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28/01/2016

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UN “MALE” CHE PUÒ RITORNARE

Clicca per Ingrandire A margine degli eventi legati alla “Giornata della Memoria”, registriamo un bell’intervento del sindaco di Manfredonia Angelo Riccardi e una ricostruzione dei tragici avvenimenti di quel giorno di liberazione. “La memoria è l’esperienza del vissuto e impedisce l’oblio”, dice. Era il 27 gennaio del 1945 e, con la scoperta del campo di concentramento più grande della Germania, il mondo intero conobbe l’orrore del più tremendo genocidio che l’uomo avesse mai visto. Quando le porte di Auschwitz furono spalancate dai militari russi, lo scenario che si presentò fu scioccante.

Fu lì che trovarono la morte un milione e mezzo di ebrei nei modi più atroci, spesso all’interno delle docce da cui invece dell’acqua usciva il letale Zyklon-B, un gas velenoso usato per sterminare gli insetti. I prigionieri erano classificati con simboli e colori che potessero far risalire subito all’estrazione sociale del deportato: triangolo rosso per prigionieri politici, nero a persone definite asociali, verde per criminali comuni, viola per appartenenti a sette religiose, rosa per omosessuali e Stella di David gialla per ebrei.

In totale furono sei milioni le persone sterminate nei campi di concentramento durante quel drammatico periodo ricordato come Olocausto. “Storia e memoria - afferma il sindaco - sono risorse fondamentali per l’umanità, permettono di utilizzare il passato per capire il presente. La memoria è l’esperienza del vissuto, porta il passato nel presente, impedisce l’oblio”. Si deve ricordare perché, come ammoniva Primo Levi, le coscienze possono nuovamente essere sedotte e oscurate: “se comprendere è impossibile, conoscere è necessario perché ciò che è accaduto può ritornare”.

Qualcuno pensa che eventi di questo genere non possano più accadere perché sono stati conseguenze di avvenimenti politici e sociali non più riproponibili. “Purtroppo questo è vero solo in parte - risponde Riccardi, - perché è indubbio che alcuni sintomi delle stesse malattie sociali sono ancora presenti. Mi riferisco in particolare all’indifferenza, all’intolleranza e alla noncuranza riguardo minoranze, diversi e persone più deboli. Il pregiudizio esiste, è diffuso e in tanti ne sono colpiti: quando il malessere sociale aumenta, occorre uno sfogo per l’aggressività degli scontenti.

“Non facciamo del Giorno della memoria - ammonisce - un momento formale, quasi liturgico, che ci mette a posto la coscienza per un altro anno. Facciamolo divenire una presenza permanente, da custodire gelosamente e curare assiduamente come difesa da derive antidemocratiche e tante grida scomposte e irrazionali. La memoria ha bisogno del sapere e la differenza è un diritto”. Chi è passato ieri, 27, dalla manfredoniana Piazza del Popolo, alzando gli occhi verso la balconata di Palazzo San Domenico, sede municipale, avrà sicuramente notato le bandiere, nazionale ed europea, esposte a mezz’asta, “in segno di memore omaggio alle vittime dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”.

Matteo Fidanza


 Ufficio Stampa

 

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