseduti da terzi (liberatoria fotografi). Ai sensi del DLgs 196/2003 e s.m. e i., i partecipanti autorizzano gli Enti organizzatori al trattamento dei dati personali e a utilizzare le informazioni inviate per tutti gli usi connessi al concorso.

Premi
“…Questo Patrimonio Culturale Immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è ricreato costantemente dalle comunità e dai gruppi in funzione del loro contesto, della loro interazione con la natura e la loro storia e procura loro un sentimento di identità e di continuità, contribuendo così a promuovere il rispetto della diversità culturale e la creatività umana…” art. 2 della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco.
“…lavorare per i beni immateriali della tradizione orale non significa proteggere l’immutabilità di culture folkloristiche pensate come residui congelati di passati localistici. Significa, piuttosto, garantire il diritto e la possibilità che la tradizione si trasformi con i suoi stessi mezzi e secondo le proprie necessità, e che questa trasformazione non sia né eterodiretta né imposta. “ La inesausta metamorfosi delle culture immateriali di Alessandro Portelli
Sono previsti i seguenti premi:
- 500,00 primo classificato.
- 300,00 secondo classificato.
L’iniziativa rientra nelle attività della XIII Edizione del Carpino Folk Festival 2008

...a Rocco
Rocco Draicchio (foto 4 sotto; ndr) ci ha lasciato in una notte di febbraio del 1997, in un incidente stradale. Un vuoto incolmabile è rimasto in tutte le persone che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.Quelle stesse, per sentirlo più vicino, vogliono dar vita ad un premio a lui intitolato, nella speranza di essere degni portatori dei valori che hanno contraddistinto la sua vita.

A Rocco Draicchio, percussionista e fondatore degli Al Darawish, si deve il merito di aver operato il recupero del patrimonio musicale di Carpino, operazione di notevole spessore culturale che ha fatto si che, attraverso l'idea di un folk festival, fossero valorizzati suoni e poesia della terra garganica.

Tavola Rotonda
Il ruolo delle comunità e della società civile nella salvaguardia e nella valorizzazione sostenibile del patrimonio immateriale
Una giornata di riflessione sul patrimonio culturale immateriale, per un impegno concreto e quotidiano delle Comunità e della società civile nella tutela dei diritti culturali e nella protezione, trasmissione e valorizzazione sostenibile dei beni immateriali.
Promosso da:
Associazione Culturale Carpino Folk Festival
Comitato nazionale per la promozione del patrimonio immateriale
Carpino, 4 Agosto 2008
Hotel Bellavista
Via Mazzini 330, Carpino (Foggia)
FILOSOFIA DELLA TAVOLA ROTONDA
I diritti culturali costituiscono la base del patto di civiltà che può rendere praticabili ed esigibili i diritti umani. Dal diritto alla conoscenza, dall'accesso ai saperi passa l'alternativa fra una società di sudditi oppure di cittadini liberi.
La cultura è ciò che da un'anima alle nostre comunità, è lo strumento con cui una comunità sociale riconosce se stessa nelle trasformazioni che l'attraversano.
L'identità di una comunità è la sua storia, il suo patrimonio artistico, ambientale, la conoscenza ed il riconoscimento delle differenze che vi convivono.
La cultura ci fa vivere meglio, ci aiuta ad elaborare la complessità del nostro tempo, è l'antidoto al disagio, alla solitudine. È un ingrediente insostituibile di un moderno sistema di welfare, perché il benessere sociale cresce di pari passo all'offerta di opportunità culturali, mentre dove c'è vuoto culturale crescono il disagio e l'esclusione sociale. E questo sta avvenendo non solo nelle fasce sociali più deboli.
Promuovere i diritti culturali vuol dire anzitutto affermare il diritto alle diversità culturali. La nostra società sta correndo un forte rischio di omologazione.
La globalizzazione, che grazie ai progressi dei mezzi di comunicazione avrebbe potuto produrre maggiore apertura culturale, sta generando l'esatto contrario: chiusura, incapacità di dialogo, paura delle diversità, senso di precarietà e di insicurezza.
Viviamo un'epoca caratterizzata da una contraddizione profonda e inquietante: la società della comunicazione produce, assieme all’inedita circolazione di enormi quantità di informazioni e opportunità di conoscenza, anche una crescente parcellizzazione del sapere, un preoccupante restringimento dell'autonomia di pensiero, della capacità di rielaborare le informazioni in sapere critico, in crescita collettiva e senso comune.
È una vera e propria involuzione culturale, alla quale possiamo porre un argine proprio a partire dalle comunità locali, che devono aprirsi alla conoscenza, valorizzare le diversità culturali che vi convivono, mettere in campo strumenti per favorire il dialogo fra i cittadini, riconoscere sé stesse in un'identità comunitaria.

Programma Tavola Rotonda
Ore 9:30 – 10:00 Accoglienza dei partecipanti e registrazione
Ore 10.00 – 12:00 Tavola Rotonda
Moderatore: Barbara Terenzi, Consigliere Scientifico della Fondazione Basso Sezione Internazionale, Coordinatore del Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani
Saluto introduttivo
Rocco Manzo, Sindaco di Carpino
Il Festival di Carpino, la salvaguardia e la trasmissione delle arti popolari del Gargano
Michele Ortore, Presidente dell’Associazione Culturale Carpino Folk Festival
L’incontro fra museo e società civile
Stefania Massari, Soprintendente, Direttore dell’Istituto Centrale per la Demo-etno-antropologia, Museo delle Arti e Tradizioni Popolari, Roma
Beni immateriali in azione: patrimonio intangibile, comunità tangibili
Emilia De Simoni, Istituto Centrale per la Demo-etno-antropologia, Museo delle Arti e Tradizioni Popolari, Roma
Patrimonio immateriale un bene per l'Europa: differenze e contrasti
Ruggero Martines, Soprintendente, Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia
La convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, best practices
Tana de Zulueta, già Presidente della Commissione Cultura dell'Assemblea Parlamentare Euromediterranea, membro del Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani
Sollevando il velo sottile della tradizione
Patrizia Resta, Università di Foggia, Cattedra di Antropologia
Il festival della zampogna di Scapoli, un’esperienza nata dalla società civile
Antonietta Caccia, Presidente dell’Associazione Circolo della Zampogna
La complessa questione della tutela del patrimonio intangibile e mutevole di tradizione: cominciamo dai preliminari
Giuseppe Michele Gala, Presidente dell’Associazione Taranta, Membro del Comitato per la Valorizzazione delle Tradizioni, Direttore didattico dei Laboratori del Carpino Folk Festival
Creatori di cultura e gestione della cultura
Giuseppe Torre, Coordinatore del Comitato per la Promozione del Patrimonio Immateriale
Ore 12.00 – 13:00 Dibattito aperto
Ore 13:00 – 16:00 Pausa
Ore 16:00 - 19:00 Gruppi di lavoro
Come coinvolgere le comunità nel processo di salvaguardia e gestione attiva del patrimonio immateriale?
Moderatore: Antonietta Caccia
Come valorizzare in modo sostenibile il patrimonio immateriale?
Moderatore: Giuseppe Torre
Quali beni tutelare e come?
Moderatore: Michele Ortore


Camurria
In collaborazione con Festambientesud e Teatro Civile Festival
Di e con Gaspare Balsamo (Prima Regionale)
Musiche originali Alessandro Severa e Gianluca Bacconi eseguite dal vivo
Atto unico di 60 minuti Camurria - seccatura in dialetto siciliano - opera prima di Gaspare Balsamo, trapanese classe 1975, è la storia di storie strappate alla memoria, è la narrazione della vicende di una famiglia, di un picciutteddo, di un nonno, di una bisnonna e della sua orazione, rivissuta attraverso la magia del teatro dell’opera dei pupi.
Lo spettacolo nasce dall’idea affascinante che dietro il mondo dei Pupi e delle Marionette ci siano le storie delle persone e delle loro famiglie, le vite dei pupari e dei cuntisti. E’ proprio questo che il testo scenico racconta, accompagnato dai toni forti del movimento, della danza, del ritmo e della musica, affidata ad Alessandro D'Alessandro (organetti), Gianluca Bacconi (percussioni, melodica, didjeridoo). Sullo sfondo i colori della Sicilia, quella a cavallo tra le due guerre. ‘Camurria - nelle parole di Gaspare Balsamo - è il senso di appartenenza, è l’attaccamento alla terra, alla cultura popolare a cui il teatro deve sempre attingere’.

