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19/07/2008

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IL VAGITO DI UNA NUOVA PROMESSA

Clicca per Ingrandire 24 luglio 2007: una data che la Capitanata non dimenticherà tanto facilmente. Quel giorno la Montagna del Sole, il Gargano, brucia. Poche ore e il vento alimenta le fiamme, un disastro, assieme a pini e auto, bruciano i sacrifici di anni e anni di lavoro. Beni e strutture di chi ha deciso di investire nella propria terra, di aprire un’attività e di dedicarsi al turismo. Quel giorno nella baia di San Nicola bruciano anche i sogni di Cira Valentina Montagano, una giovane imprenditrice locale.

Cira dopo anni di gestione dei vari hotel di Peschici, grazie ad anni di sacrifici dei suoi genitori, era riuscita a realizzare il suo sogno, diventando titolare dell’Hotel Baia dei Trabucchi. “Prima del 24 luglio 2007, a ventisette anni - spiega - pensavo di aver finalmente realizzato il sogno della mia vita e aver intrapreso la carriera alberghiera e turistica che avevo sempre immaginato. Un sogno che un anno fa, il 24 luglio 2007, va in fumo insieme alle auto, agli alberi e a i beni di migliaia di persone sfollate e non. Non si potrà mai esprimere la rabbia e il senso di impotenza provato in quel momento da chiunque assisteva alla distruzione della propria struttura e di quell’angolo di paradiso che era la Baia di San Nicola. Non si poteva fare nulla”.

Oggi a distanza di un anno la rabbia di Cira è ancora viva tanto che ha inviato una lettera al presidente del consiglio Silvio Berlusconi per ringraziarlo della sua visita nella terra garganica. “In fondo siamo stati fortunati - dice - ma ad un anno da quel 24 luglio, oggi che cosa è rimasto? E’ rimasto tutto ciò che di quell’incendio ancora si vede: i pini bruciati, neri e pietosi sono ancora tutti li, prima in piedi per quasi un anno, adesso a terra. La loro è una testimonianza triste, anche di degrado del territorio. Un territorio a cui, passate le fiamme, il fumo e i funerali delle vittime, nessun nome illustre ha dato importanza. Nessuno, almeno fino a quando non ha annunciato la Sua visita. Sono rammaricata nel ricordare quanto era stato a noi promesso nei giorni successivi all’incendio. E quando dico ‘noi’ mi riferisco non solo ai giovani, che hanno perso l’entusiasmo, ma anche agli operatori turistici che hanno perso le loro strutture e a tutti i lavoratori stagionali che hanno perso la loro occupazione.

“Solo nel mio caso - spiega - l’intera sala ristorante del mio albergo e la hall dell’hotel completamente distrutte, la struttura di cemento armato snervata dal calore delle fiamme è stata demolita interamente: una spesa da affrontare di oltre tre milioni di euro. E a quanto potrebbe ammontare il danno totale se provassimo a contare lungo gli 800 ettari di bosco bruciato, le case private danneggiate, le strutture turistiche non solo di San Nicola, anche del Gusmay, di Calalunga, di Zaiana, di Manaccora, di Vieste? Un danno così ingente e nessun politico locale, provinciale, regionale e nazionale che se ne curi.

“Nei giorni successivi alla catastrofe - continua - ci sono stati promessi fondi, aiuti, finanziamenti per chiunque fosse stato colpito. In primis abbiamo perso i fondi della Comunità Europea, per colpa di chi? Del nostro bravo presidente della Regione Puglia Nichi Vendola? Per colpa dell’amministrazione provinciale, per colpa dell’amministrazione comunale? Si parlava addirittura di tribunale per risolverne le beghe. Noi coinvolti direttamente dall’incendio, noi cittadini italiani vittime di quella che è stata definita calamità naturale, siamo stati assurdamente costretti non solo a ripagare i danni, anche a pagare e versare ogni singolo contributo fiscale previsto per legge. Essere colpiti da una calamità naturale e non essere neanche esentasse. Oltre al danno, la beffa.

“Abbiamo perso la stagione turistica 2007, chi ha chiuso, chi ha contato i danni e chi ha ricevuto le innumerevoli disdette. Ha perso la stagione turistica 2008 chi è ancora implicato nei lavori di ristrutturazione e chi ha visto le proprie risorse economiche svanire. Ci chiediamo come sarà la stagione turistica 2009, avvolta nell’incertezza per la devastazione ancora presente nel territorio visibile e tangibile. Finalmente però la Sua visita rappresenta il vagito di una nuova promessa. Sono fiduciosa che questa volta non sarà un inganno: essa sarà il barlume di un più ampio progetto.

