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18/02/2016

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C”È DEL MARCIO IN DANIMARCA?

Clicca per Ingrandire Abbiamo appreso tutti, o quasi, dell’improvvisa rinuncia della Petroceltic Italia srl nell’effettuare ricerche di petrolio a poche miglia dalle isole Tremiti, nel mare Adriatico. Tutti, o quasi, abbiamo incassato con soddisfazione la repentina retromarcia e tutti coloro i quali si sono impegnati nell’opposizione civile a una così pervicace e invasiva azione, ai danni del nostro mare, hanno espresso la propria soddisfazione. Il 16 febbraio, il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, ha firmato il decreto col quale si stabilisce che il referendum sulle autorizzazioni petrolifere si svolgerà il 17 aprile prossimo. Disdetta da parte di coloro che, invece, avevano chiesto l’accorpamento di date con le elezioni amministrative da svolgersi in molte città italiane a giugno prossimo.

Il sindaco di Manfredonia, Angelo Riccardi, ha ospitato nel Municipio sipontino, il 18 gennaio scorso, l’assemblea che ha dato vita al perentorio documento congiunto col quale si chiedeva al Governo di revocare l’autorizzazione concessa. “Non credo - dichiara Riccardi - che le cose avvengano per caso e non sono così convinto, come altri, che la ragione del dietrofront della Petroceltic risieda esclusivamente nel costante calo del prezzo del petrolio. A mio avviso, invece, quell’autorizzazione concessa dal Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) negli ultimi giorni dello scorso anno solare era del tutto improvvida e unilaterale, oltre che diametralmente opposta alle nuove politiche energetiche europee e, soprattutto, al volere delle popolazioni adriatiche. Era necessario un passo indietro. E così è stato”.

A conforto delle parole del sindaco, semmai ce ne fosse bisogno (visto che la Petroceltic aspetta nove anni per un’autorizzazione, la ottiene nell’ultima settimana di dicembre 2015 e vi rinuncia un mese dopo), si può produrre un dato: è inoppugnabile che nel 2015 il prezzo del greggio è calato del 47 percento circa (fonte U.S. Department of Energy), ma è altrettanto certo che il 22 gennaio 2016 aveva toccato il fondo, attestandosi sui 27,76 dollari a barile, per risalire e portarsi ai 34,55 dollari odierni. E’ vero che nemmeno per questo anno sono previste impennate del prezzo del petrolio, ma è altrettanto vero che chi si trova in difficoltà economiche, e questo appare pacifico nel caso della Petroceltic, non abbandona una concessione senza colpo ferire, anzi, con buona certezza, monetizza facendo subentrare terzi.

La compagnia dublinese, che non ha alcun pozzo già in estrazione, non ha rinunciato agli altri investimenti nella ricerca di giacimenti in Italia, come quelli in Piemonte (nel Biellese) o nell’Adriatico (in questo caso al largo del Molise). Il petrolio che troverebbero nelle due succitate località varrebbe di più di quello che si sarebbe potuto trovare alle Tremiti? Domanda retorica, ovviamente. La coscienza di istituzioni, associazioni, giovani studenti e di quanti difendono l’ecosistema dell’Adriatico non merita le parole che qualche rappresentante del Governo ha riferito ai media liquidando con sufficienza la preoccupazione delle popolazioni adriatiche, mentre avrebbe potuto, non dovuto, avere maggiore rispetto nei confronti di presidenti di Regione, Provincia, Parco del Gargano e sindaci, che hanno fatto semplicemente il proprio dovere: rappresentare il volere del popolo.

I primi cittadini, soprattutto, vivono quotidianamente tanto le gioie quanto le preoccupazioni delle proprie comunità. Affermare che “fanno ammuìna” e vogliono raccattare consensi, oltre che essere poco elegante, delegittima la rappresentatività delle istituzioni stesse, ‘in primis’ quelle locali. A più alti livelli, invece, si crede a volte di poter fare e disfare come meglio si ritiene opportuno, senza ascoltare, senza confrontarsi, senza essere aperti alla democrazia partecipata (quanto mai opportuna nei casi come quello di autorizzazioni per cercare il petrolio nell’Adriatico). Considerazioni fatte con rispetto che, però, la persona di cui sopra non ha riservato a chi non ha accettato supinamente l’infausta autorizzazione concessa dal Ministero Sviluppo Economico (MiSE).

Tornando a questioni di ordine più pratico, viene da chiedersi: ma è davvero una vittoria la rinuncia della Petroceltic? Sì, lo è nell’immediato, perché la mobilitazione collettiva ha reso manifesta la volontà delle comunità locali. No, non lo è del tutto perché il Governo ha scelto il 17 aprile come data nella quale svolgere il referendum sulla durata delle autorizzazioni per la ricerca di idrocarburi. Mancano, cioè, due mesi a un appuntamento importantissimo per affermare e ribadire il proprio desiderio di partecipazione. Non c’è molto tempo per costituire comitati che informino compiutamente sulla questione e non è apparso opportuno a nessuno, eccetto a chi si è prodotto in una scelta così rigorosa, svincolarsi dall’accorpamento di date con le elezioni amministrative che si svolgeranno a giugno prossimo.

Dispiace apprendere che far precedere le amministrative di giugno dal referendum di aprile costerà a noi tutti una cifra che oscilla fra i trecento e i trecentocinquanta milioni di euro. Mica “quisquilie, bazzecole o pinzillacchere”, direbbe qualcuno! “Erano sei i quesiti depositati il 30 settembre scorso: tre sono venuti meno perché integrati nella Legge di stabilità 2016, uno è stato accolto, ne restano due sui quali la Corte costituzionale deve pronunciarsi e chiarire il sospetto conflitto di attribuzione col Parlamento. “Proprio questi ultimi due - afferma il sindaco di Manfredonia - rivestono enorme importanza, visto che, con uno si vuole porre un limite alla durata dei permessi per le ricerche attualmente infinita, con l’altro si obbligherebbe lo Stato a definire di concerto con le Regioni quali siano le aree in cui è possibile avviare progetti di trivellazione (come chiesto anche dall’assemblea del 18 gennaio scorso; ndr) al fine di istituire un tavolo di confronto tra Governo e Regione Puglia sui temi centrali della politica energetica e sui nuovi indirizzi mondiali sui cambiamenti climatici”.

Più che crearsi un precedente, quindi, si andrebbe a fissare una norma che ricalca perfettamente il prototipo della democrazia partecipata. Forse è una delle ragioni per le quali i referendum, espressione pura di partecipazione ‘dal basso’, non sembrano riscuotere interesse a Roma, anzi paiono andare a sparigliare decisioni assunte con poca, o scarsa, considerazione delle comunità locali. “Due mesi - conclude Riccardi - non sono tanti, ma nemmeno pochi. Dobbiamo continuare a impegnarci, da subito, per sensibilizzare e informare su un tema che ci riguarda tutti, volenti o nolenti. Tutti! Ognuno, poi, farà la scelta che ritiene più opportuna per sé e per i propri figli, ma è necessaria e indispensabile che vi sia una grande partecipazione all’appuntamento referendario del 17 aprile prossimo. Tuteliamo l’Adriatico, prendiamoci cura del nostro mare, difendiamo la nostra identità”.

Matteo Fidanza


 Ufficio stampa Città di Manfredonia

 

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