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10/05/2015

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«DĄUJĖ CHIĄCCHJĖRĖ PĖ NGUMĖNZĄ»

Clicca per Ingrandire «Parąulė dė Peschėcė» (Parole di Peschici) č un dizionario di termini del dialetto peschiciano, corredati dei termini corrispondenti italiani e inglesi e spesso di modi di dire locali in gran parte dovuti all’amore profondo di Bruna Labombarda per la sua terra (il “piccolo mondo antico”). «Parąulė» e «‘A grammątėca pėschėciąnė» (La grammatica peschiciana), pubblicata il 2013, si rafforzano vicendevolmente. Le rappresentazioni grafiche adottate in «Parąulė» assumono soluzioni fonetiche, ortografiche e grammaticali definite in «‘A grammątėchė», discusse e maturate a seguito della consultazione degli scritti in dialetto peschiciano disponibili e di una serie di esperienze editoriali in ambiente peschiciano che ci hanno coinvolto negli ultimi anni.

E cioč: «Peschici nella Memoria» di Rocco Tedeschi e Michele Esposito (editore Stauros, 2004), «Venti di grecale-Peschici anni ‘40» di Paolo Labombarda (editore Gruppo Albatros, 2Ŗ edizione, 2010), «‘A Grammątėca pėschėciąnė» di Paolo Labombarda, Rocco Tedeschi e Patrizia Ugolotti (editore Hacca, 1Ŗ edizione, 2011), «Sėndenzė», rubrica di aforismi in peschiciano di Bruna Labombarda, Paolo Labombarda e Rocco Tedeschi (pubblicate sul giornale garganico «new Punto di Stella», 2011), «Venti di grecale-Peschici anni ‘40» di Paolo Labombarda, con traduzione dei dialoghi in peschiciano a opera di Bruna Labombarda e Rocco Tedeschi (pubblicato su «new Punto di Stella», 2012), «‘A Grammątėca pėschėciąnė» di Paolo Labombarda, Rocco Tedeschi e Patrizia Ugolotti (Aracne editrice, 2Ŗ edizione, 2013).

La rappresentazione grafica del dialetto ha costituito una sfida che abbiamo affrontato destreggiandoci fra i dubbi, non potendoci giovare di esperienze pregresse dalle quali trarre suggerimenti consistenti. Siamo consapevoli che le soluzioni adottate potranno riscontrare qualche perplessitą. Ci aspettiamo osservazioni del tipo:
- «Parąulė dė Peschėcė»? Ma perché scrivete cosģ? Perché non scrivete come si scrive in italiano?
- «Caccė»” o «kaccė» (caccia)? Perché scrivete un termine peschiciano in due maniere diverse? A che serve? Puņ confondere, no?
- «Včivė» (vivere)? Ma questa parola io a mia nonna non gliel’ho sentita dire mai! «Cambą» (campare) diceva lei, «cambą» diceva!
- «Quillė spandėcąjė pė jessė»? (Quello spasima per lei.) Ma mia nonna, io me lo ricordo bene, diceva «Quillė spandėchčjė», non «spandėcąjė»!

Noi avremmo ovviamente le nostre risposte. Noi cerchiamo di scrivere il dialetto peschiciano in maniera per quanto possibile simile a come si scrive la lingua italiana. Vi sono perņ suoni nel dialetto peschiciano assenti nella lingua italiana. Uno di questi, ad esempio, č la ‘vocale muta’, che rappresentiamo con il grafema [ė]. Mario - chiamiamolo cosģ - scrive un termine secondo le proprie regole di rappresentazione grafica. John - chiamiamolo cosģ - legge quel termine e lo legge secondo la propria interpretazione delle regole di scrittura utilizzate da Mario. Mario scrive il termine italiano “caccia”. John, se č italiano, non ha difficoltą a leggerlo come Mario intende; se č inglese, o tedesco, o slavo, qualche difficoltą potrebbe averla.

I dizionari internazionali vengono in aiuto di John associando al termine ‘caccia’ la sua pronuncia rappresentata secondo i criteri definiti dall’Alfabeto Fonetico Internazionale, al quale John puņ fare comunque riferimento. Sussiste in effetti il problema che chi scrive un termine si attende che un qualunque lettore lo legga come lo legge chi lo scrive. «Parąulė» rappresenta i termini peschiciani secondo due modalitą: la scrittura italiana estesa (‘caccė’), di interpretazione fonetica agevole da parte degli italofoni, in particolare dei peschiciani, e l’alfabeto peschiciano (‘kaccė’), di interpretazione fonetica pił agevole da parte dei non italofoni. Sģ, certo, tua nonna diceva «cambą». Lingue e dialetti sono entitą vive, in continua evoluzione: il dialetto si č via via arricchito con nuovi termini, originati prevalentemente dalla lingua italiana.

«Parąulė» contiene, sperabilmente, molti dei termini utilizzati da tua nonna, e magari anche qualcuno dei termini adottati successivamente dal dialetto. Comprende di fatto circa 5mila 500 termini peschiciani - una numerositą molto inferiore a quella (da 12mila a 15mila) dei dizionari delle lingue moderne, - i quali o hanno radici tipiche, o hanno subģto mutazioni fonetiche tipiche, o contribuiscono alla formazione di modi di dire dialettali di uso frequente. Beh, sģ, tua nonna diceva «Quillė spandėchčjė», mentre la nonna di Rocco diceva «Quillė spandėcąjė», e la nonna di Michel’Antonio diceva «Quillė spandėcąejė». I termini utilizzati da una lingua o da un dialetto non solo variano nel tempo, ma sono anche suscettibili di variare nello stesso momento da zona a zona. A Peschici, in particolare, le sillabe toniche delle parole possono presentare mutazioni fonetiche (frangimenti, metafonesi) in zone diverse del paese: «a’ Portuwąššė» (alla Porta di Basso) ci si puņ esprimere in una maniera, «fąur’u Pondė» (oltre il Ponte) in un’altra maniera, «a’ Chiazzė» (alla Piazza) in un’altra maniera ancora. «Parąulė» tende in questi casi a prediligere la fonetica del «Portuwaššąrė», la parlata nel borgo medievale, la zona del paese pił antica, pił conservativa, meno esposta agli scambi con l’esterno.

Noi abbiamo effettuato delle scelte, essendo certi che altri, dopo di noi, potranno fare meglio di noi, traendo magari spunto dalle nostre esperienze. E abbiamo la spudoratezza di ipotizzare una tappa successiva, la quale prevede la pubblicazione di «Parąulė», corredata della pronuncia audio dei termini, su Internet. Confidiamo, gentile Lettore, nella tua indulgenza e, perché no, nel tuo humor (Paolo Labombarda-Patty Ugolotti-Rocco Tedeschi).

 Redazione

 

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