“Il mio appello, in questo momento, è all’uomo imprenditore che ha già ‘dimostrato di saper trasformare dei progetti difficili in realizzazioni concrete’ nella propria vita e a cui volgo la mia fiducia affinché le promesse fatte in passato si realizzino per noi giovani, operatori e peschiciani. Il mio appello è al Presidente che ha dimostrato nella Sua carriera una “consolidata autorevolezza internazionale”, affinché, anche la Comunità Europea, o chi per essa, aderisca ai propri compiti e collabori per il ripristino del territorio Garganico per lo sviluppo e il benessere presente, prossimo e futuro anche della propria gente”.
Cira Valentina Montagano


LA “MEMORIA” DI QUEL GIORNO NEL RACCONTO DELLA GIOVANE IMPRENDITRICE

Non si potrà mai esprimere la rabbia e il senso di impotenza provato in quel momento da chiunque assisteva alla distruzione della propria struttura e di quell’angolo di paradiso che era la Baia di San Nicola. Non si poteva fare nulla. Nulla, perché ognuno di noi, io, il personale addetto alla sicurezza, i bagnini, e tutto il resto dello staff, era intento a fare evacuare gli ospiti, i bambini, gli anziani che altrimenti sarebbero rimasti coinvolti. Un’evacuazione che la protezione civile avrebbe eseguito meglio e con più maestria, semmai fosse arrivata in tempo.

finita l’evacuazione, l’ultimo giro di ricognizione per assicurarsi che nessuno fosse rimasto nelle stanze dell’hotel ormai in fiamme. Le prime auto cominciavano già a scoppiare nel parcheggio e, di lì a poco, fu terribile realizzare che non potevamo scappare da nessuna parte. Ogni scappatoia era bloccata dalle fiamme, verso la strada di San Nicola, verso la spiaggia, verso la rupe a picco sul mare: forse, se anche quella non fosse stata in fiamme, mi sarei buttata giù 200 mt più in la. L’acqua, volevo raggiungere l’acqua, e l’idea di portarmi in salvo forse con due gambe spezzate, piuttosto che arsa dalle fiamme e dal calore di quell’incendio, in quel momento, mi sembrava la cosa più sensata.

Il vento era molto più veloce del tempo e il fuoco correva e giocava alla staffetta, prima di pigna in pigna, poi di albero in albero e di macchina in macchina. Calore, fiamme ed esplosioni si diffondevano senza controllo e senza cura di tutto ciò che c’era intorno: evacuato l’hotel, la baia e le residenze intorno, qualcuno non riesce ad allontanarsi e resta circondato dalle fiamme. Ci raccoglievamo io, alcuni signori anziani, qualcuno del personale impiegato e dei bambini che non erano scappati prima perché, in casa da soli, pensavano che tutto quel fumo fosse nebbia. La cenere negli occhi da non riuscire a vedere, il fumo da non poter più respirare. La fuga verso un riparo. Il miraggio di uno specchio di acqua, la fortuna di potersi bagnare almeno per rimanere freschi, per alleviare la sensazione di calore sulla pelle che sembrava cuocersi a puntino.

Bagnati fradici, con quel poco che eravamo riusciti a procurarci per via, degli asciugamani per coprire il viso, dell’acqua recuperata in sala ristorante, una decina di estintori intorno a noi, ci facevamo coraggio in palestra, il posto più fresco, sicuro e ironicamente più rilassante che potevamo pensare mentre tutto intorno ardeva. E chi sperava più di uscirne vivo? Pensavo che se ci fosse andata di lusso saremmo morti asfissiati, e il pensiero bisbigliava alle orecchie: “è finita”. Da lontano qualcuno poi grida “C’è nessuno?”. Una panda verde, la protezione civile? No. Il macellaio, peschiciano, con solo una mascherina di carta per proteggersi dal fumo, subito dietro i Carabinieri, a piedi, a prenderci. Il primo carico in macchina: le donne e i bambini, una corsa in mezzo alla fiamme, noi zittite e incredule di poter uscire vive. La signora anziana trova solo la forza per una domanda: “Chi te lo fa fare?” incredula di tanto coraggio.

Poi scaricate, appena in paese, tra le mani dei primi soccorritori volontari, mamme, nonne e nonni con l’ansia e il pensiero di avere qualcuno tra le fiamme, Pasquale, il macellaio, parte per il secondo viaggio tra le fiamme: andata e ritorno e anche gli uomini in palestra sono salvi e vengono dissetati e si accertano di essere in buone condizioni. Forse veniamo fuori dalle fiamme prima degli altri che invece sono in spiaggia, sono in mare, sono ancora in balìa delle fiamme.
C.V.M.

 Redazione

 

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