Camurria è un termine dialettale siciliano - Gaspare Balsamo - che significa seccatura, noia. Seccante come la voce di un bambino che si mette a camurria, perché per forza vuol sapere.
E’ la storia di una famiglia, di un picciutteddo, di un nonno, di una bisnonna e della sua orazione.
E’ la storia di un puparo e cuntista.
Camurria è la storia di queste storie strappate alla memoria.
Ho visto e ascoltato nelle facce e nelle voci della gente, verità e bugie.
Voglia di raccontare e partecipare, e voglia di non dire nulla, far finta di sapere e far finta di non sapere, silenzi che parlavano e voci che invece non dicevano nulla o ripetevano sempre le stesse cose.
E’ utile e interessante far rivivere attraverso lo sguardo della mente la parte epica e mitica di questo mondo popolato da gente che non c’è più. Muoversi tra l’oralità e la scrittura.
Una memoria che non è un percorso lineare e continuo, ma anzi un viaggio contorto, smemorato e fantasioso che rimette in gioco un modo di fare teatro tanto moderno quanto antico. Ma il tutto calato qui, ora ed in noi, noi che lo facciamo e lo viviamo, questo spettacolo.


"La notte di chi Ruba Donne" - Concerti della Tradizione
promossa da GAL GARGANO I.C. Leader Plus - MISURA 4: RISORSE NATURALI E CULTURALI - INTERVENTO A: PROMOZIONE TERRITORIO

questë iè la nottë che cë arrubbënë li donnë questa è la notte che si rubano le donne
chi arrubbë li donnë non cë chiamë ladrë chi ruba le donne non si chiama ladro
cë chiamë giuvinottë svënturatë….. si chiama giovanotto sventurato…..

La serata, denominata “La Notte di chi Ruba Donne”, è quella in cui a Carpino si gira (va) per il paese a “fare innamorare le donne alla finestra", la notte dei sonetti fatti a serenate.
Nei luoghi in cui sono state effettuate la maggior parte delle registrazioni etnomusicologhe che hanno coinvolto il Gargano, al ritmo di musiche lontane, perse nella memoria dei secoli e riattualizzate, si cercherà di rendere il presente in diretto contatto con il passato; notte di canti e di strani incontri tra culture diverse.

È questa la sezione del festival in cui si intende dare ampio spazio alla musica popolare amata dagli studiosi, quella degli autentici interpreti, che in gergo sono definiti, “i cantori” o i “cantatori”.
È in questa sezione che si realizzeranno le migliori condizioni per mettere a loro agio gli anziano cantori non abituati alla carnalità del grande pubblico che tuttavia con essi vuole ad ogni costo interloquire.

Questo anno il tema portante è "Puglia – Lucania: la Tarantella fra chitarre, arpe e zampogne” quindi sarà la volta degli anziani cantori di queste due grandi tradizioni regionali a caratterizzare la IV edizione della Notte di chi ruba Donne.

Suonatori e Cantatori di Colliano (SA) – Canti, tarantelle e suonate processionali
Suonatori di Ruoti e Avigliano (PZ) – Canti, tarantelle e quadriglie
I Cantori di Carpino – Serenate e tarantelle alla carpinese


Presentazioni e proiezioni a cura di Giuseppe Michele Gala
Proiezione di filmati inediti su Andrea Sacco
Esistono luoghi simbolici, quasi mitici, in ogni settore tematico, in ogni disciplina. Nella storia dell'Etnomusicologia italiana, disciplina specialistica costituitasi ufficialmente solo negli anni 60-70 del XX sec. (ma con preamboli nelle ricerche di Nataletti e Lomax-Carpitella, anni '30 e '50), vi è un luogo che è divenuto una sorta di santuario simbolico dell'«altra musica», nel quale vive una comunità capace di aver creato un linguaggio musicale originalissimo che, per le sue particolarità melodiche, ritmiche e timbriche, hanno incuriosito prima e affascinato dopo musicologi e ricercatori. Carpino è un paese collinare sulle pendici settentrionali del promontorio garganico, affacciato sul lago di Varano e il mare. Di economia ancora principalmente agropastorale (ulivi, fave, grano, mandorle, pastorizia), Carpino si immerge in un tessuto folklorico, quello del Gargano, un tempo particolarmente ricco, perché terra marginale, non di passaggio e lontano dai grandi vettori di trasporto nord-sud e senza una particolare vocazione portuale e marittima.
Ciò che colpisce della musica tradizionale carpinese è soprattutto l'armonica simbiosi creata fra l'uso della voce e lo strumento principale di questa terra: la "chitarra battente". La chitarra battente, suonata principalmente come armonizzazione ritmica e arricchita sui suoni gravi dalla "chitarra francese", fa sa supporto e scenario sonoro alla voce, che si esalta in modi diversi, dal "canto di testa" al "canto lamentoso", al canto di accompagnamento al ballo lento. I quattro "modi" più usati dagli esecutori di serenate sono
- alla "montanara"
- alla "viestesana"
- alla "rodiana" e "rodianella"
Era proprio la serenata la grande palestra strumentale e canora degli uomini carpinesi, il rito un tempo molto usato e di grande importanza socio-culturale che richiedeva l'omaggio musicale, l'inventiva poetica nella composizione di testi ex novo o nell'adattamento dei canti esistenti, una buona capacità tecnica strumentale, un complesso rituale di realizzazione. La serenata ha permesso di comporre varie centinaia di testi (strambotti) di canzoni di cui tra i più grandi interpreti vi è sicuramente Andrea Sacco.

