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14/07/2008

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Quella insostenibile leggerezza dell’essere…

Clicca per Ingrandire Scomparso Andrea Sacco, è oggi Antonio Piccininno il riconosciuto guardiano della tradizione. Non solo perché l’ha custodita e trasmessa cantando, ma anche perché si è accollato un compito difficile e di straordinario valore: mettere per iscritto questa sapienza orale... prima che sia troppo tardi.

Antonio Piccininno indubbiamente incarna la figura tipica del “cantore” tradizionale. Nato nel 1916, dopo appena un anno rimane orfano di entrambi i genitori. Inizia a lavorare come pastore e in seguito come contadino bracciante, per poi spostarsi in paese per prendere moglie. Attualmente è bisnonno.

Tanti anni fa essere “cantore” e dedicarsi alla musica era un mestiere molto povero e arduo da praticare e sviluppare poiché era molto difficile spostarsi (gli unici mezzi di trasporto erano i muli e gli asini e – un po’ meno – i cavalli) e si guadagnava poco (in genere le paghe agricole di allora – forse in riferimento ai braccianti – erano di tre lire), c’era scarsa circolazione di moneta e la merce di scambio che circolava maggiormente era pasta e olio!

Chi non conosce Antonio Piccininno, incontrandolo per la prima volta, nota subito la figura di un anziano signore alto e magro, dal profilo aquilino e dal volto con lo sguardo fisso dinanzi a sé, leggermente calato ma vigile. Una figura silenziosa che in realtà cela una potenza inattesa e nascosta: molto alto e con gli occhi azzurri, un bel profilo lungo e asciutto, essenziale e compunto, ma dolce, una pelle macchiata e scura da anziano, ma levigata e bella come l’anima del legno d’ulivo della suaterra contorto da brune venature nervose e disteso da secoli di sole.

È solo, però, quando Antonio Piccininno sale su un palco, una cattedra, un Palcoscenico, che ha inizio uno spettacolo indimenticabile. E da quel momento che una pioggia ininterrotta di emozioni domina l’evento, scandita da una personalità poliedrica e di rare doti oltre che d’interprete della musica popolare e di suonatore di nacchere, anche d’intrattenitore, di cabarettista e showman a tutti gli effetti, catturando l’attenzione della platea sin dal primo istante per portarla, senza alcun calo d’attenzione, fino al gran finale.

Un personaggio televisivo contemporaneo, con pari qualità, oggi potrebbe essere un Fiorello o chissà chi altri. E invece la sua figura ritmica e slanciata, alla soglia dei 92 anni trascorsi, duetta con nacchere, battenti e francesi, tamburelli e altre voci, attraverso la sua maggiore dote stilistica e artistica, quella dell’improvvisazione recitativa e canora. Oggi è l’unico a potersi permettere tale vanto potendo disporre della memoria viva di un repertorio di tradizione orale imponente, tutto sempre e comunque immediatamente disponibile in mente e tale da consentirgli di creare e cantare brani ogni volta nuovi e irripetibili nella sequenza, attraverso l’accostamento di sonetti e strofette, coreografiche e spettacolari granate di poesia lanciate dal palco verso di noi.

E tutto ciò che resta, a concerto finito, dopo un caro saluto e un “arrivederci a presto” è quella insostenibile leggerezza dell’essere che Antonio ci sa donare con la sua voce e il suo sguardo sorridente, dono prezioso e lieve che dà senso alla vita, che tra fatiche e gioie è il simbolo del piacere di vivere. Un autentico esempio di vita.

Antonio Basile

 Redazione

 

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