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17/12/2014

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“NON ABBIAMO ANCORA UN FIGLIO… PERCHÉ?”

Clicca per Ingrandire Il desiderio di avere un bambino è il risultato naturale dell’evoluzione esistenziale di un uomo. A volte, però, le cose non vanno come dovrebbero. Si parla di infertilità di coppia, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, quando una coppia non riesce a procreare dopo dodici mesi di rapporti volutamente fecondi. Si stima che circa l’8-10 percento delle coppie abbia problemi di infertilità, con una incidenza causale del fenomeno uguale per gli uomini e per le donne. L’infertilità si pone come “una crisi di vita” che coinvolge, su diversi piani esistenziali, sia l’individuo sia la coppia, dando luogo a vissuti negativi: frustrazione, stress, senso di inadeguatezza, perdita, depressione, ruminazione, rituali ossessivo-compulsivi, sensi di colpa.

Le tipiche domande che si pone la coppia al momento della diagnosi di infertilità sono: perché proprio a noi? che facciamo ora? Per la coppia una diagnosi di infertilità è un vero e proprio shock, un trauma psicologico. Dopo la reazione iniziale, però, la maggior parte delle persone trova la forza di reagire e cercare una soluzione. Le reazioni psicologiche dell’uomo e della donna sono differenti: dopo una diagnosi di infertilità, spesso l’uomo si sente inadeguato perché associa l’infertilità alla sfera sessuale, nonostante non ci sia alcuna correlazione fra i due aspetti. “Io non sono in grado di darti un bambino, non sono all’altezza”, è questo il pensiero più frequente degli uomini.

La donna invece percepisce con negatività e ansia il trattamento di fecondazione assistita. Sarà lei infatti a dover subire i trattamenti più invasivi. Dal momento della diagnosi spesso entra in gioco anche un senso d’invidia nei confronti di chi ha già avuto un figlio senza problemi e non ha dovuto affrontare tutto quello che sta passando lei per averlo. È importante sottolineare l’influenza che lo stato psicologico della coppia ha sulla possibilità di procreare.

Numerosi studi, infatti, hanno dimostrato come gli stati d'animo influiscano fisicamente sui neurotrasmettitori e quindi anche sugli ormoni. Il nemico numero uno è l’ansia: non è raro il caso di una coppia che non riuscendo a concepire, decida di adottare un bambino, e subito dopo… ne aspetti uno, in modo naturale. Come se qualcosa si ‘sbloccasse’ una volta esaurita l'urgenza della genitorialità. Questo aspetto emotivo è presente soprattutto nella donna, che socialmente e umanamente patisce di più la mancanza di un figlio.

Una situazione più chiaramente legata a un disagio psicologico è quella che si manifesta durante la Pma (Procreazione medicalmente assistita). Spesso l'embrione, impiantato con una tecnica come la Fivet, non attecchisce all'utero in quanto sono presenti alti livelli di cortisolo, ormone dello stress, fonte di abortività. In questi casi, il consiglio è di consultare uno psicologo-psicoterapeuta cognitivo-comportamentale (figura sempre presente nei migliori centri di Pma) che aiuterà la futura mamma a rilassarsi (eliminando paure, ansia e depressione) e vivere in modo positivo la gravidanza in arrivo.

Salvatore Panza


NB. Se avete quesiti da porre all’estensore dell’articolo, psicologo di professione, postate un commento o, se preferite una comunicazione privata, inoltratelo direttamente alla sua casella di posta elettronica: salvatore_panza@virgilio.it (per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it oppure telefonate al 340.23.51.130).

 Redazione (foto mammeditalia.it)

 

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