Le tradizioni musicali in Lucania. Vol I: Gli strumenti - Edizioni SGA, Bologna 2007
La Lucania è una delle regioni silenziose d'Italia, quelle che raramente fanno parlare di sé le cronache mondane e culturali. Eppure sul piano antropologico è stata una delle regioni-guida che hanno elevato, grazie a esimi osservatori e studiosi come Carlo Levi, De Martino e Carpitella, molte delle sue specificità etnoculturali a “questione meridionale” per antonomasia. Oggi, in tempi favorevoli per il riconoscimento della tradizione quale patrimonio immateriale di un Paese, raccogliere e studiare forme sedimentate e caratterizzanti la vita di un'area omogenea, si fa sempre più difficile. Ma le specificità di questo lavoro stanno in due fattori ben precisi:
1) esso si basa su una ricerca a tappeto paziente, meticolosa e di lunga durata;
2) la pratica musicale in Lucania è frutto di un'osservazione diacronica: buona parte del testo era già pronto nel 1986, il rinvio ha permesso di acquisire ulteriori dati e approfondimenti, permettendo così un taglio comparativo fra due epoche e due generazioni differenti, che si sono succedute. L'autore ha documentato attentamente per circa trent'anni oggetti sonori (strumentario maggiore e min ore), tecniche esecutive e costruttive, repertori, contesti socio-culturali e implicazioni persino esistenziali nella vita dei musici lucani. Un lavoro che ha permesso di tessere rapporti duraturi con suonatori, cantatori e ballatori, di ottenerne una fiducia amichevole che ha aperto la documentazione a confidenze e segreti del mestiere. È stata un'indagine tenace, fino a giungere a eclatanti scoperte fra il 1984 e il 1985, come gli ultimi costruttori-suonatori di strumenti dispersi come sampogne, sampugnelle e sunacchi, e soprattutto gli ultimi due suonatori tradizionali di arpicella viggianese. È proprio sul complesso mondo della zampogna e dell'arpa di Viggiano che si sofferma l'autore: scava sulla dimensione esistenziale e sociale degli esecutori, sui rimpianti dei vecchi e sulle nuove propensioni estroverse dei giovani suonatori lucani, monitorando lo stato di tenuta della tradizione dei primi anni '80 e poi le successive perdite, trasformazioni e innovazioni.
Il mondo dello zampognaro è analizzato dal punto di vista socio-antropologico in due capitoli specifici, con lenti di osservazione sinora in parte trascurate dall'etnomusicologia italiana: Repertori e funzioni e Il mestiere dello zampognaro penetrano nel privato biografico degli zampognari, dalle confidenze emergono segreti, stratagemmi, concorrenze e soprattutto confidenze che permettono di guardare dal di dentro l'ultima generazione ancora “in funzione” nella vita musicale del sud.


Vite ImPazienti incontra Carpino Folk Festival

Autore di dissacranti fumetti, poeta delle immagini, narratore inquieto del suo tempo, a 20 anni dalla morte avvenuta a 32 anni, Andrea Pazienza sarà celebrato con l'evento "Vite Impazienti" a Vico del Gargano e San Menaio in Puglia, luoghi a cui era legato per origini e affinità elettive. Foto, tavole, disegni, performance teatrali, musica, proiezioni e incontri restituiranno genio e complessità artistica di un lucido protagonista della scena politica e culturale degli anni '70 e '80, unico per la sua versatilità e noto per aver dato vita ai contro eroi del fumetto Zanardi, Penthotal, Pertini, Pompeo, il Partigiano...
A ricordare l'indimenticabile autore anche del poster di "La città delle donne", Milo Manara, Tanino Liberatore, Vincenzo Mollica, David Riondino, Roberto "Freak" Antoni, Claudio Lolli, Lillo del duo Lillo e Greg, l'Orchestra di Piazza Vittorio e Vinicio Capossela.
E proprio grazie all'incontro tra la neonata manifestazione culturale "Vite ImPazienti", nel segno di Paz, e il "Carpino Folk Festival", in occasione del concerto di Vinicio Capossela, uno tra i più originali e performativi artisti italiani, si potrà ancora una volta riflettere sull' arte e la personalità di Andrea Pazienza.
Prima del concerto di Capossela, in un' introduzione che si pone come affinità artistica dei due eventi, saranno presentate alcune video proiezioni di raro interesse che ricorderanno Pazienza nella sua poliedrica attività. In particolare un filmato lo mostrerà intento a dipingere un maurales e altri a colloquio can vari personaggi della cultura.
Ideazione e direzione artistica di Vite ImPazienti : Michele Francesco Afferrante e Filippo Maceri - direzione artistica per la parte iconografica di Mariella e Michele Pazienza

Vinicio Capossela in Concerto
Ironico, sentimentale, straripante nel suo istrionismo, Vinicio Capossela (foto 5 sotto; ndr) è il più dotato tra i cantautori italiani della sua generazione. I suoi modelli più evidenti sono i blues aspri e deliranti di Tom Waits e le "chanson" jazzy di Paolo Conte. Ma nel suo repertorio convivono anche il teatro di Brecht e il surrealismo, melodie mediterranee e sonorità fragorose di chiara matrice balcanica, pantomime circensi e atmosfere crepuscolari che spaziano dalle tradizioni rebetiche al miglior Luigi Tenco.
Artista errante, che - come Waits - ha fatto del randagismo quasi una filosofia di vita, rabdomante senza requie, come è stato definito in una sua recente biografia, Capossela ha percorso tutte le tappe di una gavetta dura, da "emigrante".
Vinicio Capossela racconta di guitti e vicoli chiassosi, pagliacci e marajà, notti insonni e corvi torvi. Ama pseudonimi bizzarri, come Vic Damone. E con le sue "Canzoni a manovella" ha conquistato la critica. Nel 2006, dopo sei anni di silenzio, è tornato con "Ovunque proteggi", nel segno di una debordante e onnivora follia creativa.
Ma è ne "Il ballo di San Vito" (1996) che si consolida nel suo repertorio l'attenzione per le tradizioni della canzone popolare italiana e mediterranee in genere. In un clima di sagra paesana, tra balli e canti di antiche contrade, si ambienta il brano che da il nome all'album: una pulsazione ossessiva che si trasmette a tutto il corpo, in un magistrale connubio di musica, modulazione della voce e testi, che si fondono e trasmettono la vibrazione della tarantola. Capossela si conferma cantore delle storie di vita comune, di giornate "senza pretese" (per dirla con il titolo di un brano del suo primo album), di giovani di periferia, di racconti in bilico tra dramma e ironia. "Al Veglione" e' un delizioso quadretto di una festa di capodanno in un piccolo paese del sud Italia, rimasto nella memoria di un bambino e rappresentato come fosse un'istantanea da un film di Fellini; l'inesorabile "Pioggia di Novembre" distilla umori mesti e malinconici, mentre "Contrada Chiavicone" e' un'altra pantomima paesana, sorretta da un ritmo sempre piu' nervoso e incalzante.


Scusë Nënellë se lu cantenë a malë
Voci e Tradizioni delle Puglie (foto 6 sotto; ndr)

Lo spettacolo verrà mandato in onda in diretta da Telenorba, la tv fra le prime dodici TV Locali più seguite in Italia che copre l’intero territorio di Puglia, Basilicata e Molise, e parte di Calabria e Campania, per un totale di oltre 6 milioni di abitanti.
Telenorba è partner ufficiale 2008 del Carpino Folk Festival

Progetto musicale a cura di Enrico Noviello
La serata comincia e finisce con rievocazioni sonore della figura del grande musicista tradizionale di Carpino, Andrea SACCO, cui alcuni dei musicisti erano particolarmente legati, e si snoda tra le principali forme di canto e di musica della regione pugliese.
Si alternano sul palco e si accompagnano reciprocamente vecchi e giovani suonatori e cantatori di diverse aree: Gargano, Salento, Murgia.
Caratteristica comune a tutti gli esecutori più giovani, e dunque non interni alla tradizione contadina, è da una parte l’amicizia con i più vecchi, dall’altra la vocalità e la affinità stilistica musicale: voci piene e non edulcorate, stili essenziali con arrangiamenti praticamente inesistenti.
Prodotto della serata, diverse ore di musica tradizionale eseguita all’antica, con una preponderanza delle voci gridate e dei ritmi da ballo di pizziche e tarantelle, per una sera proposti al pubblico senza rinforzi di batterie, bassi elettrici o tamburi estranei alla tradizione musicale pugliese.
Di seguito i protagonisti, che oltre che essere esecutori sono anche tutte persone legate in vario modo alla ricerca musicale e antropologica delle tradizioni orali dell’area contadina pugliese:

MALICANTI suona e canta le musiche dei modi contadini di due aree della Puglia, il Salento e il Gargano.
I canti che facciamo li abbiamo appresi da anziani cantatori e suonatori della tradizione che con il passare degli anni sono diventati amici.
Le nostre musiche aggiungono davvero poco, in termini di arrangiamento, alle musiche che abbiamo sentito suonare da loro, e le nostre voci – tutti e cinque cantiamo – non sono “impostate” per il canto lirico, ma tentano di riprendere impostazioni di respiro e di risuonatori propri delle tradizioni contadine.
Infatti a noi emozionavano le voci e i suoni dei vecchi che sono rimasti a testimoniarci un mondo che non è il nostro. E insieme ci siamo chiesti se, suonando, potevamo comunque ricreare qualcosa di quell’universo emotivo.

