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18/04/2015

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RIENTRANO I SEGNI DEL PASSATO

Clicca per Ingrandire L’ingente materiale archeologico confiscato dai Carabinieri nell’operazione “Teseo” (puntodistella.it/news.asp?id=6935; ndr), presentato a gennaio scorso, è in attesa di essere catalogato e, poi, sarà finalmente autorizzato il trasferimento e deposito presso i musei degli enti locali “qualora si manifesti interesse da parte delle Amministrazioni comunali”. Questa è la risposta fornita dal Ministero Beni e Attività culturali e Turismo alla richiesta del sindaco Angelo Riccardi di “fare arrivare a Manfredonia tutti quei pezzi che provengono da questo territorio e contribuiranno ad arricchire il nostro patrimonio archeologico per la valorizzazione delle nostre radici”.

Era stato proprio il ministro Franceschini a manifestare l’intenzione di “riportare nei propri luoghi di origine” i cinquemila e passa reperti archeologici, provenienti in gran parte da centro e sud Italia, nella conferenza stampa con cui era stata data la notizia del più grande ritrovamento di sempre. Riccardi non ha esitato ad accogliere l’invito indiretto, formalizzando subito la propria richiesta, forte della convinzione che molte di quelle anfore, stele daunie e ceramiche, siano di fattura tale da indicarne, piuttosto chiaramente, la provenienza dalla nostra terra. Ha così anticipato quanto disposto dalla Direzione Generale Archeologia del Ministero interessato che, nel frattempo che si possano reperire le risorse economiche necessarie per procedere alla schedatura dei reperti, attende che gli stessi vengano richiesti per valutare la fondatezza della istanze ricevute e autorizzare il ‘ritorno a casa’.

La risposta fornita dal capo di gabinetto del Ministero, Giampaolo D’Andrea, ha permesso anche di ricostruire un altro pezzetto della storia, iniziata il 2001, dei 5361 reperti archeologici sequestrati. La moglie del trafficante Giovanni Becchina (il cui reato contestato era andato in prescrizione), a sua volta titolare di galleria d’arte, aveva richiesto la restituzione del materiale, preannunciando un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. La signora Juraschek, questo il suo nome, aveva successivamente proposto una soluzione che riteneva equa: l’assegnazione dei reperti alla Regione Sicilia, più precisamente a una costituenda associazione, per far sì che fossero esposti in un non meglio specificato “museo cittadino”.

La Direzione Generale Archeologia, suo malgrado, non si era opposta perché l’Avvocatura dello Stato aveva evidenziato come l’eventuale accoglimento di un tale ricorso avrebbe creato un precedente con effetti nefasti, non solo per quanto concerne il possibile obbligo di risarcimento. La cronaca attuale testimonia che non se n’è fatto più nulla e quei reperti sequestrati sono rimasti al Ministero. Da un esame preliminare del materiale esposto nella conferenza stampa si è evinto che una considerevole quantità dei reperti proviene dall’antica Apulia, come evidenziato anche dal professor Giuliano Volpe. Per giunta il Ministero della Cultura greco, a seguito della notizia dell’operazione “Teseo”, ha prodotto una lista di un centinaio di pezzi che proverrebbero dalla Grecia e, in ragione di ciò, ne ha chiesto la restituzione.

Elementi nuovi che hanno dapprima disorientato i tecnici ministeriali e, dopo, suggerito loro maggiore prudenza. “Sapremo pazientare il tempo dovuto e proseguiremo - chiosa il sindaco Riccardi - nel percorso virtuoso per la restituzione alla collettività di tracce importanti della nostra storia. Il proponimento resta quello di creare consapevolezza del patrimonio storico, artistico e culturale, soprattutto fra i giovani, per fare in modo che proprio dalla conoscenza si passi alla tutela, alla conservazione e alla valorizzazione”.

Matteo Fidanza




 Ufficio Stampa e Comunicazione Città di Manfredonia

 

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