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08/03/2016

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IL 17 APRILE ANDIAMO A VOTARE

Clicca per Ingrandire Poco il tempo che ci divide dal 17 aprile. Quel giorno saremo chiamati al voto referendario sulle trivelle. Poco lo spazio dedicato al problema da tv, radio e giornali. I partiti non si sono ancora organizzati per aiutare a capire. All’inizio erano sei i referendum proposti. La Cassazione ne ha stralciati cinque, grazie alle modifiche introdotte dal governo nella legge di stabilità 2015. Puglia, Basilicata, Campania, Liguria, Sardegna e Veneto sono le regioni che hanno presentato ricorso alla Corte Costituzionale perché espropriate dal governo del diritto a legiferare sulle trivelle marine, ma con Calabria, Marche e Molise sono nove le Regioni che hanno proposto il referendum.

Perché sul problema non si discute? Solo della data del referendum si è parlato tanto per unificarla al voto amministrativo e conseguire un risparmio di 300 milioni di euro. La legge necessaria, però, non si è voluto farla, col sotteso obiettivo di rendere inefficace il referendum. Una volontà politica che isola le Regioni proponenti dal resto del Paese. Siamo rimasti quasi soli a difendere l’Adriatico. Chi può difendere il nostro mare dai possibili incidenti che nessuno è in grado di escludere? Chi è in grado di garantirci dai danni che possono derivare dalla fuoriuscita del petrolio dagli impianti estrattivi?

Ma la domanda che oggi ci dobbiamo porre è relativa anche alla convenienza economica e all’utilizzo di tale prodotto, nonché della sua commercializzazione come fonte energetica. Quanti sono disponibili ad accettare a cuor leggero i gravissimi possibili danni che potrebbe subire l’ecosistema del nostro mare? Le Tremiti, le meravigliose spiagge di Gargano e intera Puglia potrebbero essere cancellate in maniera irreversibile. Oggi non è in discussione la scelta referendaria, ma la sua condivisione. Col referendum si chiede che alla scadenza delle attuali concessioni non si possa più trivellare nelle acque dei mari italiani a una distanza inferiore alle dodici miglia marine, cioè a meno di venti chilometri circa.

Non è una scelta da poco. Bisogna però centrare il quorum, il 50 percento dei cittadini aventi diritti al voto, e conseguire il maggior numero di consensi votando “Sì” all’abrogazione delle norme vigenti del Codice dell’ambiente (art.6 comma 17). Il vero nemico da battere, allora, è la disaffezione al voto dei cittadini. Per farlo, l’informazione è l’unico strumento possibile. Solo da una corretta e diffusa informazione può nascere il consenso necessario a far vivere il nostro mare e le attività produttive che è in grado di generare, dal turismo alla pesca. Chi ama la natura non può perdere altro tempo.

L’intero Consiglio regionale ha espresso la sua adesione al referendum. I cittadini ora vanno informati. Usciamo dal silenzio. È rivolto anche a noi tutti il monito che papa Francesco ha espresso nell'enciclica «Laudato si’» (n. 35): “Non possiamo essere testimoni muti di gravissime iniquità quando si pretende di ottenere importanti benefici facendo pagare al resto dell’umanità, presente e futura, gli altissimi costi del degrado ambientale”.

Napoleone Cera*


*Presidente regionale ‘Popolari’


 Comunicato

 

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