FRANCESCA CHIRIATTI - voce, tamburello, castagnole
Salentina di Calimera (LE), figlia e nipote di cantatori tradizionali, che esegue con una voce dal tipico timbro e sapore tradizionale
DANIELE GIRASOLI - voce, tamburello, violino, cucchiai
Salentino di S.Pancrazio (BR), figlio e nipote di musicisti tradizionali, suona in modo naturale molteplici strumenti
VALERIO RODELLI - voce, organetto, tamburello
Musicista e compositore strettamente legato da anni a gruppi musicali e repertori tradizionali dell’area salentina e pugliese.
ENRICO NOVIELLO – voce, chitarra battente, tamburello
Di famiglia del Gargano (FG), impara a cantare e suonare con Andrea Sacco le tarantelle della sua zona, eseguite con vocalità tradizionale
Ha pubblicato “Andrea Sacco suona e canta”, Ed. Aramirè, 2005
ELIA CIRICILLO - voce, chitarra francese, chitarra battente, tamburello
Estroso showman di origini molisane, predilige i repertori della tradizione garganica appresi da Andrea Sacco

Salvatore Russo nasce a San Giovanni Rotondo nel 1922, da una famiglia di pastori.
Sin da bambino si cimenta nel canto tradizionale che ascoltava con interesse dai suoi nonni e dai suoi genitori, canto che era instancabile compagnia nei momenti di solitudine al pascolo.
Acquisisce tutte le tecniche e le conoscenze che serviranno per l’attività di allevatore che svolge tutt’ora, all’età di 86 anni, e apprende tutti i canti della tradizione sangiovannese in modo approfondito, cercando in ogni cantata il senso e i significati che fanno di lui un elemento importante della canzone di tradizione a San Giovanni Rotondo.
Salvatore (soprannominato “Puchinë”), padre di cinque figli, vive in campagna con moglie e figlia e un centinaio tra pecore e montoni, nei pressi di Borgo Celano, torna in Paese una volta a settimana e in questa occasione ne approfitta per incontrare gli amici di sempre e i giovani, da cui trova gli stimoli giusti per tirar fuori il ricco ed interessante repertorio dei canti popolari della sua terra.

Pio Gravina, nato a San Giovanni Rotondo (FG) nel 1978, è musicista. Da tempo segue gli anziani del paese, da cui ha appreso la tecnica dei canti e dei suoni di San Giovanni Rotondo. Suona la vecchia e armoniosa chitarra battente del nonno, con la quale accompagna il canto degli anziani e sulla quale lui stesso canta le serenate e le tarantelle di San Giovanni Rotondo in piena continuità con la tradizione locale.

Le sorelle Margherita, Luce e Giuseppina Musio provengono da Ugento (LE), zona del Salento particolarmente ricca dal punto di vista delle tradizioni musicali. Fanno parte di una famiglia dedita al lavoro contadino soprannominata I Calanti che si è sempre contraddistinta per l'amore verso la musica, il ballo e il canto.
A tutt’oggi le riunioni e le feste familiari diventano una occasione per rispolverare i vecchi canti polivocali, gli stornelli d'amore o di sdegno che un tempo si eseguivano durante i lavori agricoli.
Le sorelle Musio sono depositarie di repertori antichi come "L'aria a tre", i canti dei carrettieri, ma anche di canti narrativi, e sono in grado di stupire per l'esecuzione di una vivace pizzica-pizzica per voci e tamburelli.

Anna Cinzia Villani è una delle voci giovani più espressive del Salento, capace dei virtuosismi tipici della vocalità tradizionale. Ha collaborato con i maggiori gruppi salentini, prestando la sua voce anche nella Notte della Taranta. Suona il tamburello, l’organetto, e propone i suoi repertori vocali e il suo stile di ballo mantenendo il più possibile vivo il legame cone le modalità esecutive tradizionali.

Paesaggi Sonori della Murgia meridionale
Nei paesi e nelle contrade dell'entroterra a economia prevalentemente agricola abitano famiglie di pastori e contadini che tuttora vivono, pur tra continuità e contraddizioni, un rapporto con le tradizioni musicali molto forte. I suoni antichi, a causa del mutamento delle società tradizionale, hanno in parte perso la funzione pubblica che avevano solo fino ad alcuni decenni addietro in occasioni in cui assolvevano ruoli sociali fondamentali alla vita delle comunità agropastorali, ma alcune forme di canti e balli sono a volte rimaste tenaci e continuano ad essere praticate in situazioni rituali e festive dove hanno ancora una funzione rilevante. Le tarantelle per la coreoterapia del tarantismo, i vari stili locali di pizzica pizzica e scherma praticati durante le feste domestiche e i pellegrinaggi ma anche le serenate malinconiche, i canti di questua, le quadriglie vengono ancora eseguite con l'organetto, strumento più diffuso e rappresentativo della tradizione musicale locale insieme al tamburello e alla castagnola. Dai vecchi suonatori, cantatori e ballatori tradizionali, depositari della memoria collettiva, sono riemerse pratiche musicali e coreutiche in disuso, o tuttora vive e funzionali, riscoprendo un paesaggio sonoro sommerso di straordinaria bellezza e inestimabile valore.

Luigi Ancona - organetto
Luiggë dë cuscëneddë proviene da una famiglia di straordinari suonatori di organetto e cantatori, da generazioni residenti alla masseria “Cucinella”, nelle campagne di Cisternino (BR), dedita all'allevamento e all'agricoltura. Insieme a suo padre Nicola è tra i più apprezzati suonatori della zona, intorno alla loro figura è tuttora attivo un tessuto di suonatori che si riuniscono frequentemente per suonare e cantare, facendo della musica un collante fondamentale per i rapporti tra persone in un contesto che, pur essendo in continua evoluzione, mantiene forti legami con la cultura tradizionale. Suona l'organetto a due, quattro e otto bassi, il suo repertorio comprende suonate per l'accompagnamento del canto e del ballo contrassegnate oltre che da un personale stile virtuosistico, da una tecnica esecutiva eccezionale. Oggi costituisce una importante eccezione nella generazione che spesso ha rappresentato l'anello mancante per la continuità della tradizione.

Carlo Bagorda – canto
“Carlinë l'urtëlënë” nasce a Fasano (BR), è considerato dai suonatori un eccellente cantatore e depositario di un vasto repertorio di strofette sull'organetto a vario tema, che canta per la questua delle uova durante la notte del Sabato Santo, le serenate e le riunioni conviviali tra amici. Accompagnato all'organetto da Luigi Ancona esegue canti a ballo, come la pizzica pizzica e la quadriglia.

