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14/05/2016

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POESIA x (e di) TUTTI: CHI È DI SCENA? Antonio Monte (2)

Clicca per Ingrandire Ritorna Antonio Monte, col suo bagaglio di esperienze, memorie, consapevolezze accatastato in quell’angolino della mente i cui neuroni continuano a inviare messaggi chimici da rilanciare alle giovani generazioni.


DIRITTI E DOVERI… IERI E OGGI


I DIRITTI DEL PASTORELLO
Un kg di sale e un litro di olio al mese
Una forma di cacio al ritorno a casa.
Un agnellino o capretto sempre a fine transumanza.
Una pagnotta di due kg di pane a settimana.
Un saccone pieno di paglia come lettiera.
Una scodella di legno per i liquidi.
Una cassetta per depositare i viveri.

I DOVERI DEL GENITORE MODERNO
Dare il buon esempio senza parlare.
Se fanno scempio saper sopportare.
Subire discussioni senza esprimere opinioni.
Non far rumore se dormono in poltrona.
Prestare il sostegno anche alle compagne.
Soddisfare ogni voglia tenendo aperto il portafoglio.
Mostrarsi abili in compagnia con espressioni di simpatia.
Sorridente quando lavori o sei sofferente.
Importante non chiedere ai figli mai niente.


IL COMMENTO DI VINCENZO CAMPOBASSO = E’ poesia, questa di Antonio Monte, già presentato in occasione del primo “round” di questa rubrica? Forse sì, forse no. E’ però certo che, dall’alto della sua esperienza di vita (quella di pastorello durante la propria infanzia, quella di funzionario di banca all’apice della propria carriera, nonché di genitore) ha ben diritto di additare le incongruenze della vita. E, ovviamente, essendo la poesia penetrata nel suo sangue, nel suo essere, lo fa in versi. Versi che non vogliono fare voli pindarici, ma solo esporre, raccontare, denunciare aspetti di due diversi momenti della esistenza propria e di quella altrui, cioè, in buona sostanza, della società in cui ci troviamo calati.

Nella prima parte, dove a stento riusciamo a notare qualche assonanza (la vita di un pastore non è fatta di poesia, non è fatta di idilli), l’Autore ci informa (infatti, chi di noi, che non abbia fatto il pastore come lui, è a conoscenza dei diritti di quest’ultimo, se non gli è capitato di svolgere lo stesso mestiere?) di ciò che un proprietario di bestiame offriva a un pastorello, durante il lungo periodo della transumanza che, in senso lato, comprendeva due trasferimenti e l’intermedia permanenza al pascolo.

Nella seconda parte, alquanto ingentilita (ce lo dicono i due primi versi e gli ultimi due, tutti a rima baciata; ce lo dicono le altre rime interne e le assonanze: “esempio”, “scempio”, “discussioni”, “opinioni”, “sostegno”, “compagne”, “compagnia”, “simpatia”, “sorridente”, “sofferente”, “importante”, “niente”), traspare l’ironia dell’uomo che nota la differenza, tra la prima parte, dedicata al pastorello, e la seconda, in cui la situazione pare capovolta: da ragazzo, i poveri diritti erano il compenso a una vita di fatica e disagi; da adulti, da genitori, sono ancora gli ex-ragazzi a subire, ad avere la peggio.

 Redazione

 

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