Leonardo Disco – organetto e canto
“Narduzzë dë scianghetë” attualmente vive nelle campagne di Carovigno (BR) ma è originario di Specchia Tarantina, un'area rurale situata tra Villa Castelli (BR), Ceglie Messapica (BR) e Martina Franca (TA) che tuttora conserva molto tenaci le tradizioni musicali, in un contesto ancora oggi fortemente legato all'economia rurale. E' molto apprezzato perchè canta accompagnandosi con l'organetto a otto bassi in situazioni conviviali e durante il pellegrinaggio a San Cosimo alla Macchia nelle campagne di Oria (BR) e ha conservato gli stili di canto peculiari della sua zona d'origine e molto diversi da quelli dei paesi circostanti.

Annamaria Bagorda - organetto
Nasce a Fasano (Br), fin da giovanissima apprende le tecniche esecutive dell'organetto per l'accompagnamento del ballo e del canto, nei vari stili locali dai più bravi suonatori tradizionali della zona. E' molto ricercata e apprezzata dai ballatori e cantatori nelle feste tradizionali, nelle questue e nelle serenate, per la sua capacità di assimilare e riprodurre gli stili peculiari di aree e di suonatori particolarmente significativi di cui ha raccolto l'eredità musicale, garantendo la continuità a riti che per mancanza di esecutori erano in declino.

Giovanni Amati - canto e tamburello
Nasce a Montalbano di Fasano (BR), si avvicina al canto tradizionale, in particolare alle forme di canto sull'organetto e all'uso del tamburello durante la questua che ancora si pratica nelle campagne e nei paesi, durante la notte del Sabato Santo.
Dai migliori ballatori e suonatori aquisisce le varie forme del ballo tradizionale, le tecniche esecutive e gli stili locali del tamburello per l'accompagnamento del ballo e del canto di cui è apprezzato esecutore. Da anni frequenta varie famiglie di suonatori, cantatori e ballatori, instaurando rapporti di profonda amicizia.

“…noi altri siamo “in prestito” quando balliamo o suoniamo la musica delle campagne, che non ci apparterrà mai. Per rari momenti e quasi per caso possiamo provare quell’esperienza dell’essere vivi, interi, uniti, che i nostri nonni vecchi e contadini erano condannati a provare tutti i giorni, in quella sofferenza tremenda di fatiche disumane, e che invece li rendevano umani, umanissimi.
Loro ci stanno lasciando l’eredità di far ballare e far innamorare come si faceva una volta, con entusiasmo, con semplicità, ma senza dimenticare, e noi abbiamo paura di non esserne all’altezza. Ci sono ancora per noi tante cose da imparare…”

Raiz feat Radicanto
All’anagrafe risulta come Gennaro Della Volpe. Alle cronache musicali s’è presentato come Rais, Raiss, Raiz. Uomo dai mille nomi e dalle mille collaborazioni, ma soprattutto voce caliente della Napoli affermatasi all’inizio degli anni Novanta, quando esplodeva la Tangentopoli locale e, tra club del centro storico e centri sociali, esplodeva soprattutto una nuova scena di talenti musicali capaci di coniugare tradizione e modernità, Partenope e il resto del mondo. Fin dall’esordio, nel 1992, gli Almamegretta rappresentano the next big thing dell’italian wave, il punto di riferimento per il suono di un decennio. Reggae e funky esplodono nell’ugola carnale di Gennaro e scoprono le proprie origini partenopee, tra una tammurriata e un canto a fronna.
Con gli Alma Raiz raccoglie recensioni entusiastiche, registra album-capolavori, infiamma le notti, scopre quant’è difficile lavorare per una piccola etichetta indipendente come per una major.
Ma la sua curiosità e il bisogno di crescere lo portano spesso ad andare "oltre" la band: la sua voce incontra i Massive Attack, Pino Daniele, i Letfield, gli Orchestral World Groove di Gaudì, gli Asian Dub Foundation, Mauro Pagani.

"Wop", il suo primo album da solista, prodotto da Paolo Polcari e Roberto Vernetti, viene pubblicato da Universal nel 2004.
Ugola carnalissima, verace, napoletana, italiana, europea, araba, terrona, cosmopolita, apolide, orgogliosamente wop, quasi ad aggiornare i racconti di John Fante in chiave no global.
Gli strumenti della tradizione per raccontare un pentagramma di mediterraneo, poesia e immaginazione.
La musica senza passaporto e l’immagine di una Napoli di sangue e speranza, di tradizione e dolore, di canto e passione. Un ritorno alla melodia e alla parola che prescinde dal tempo del reggae.
Questi gli elementi che Raiz porta in valigia per il suo viaggio acustico in “Uno”, il suo nuovo album uscito per universal il 28 settembre, accompagnato dalle venature musicali evocative e ritmiche dei Radicanto (Giuseppe De Trizio, chitarra e Fabrizio Piepoli, canto e percussioni a cornice, Francesco De Palma, percussioni, cajon) in un assetto acustico, delicato e potente al contempo.
Un percorso attraverso quella storia musicale che non smetterà mai di insegnarci il futuro: musica immaginaria mediterranea.


Ginevra Di Marco
Ginevra Di Marco appare nel 1993. E' una voce defilata, quasi impercettibile in un disco a suo modo epocale, quel Ko De Mondo che avvia nel migliore dei modi l'avventura CSI.
Quanto la sua presenza sia fin da subito importante e non solo dal punto di vista musicale lo decreta il successivo In Quiete, testimonianza live che vede la Di Marco assurgere prepotentemente al ruolo di comprimaria
Intanto nasce e si consolida l’intesa tra Ginevra e Francesco Magnelli, mente compositiva della band, tastierista e pianista estroso, sempre in cerca di aperture e di nuove modalità espressive.
Il sodalizio frutterà dapprima una curiosa escursione 'cinematografica' (la sonorizzazione del film muto Il Fantasma dell'Opera) e quindi, finalmente, Trama Tenue (1999), il debutto in solitario di Ginevra, un disco che è planare spirito e precipitare carne come fosse il più naturale dei gesti. Al plauso della critica corrisponderanno il Premio Ciampi e il Tenco come miglior artista esordiente.
Nel 2001 dalle ceneri dei CSI nascono i PGR (acronimo di Per Grazia Ricevuta).
L'organico dei PGR ricalca quello dei CSI tranne, naturalmente, Zamboni, ma le sonorità si spostano con decisione verso l’elettronica; Ginevra è ormai a tutti gli effetti uno dei motori del gruppo, compone le melodie cui presta una voce sempre più duttile.
Nel 2004, assieme a Magnelli, lascia i PGR per seguire altre direzioni. Si arriva così a Disincanto (2005), frutto dolciastro dal cuore amaro, undici episodi di grande versatilità.
Nei due anni successivi Ginevra si dedica quasi esclusivamente alla grande esperienza musicale e di vita intrapresa con Stazioni Lunari. La natura itinerante del progetto, ideato da Francesco Magnelli, le permette di allargare ulteriormente gli orizzonti. Arriva così a registrare l'ultimo suo disco: “Stazioni lunari prende terra a Puerto Libre”. Canti dal margine della Storia, da un mondo profondo e dimenticato: Romania, Ungheria, Grecia, i Balcani, gli Slavi, i Rom, il Portogallo, la Bretagna, il Messico, il Cile, gli italiani del Sud e quelli di Toscana. Arrangiamenti e rivisitazioni volti a coinvolgere il pubblico con il calore ed il sapore delle feste di paese, delle danze, della musica cantata dalla gente. Da sempre.
Una progressione che sa di ritorno a casa, a quel retroterra vivo, radicato tra cuore e memoria, che da sempre distingue la cifra espressiva di Ginevra.


Tradizione, Innovazione e in mezzo i Cantastorie

...divulgatore di storie in versi talvolta scritte da lui stesso. Erede dell’arte degli antichi menestrelli medievali.
Il cantastorie è l'animatore di fiere e feste popolari.
Pronto, signori, pronto pronto... venite un po’ avanti ragazzi, venite un po’ avanti che passano le macchine, venite pure avanti.
Pronto, signori iniziamo con un valzerino, fisarmonica e clarino, dopo faremo sentire anche l’ocarina, ci siamo tanti articoli belli, sapete che per la fiera ci vuol sempre qualche cosa, la fiera è bella quando si porta a casa un ricordo, si porta a casa un regalino, per i bambini, per la casa.

Per gli studiosi è colui che rappresenta, all'interno delle categorie degli esecutori della musica popolare, il professionista e quindi necessariamente è il più innovativo della categoria impegnato a scambiare materiali fra livelli culturali differenti.
Il cantastorie è un artista di strada che racconta, canta, suona, recita e commercia.

Spinto dal caso della vita e non per una scelta deliberata il cantastorie ha una strada segnata dal destino, non ha scelta. Per fuggire dalle persecuzioni politiche, dalla miseria o dall'amore si mette in strada e si confonde con gli altri artisti ai margini della società: i suonatori ambulanti, i poeti popolare, i circensi e i ciarlatani, ma sempre con l'orgoglio di rappresentare i continuatori di un'antica tradizione artistica.

Gli osservatori sul campo del mondo cantastoriale sono concordi nel riconoscere alcune fasi tipiche dello spettacolo di questi artisti: la creazione del treppo, il treppo, l’imbonimento, la rottura.
Il cantastorie, che esercita di norma il suo mestiere di mercato in mercato e di fiera in fiera, deve innanzi tutto trovare il modo di procurarsi un pubblico (nel gergo, «fare treppo»).
Le azioni per raggiungere lo scopo possono essere molteplici: a volte basta piazzare lo strumento, e attendere che la gente, incuriosita, vi si fermi attorno; altre volte il cantastorie inizia a raccontare, o, ancor meglio, a suonare, magari vestito di un abbigliamento originale.
Ogni cantastoria ha il suo modo di fare il treppo.
Una volta radunata la gente, comincia lo spettacolo vero e proprio, che si costituisce di narrazione e canto, ma con un occhio sempre rivolto al pubblico affinchè si trattenga per tutto lo spettacolo.
Il repertorio cantastoriale è molto diverso dagli altri repertori riscontrati nel canto monodico d’interesse etnomusicologico proprio perché nasce e si sviluppa permotivi professionali, essendo l’unico esempio della musica di consumo nel mondo popolare.
Per questo l’imbonimento riveste un’importanza strategica fondamentale all’interno dello spettacolo. L’imbonimento è l’arte di sedurre gli spettatori attraverso tecniche accorte (anche se imparate dalla pratica vita di strada e non da una scuola teatrale organizzata) per indurli ad ascoltare e ad acquistare.
Il momento clou dello spettacolo del cantastorie è la rottura, quando, verso la fine dell’esibizione, il cerchio di spettatori è invitato a stringersi, grazie a nuovi stratagemmi di piazza elaborati dal cantastorie di modo da attuare la questua finale o la vendita e quindi poi congedarsi.
Tra i cantastorie si autocollocano Otello Profazio e Tunino Zurlo entrambi ospiti del Carpino Folk Festival 2008.


Otello Profazio (foto 7 sotto; ndr)
“Il Sud è ‘nu paese bello assai: il sole è caldo, e non si fredda mai. Il mare è azzurro verde sperlucente qui non si vide mai roba inquinante. Siamo genti felici e stracontente: non abbiamo bisogno mai di niente! Qua si campa d’aria”!!
Otello Profazio, memoria storica ed enciclopedia vivente dell’etnoantropologia musicale del Sud, è considerato, anche dai suoi colleghi, il “Principe dei cantastorie”.Fin da giovane ha sentito prorompente il bisogno, diventato poi necessità, impegno civile, di raccogliere e divulgare il patrimonio etnomusicale del Sud; di tutto il Sud e non solamente della Calabria (dove è nato) o della Sicilia (di cui è considerato, a ragione, degno rappresentante).In oltre 40 anni di attività e di ricerca ha scritto, scovato e riscritto innumerevoli canti e documenti canori che ha catalogato per temi e che costituiscono il suo archivio personale. Moltissime le canzoni pubblicate in numerosissimi dischi dove reinterpreta la storia del Sud, o meglio, ne canta la controstoria!Tutte le sue canzoni, anche quelle che al primo ascolto potrebbero sembrare “allegre”, “leggere”, o "scandalose", sono canti di protesta, di lotta “poetica”, di analisi critica della realtà sociale, espressi con l’uso della satira, arma molto pericolosa nelle sue mani, contro i potenti, quelli “che avrebbero dovuto fare” per il Sud e “non hanno fatto”!Vale la pena ricordare almeno “Qua si campa d’aria”, il cui omonimo Lp gli ha ottenuto il disco d’oro per aver venduto più di un milione di copie, primato mai raggiunto per un’opera cantastoriale; in questa canzone, i versi, macigni scagliati contro i potenti, costituiscono un alto contributo civile alle “Questioni meridionali”! Otello non vuole cambiare il mondo con le sue opere (non potrebbe!): il suo unico intento è di riuscire a far riflettere chi ascolta; indurre ad una presa di coscienza e quindi ad una scelta di campo, senza ipocrisia o interessi privati.

Tonino Zurlo e i Motacuntu
Tonino Zurlo è uno straordinario cantastorie e poeta popolare di Ostini (Br), città in cui è nato nel gennaio del 1946. Si è sempre occupato di restauro e di antiquariato. All’età di 25 anni inizia a suonare la chitarra, improvvisando i brani musicali secondo la sua filosofia: ‘non è importante il ritmo del metronomo, ma quello del cuore’.
Oramai in attività da oltre trent'anni, Tonino inventa canzoni per ‘un mondo diverso’, in cui l’anima dell’uomo, la sua coscienza profonda possano tornare a guidare i suoi gesti.
Osannato da artisti importanti (tra cui Moni Ovadia e Giovanna Marini) ha pubblicato nel 2003 con il “Circolo Gianni Bosio” di Roma e le edizioni musicali Il Manifesto il cd “Jata Viende” (Soffia Vento).
Fra la tradizione letteraria dialettale pugliese, la musica popolare orale, e le sue originali intuizioni sull’essenza della natura umana e sull’assurdità del nostro tempo presente, le composizioni di Tonino Zurlo sono uno squarcio di umanità rivolto all’Uomo contemporaneo in cerca delle proprie radici e di un vivere maggiormente autentico.Il nuovo lavoro discografico di Tonino Zurlo “Nuzzole e Pparolu” (Semi e Parole), Anima Mundi Edizioni, (Giugno 2007) si propone di farci riflettere sul potere insito nelle parole che pronunciamo, dalle quali come dei semi può germogliare una forza vitale, a condizione però che esse siano espressione di sincerità e trovino nell’interlocutore un altrettanto ascolto autentico.
”Così come il seme per trasformarsi cerca la terra, allo stesso modo la parola cerca il cuore per cambiare. Affinché questo mondo cambi, e’ necessario che le parole ci escano dal cuore.
Quando una parola esce dal cuore molte cose può cambiare e questo mondo allora può trasformarsi.”.

Municipale Balcanica
Nato nel 2006 a Terlizzi (Ba), agli inizi il gruppo era principalmente influenzato dalla tradizione balcanica, ma ben presto l’approccio alle antiche melodie diventa più originale e distintivo in quanto ciascun componente ha una formazione e una cultura musicale molto personale e tutt’altro che omogenea: l’intera sezione dei fiati, ad esempio, ha iniziato la sua esperienza musicale nella tradizionale banda del paese d’origine; ecco perché la loro espressività è così potente e vivida nelle canzoni tradizionali dell’Est, ed esplode in maniera passionale negli assolo inclusi nei nuovi arrangiamenti. Allo stesso modo la sezione ritmica ha incrementato la sua forza, supportando questo modo trascinante e incisivo di suonare antiche melodie. Il risultato, come ormai tratto distintivo del gruppo, è sorprendente e compatto, e dà nuova espressione e nuovi significati alle canzoni; così le influenze del jazz più libero, del rock, e della sperimentazione sono coinvolte in melodie ora suadenti ed esotiche, ora frenetiche, folli, e atonali.
Ed il successo non è tardato ad arrivare ben oltre i confini del nostro paese, in tutto il resto d'Europa.
Le esibizioni della Municipale Balcanica sono feste in cui i ritmi tradizionali dell' Est Europa e del Mediterraneo e le composizioni originali coinvolgono spesso fino alla danza, ma sono anche un'esperienza culturale completa e inesauribile, uno stimolo alla conoscenza della radici proprie e di quelle culture che ci circondano e con cui è inevitabile mescolarsi e contaminarsi.
“ Abbiamo raccolto i suoni dell’Est, le musiche della festa e del dolore, le canzoni del viaggio senza fine, i ritmi che hanno navigato il Mediterraneo, e li abbiamo avvicinati alle armonie della nostra terra e a ogni melodia che abbiamo imparato dolce o folle…. e così rendiamo la nostra musica un invito all’incontro, da accettare ascoltando, tenendo il tempo o ballando…”


Concerto finale di Teresa de Sio e i Cantori di Carpino

Fin dagli anni Settanta, Teresa de Sio, che faceva, all'epoca parte del gruppo Musicanova insieme a Eugenio Bennato, Carlo d'Angiò e Robert Fix, si è recato più volte a Carpino per documentare Andrea Sacco, Rocco Antonio Sacco, Rocco Di Mauro, Antonio Maccarone e Antonio Piccinino ed altri depositari della musica tradizionale carpinese.
Di recente proprio a Teresa de Sio si deve l'opera teatral-musicale "CRAJ", ideata, diretta e scritta in collaborazione con Giovanni Lindo Ferretti, in cui, oltre a Uccio Aloisi e allo scomparso Matteo Salvatore, sono proprio i Cantori di Carpino e il canto alla carpinese i maggiori protagonisti dell’opera divenuta poi Film.

Proprio a Teresa de Sio il Carpino Folk Festival questo anno si è rivolta per affidarle il concerto della serata conclusiva dell’edizione 2008 quando insieme ai Cantori di Carpino faranno vibrare l’aria in un modo del tutto particolare quando, celebrando la tarantella alla Carpinese e inebriando pubblico ed interpreti con amore e follie, ripercorreranno una dopo l’altra, le fasi dell’idillio amoroso.


Teresa de Sio (foto 8 sotto; ndr) e la sua Estate di “Sacco e Fuoco”
Un grande fermento di creatività ha accolto l’uscita del nuovo CD “SACCO E FUOCO”, un successo di pubblico e critica per la celebre cantautrice napoletana che è entrata nella cinquina dei 5 migliori dischi dell’anno secondo il prestigioso Club Tenco e ha ricevuto il primo premio degli “Impedibili” di Bielle dell’inverno 2007. Tutti i festival che nel 2007 hanno ospitato la produzione live di TERESA DE SIO hanno costatato la potenza dello spettacolo assistendo a rinnovati favori del pubblico e sull’onda di quel riscontro parte la nuova produzione estiva che avrà inizio ai primi di luglio fino a metà settembre 2008 con arrangiamenti potenti e graffianti, e con una sorprendente e ritrovata energia vitale. Il progetto è ponte ideale tra la musica tradizionale e le nuove sonorità acustiche, un passaggio ideale per una maggiore conoscenza delle musiche del mondo, delle diverse culture, della continua commistione di generi e suoni. Tutto ciò nel momento di maggiore evoluzione del suono folk, sia quello puro di tradizione che quello di contaminazione, portatori entrambi di un meraviglioso bagaglio fatto di musiche, strumenti, stili e suggestioni ineguagliabili. Come dice la De Sio: “il folk è il rock del popolo!”
Teresa De Sio, lontana anni luce dal presenzialismo televisivo, presenterà i brani tratti dal nuovo cd, accompagnata da Max Rosati (chitarre), Mario Guarini (basso), Don Peppino De Trizio (mandolino), Her (violino), Upapadia (percussioni e voce), Vito De Lorenzi (batteria e tammorra).
Oltre alle canzoni di “Sacco e Fuoco” ci saranno 2 nuovi inediti, una sorprendente versione di “Tammurriata Nera” e la versione di “O Paraviso ‘n Terra”, scritto dalla De Sio per “Uno”, il nuovo album di Raiz.

I Cantori di Carpino
Cantori di Carpino. Gli unici grandi maestri della tarantella
Grazie alla loro memoria non si sono perse nel tempo quelle tradizioni che hanno reso Carpino il punto di riferimento della musica popolare italiana.
Le fortunate collaborazioni con Eugenio Bennato, Teresa de Sio, Giovanni Lindo Ferretti e altri, ha portato loro, e soprattutto la loro musica, alla ribalta, riscoprendone e valorizzandone le portentose caratteristiche. Sicuramente i decani della musica italiana: i "Buena vista social club" garganici, capaci, ultraottantenni, di portare le loro note, la loro arte, la loro inventiva, fatta di ritmi trascinanti e melodie struggenti, in giro per la nostra penisola, di concerto in concerto. Mille anni di musica che risuonano sulle corde della chitarra battente. Chi ha la fortuna di ascoltare i “Cantori di Carpino”, entra in un circuito magico, primordiale. Ti senti proiettato in un mondo scomparso, ma che senti rivivere in te, in una sorta di metempsicosi che ti fa ritornare quello che forse un tempo, in un’altra vita, sei stato.
Ritmi mediterranei, sonetti provenzali, suggestive serenate, tenere ninne nanne, lo struggente "planctus Mariae" del giovedì santo, ti riportano in un mondo agreste, in quel "Gargano segreto" cantato da Pasquale Soccio. Un mondo sconosciuto, ma vivo nel cuore, se ti ritorna alla mente e ti spinge a quello che non avresti mai pensato di fare nella quotidianità di un tuo giorno. Accade che inizi a ritmare, e poi a ballare le tarantelle del Gargano, trascinato dal suono della chitarra battente, del tamburello e delle nacchere.
I Due "vetusti cantori" Antonio Piccininno e Antonio Maccarone, come i "mistici pastori" descritti dal Tancredi in "Folklore Garganico", ispirano un innato senso di rispetto verso la saggezza antica del tuo popolo, come gli antichi aedi dell’Iliade o dell’Odissea.
Tarantella, danza che inebria i suoi interpreti, nutrendoli d’amore e follia. Ballo che si agita su melodie duende cariche di straordinaria tensione, e ripercorre una ad una le fasi dell’idillio amoroso. L’uomo che corteggia e tenta di sedurre la donna; i due che s’abbandonano al proprio amore; ed infine, la donna che corteggia l’uomo per paura di perderlo. Suoni antichi, viscerali, che traggono origine dai ritmi della vita di paese, legata alla natura, al lavoro dei campi. infatti, nella sua purezza e spontaneità, incarna con ancestrale sapienza, le forme di poesia e di canto che oggi come ieri, risuonano nelle serenate sussurrate durante le ore più quiete della sera, in giro per il paese.

Lo spettacolo
Le Tarantella del Gargano" è uno spettacolo prezioso, che contiene un vasto repertorio di sonetti, ossia canzoni d'amore, eseguite su un ritmo di tarantella lenta. Nel live set si ritrovano i vari generi di tarantella tipici della zona del Gargano. Dalla "Montanara", eseguita in tonalità minore, alla "Rodianella" squillante in tonalità maggiore, per finire alla "Viestasana". L’esecuzione dei Cantori, s’impone all’attenzione degli ascoltatori per il suo carattere estemporaneo, che lascia trasparire come questi canti sgorghino naturalmente dalla vita di campagna, nutrendosi della sua ritualità. Questa musica pur conservando l’essenza delle sue antiche radici, riesce anche a manifestare un incredibile carattere contemporaneo. Allo spettacolo, oltre al duo di ottuagenari, collaborano cinque giovani musicisti Carpinesi, che tutt’ora accompagnano i loro “nonni” in giro per il mondo infatti l’eco e la diffusione internazionale che questa musica antica ed i suoi grandi interpreti, hanno riscosso negli ultimi anni, ha prodotto un effetto di fascinazione sulle giovani generazioni. Come mai, prima d’ora, i ragazzi hanno iniziato a coltivare un profondo interesse per la musica dei loro avi ed a tributare un sincero riconoscimento ai grandi maestri della tradizione.
L’età dei componenti di questo gruppo è garanzia di originalità della loro musica, veramente tradizionale. Non Folclorismo, ma testimonianza autentica di un patrimonio di cui sono gli ultimi interpreti. La loro canzone più celebre: «Garofano d'ammore», che ha dato il titolo ad un lp di Eugenio Bennato, frutto di un lungo lavoro di ricerca sul territorio pugliese, è un esempio della forma del canto tradizionale carpinese: il sonetto, che rientra nel modello dello strambotto meridionale. La parte centrale dell'intera esecuzione, detta Canzone, rappresenta la serenata vera e propria e si avvale di un'ampia libertà vocale consentita dalle particolari tonalità della chitarra battente. E' questo uno strumento tipico dell’area meridionale di cui Carpino era uno dei centri di produzione. Andrea Sacco era l’ultimo possessore di una chitarra battente qui costruita nel 1924 da Francesco Paolo Cozzola, detto Fascianeddë, artigiano di Carpino.
«Costava venticinque lire - racconta Andrea Sacco - e la pagai con i soldi delle serenate. Il mio strumento è fatto di legno di ciliegio, noce e faggio, con cinque corde e la buca coperta da una pergamena». I Cantori di Carpino, pur non essendo considerati dei professionisti, all'occorrenza si riuniscono per prestare la loro opera anche per le semplici serenate e le feste di paese. Per l'autenticità e il valore culturale del loro lavoro sono stati avvicinati, fin dagli anni '50, da studiosi di tradizioni popolari. Che hanno iniziato un lavoro di approfondimento dei contenuti e dello stile di alcune forme musicali Garganiche.
“Ma la gente di Milano ancora tutt’oggi crede che si tratti di Gospels americano e non di canti del Gargano”.

Oggi il Gruppo dei Cantori di Carpino è costituiti da giovani accompagnati ancora dagli anziani Antonio Piccininno e Antonio Maccarone.
Nello specifico l’attuale formazione è composta da:
Antonio Piccininno Classe 1916 (Voce e Castagnole)
Antonio Maccarone Classe 1920 (Voce e Chitarra Francese)
Michele Basanisi Classe 1941 (Chitarra Francese)
Giuseppe Draicchio Classe 1951 (Tamburello e Ballo)
Antonio Rignanese (chitarra battente)
Nicola Gentile (Tamburello e chitarra Battente)
Giuseppe Di Mauro (Chitarra Acustica)
Marco Di Mauro (Chitarra Acustica e Chitarra Battente

a cui si aggiungono
Mimma Gallo (Voce solista e ballo)
Antonella Caputo (Voce solista e ballo)
Roberto Mennona (Tamburello e chitarra Battente)
Antonio Manzo (Tamburello)

La serenata di Carpino
La palestra strumentale e canora dei cantori carpinesi è stata la serenata: il rito un tempo molto usato e di grande importanza socio-culturale che richiedeva l'omaggio musicale, l'inventiva poetica nella composizione di testi ex novo o nell'adattamento dei canti esistenti e una buona capacità tecnica strumentale.
La serenata di Carpino è una composizione vocale-strumentale, a struttura semplice e carattere popolare, che secondo un'antica usanza veniva eseguita di sera o di notte sotto le finestre della propria bella per corteggiare e per manifestarle i proprî sentimenti e/o per rendere pubblico un rapporto di fidanzamento, che in una comunità maschile come quella carpinese dei decenni scorsi aveva anche l'ulteriore funzione di consentire il controllo sociale del rapporto da parte della comunità.
A Carpino la composizione della serenata comprendeva oltre quattro sonetti che talvolta andavano anche oltre i dieci.
Il tipico organico strumentale era costituito da chitarra battente, chitarra francese, castagnole e tamburello.
Nello specifico il repertorio era frequentemente iniziato dal sunettë con cui si chiedeva licënzë a cantare e finiva con il sunettë della bonasërë.
«Una volta - racconta Antonio Maccarone - facemmo una serenata “senza permesso” a una ragazza con la quale c’era un amoreggiamento appena accennato e la reazione del padre fu molto vigorosa. Ci insultò e i suoi familiari a fatica lo trattennero dal venirci a dare lui una suonata a noi…»
Pochi sanno che la parte centrale della serenata di Carpino è costituita dalla Canzonë che nulla ha in comune con lo stile vocale e musicale dei sunettë, ossia con la mundanara, la rodianella e la vestesana.
La Canzonë infatti è costituita da un brano lirico come testo e di stile vocale modale, con sillabe che corrispondono anche a parecchie note cantate, molto ornato, ritmicamente molto libero e con una emissione vocale spesso forzata e tesa nel registro dell'acuto. La sua esecuzione veniva musicata dalla sola chitarra battente che nell'occasione non viene battuta ma pizzicata.
L'origine secondo Maccarone Michelantonio de "l'area della canzonë che noi portavamo alle fidanzate di notte deriva dai canti della processione del Venerdi Santo, ma di parole diverse, d'amore, che per noi che eravamo cattolici e credenti in chi c'era una stima era come dire amatevi come fratelli".
Proprio la difficoltà dello stile vocale è stata probabilmente la causa della scomparsa di quasi tutte le Canzoni, infatti il salto di una/due generazione nella trasmissione orale ha fatto si che i depositari diventassero sempre più anziani e sempre meno portati a questo tipo di canto, oggi praticamente non esiste nessun cantore di tradizione che la esegue.
Una delle poche Canzonë pervenuta a noi ha come incipit "Di primë amorë ti venë a salutà".

Di primë amorë ti venë a salutà
di novë ammantë bellë stativ’a sintirë
së c’ha lu piacerë ti vole sentirë
dalli nu ventë che po’ ‘ddà jì a navëgà
questa barchettë dall’portë avev’ascì
quannë p’nnantë a vui ven’a passà
falli nu segnë d’amorë mittëtë a rirë

 Uff. Stampa Ass. Culturale “Carpino Folk Festival”

 

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