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12/12/2014

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LA VALENZA SIMBOLICA DEL PRESEPE

Clicca per Ingrandire Secondo Bianca Tragni (giornalista, scrittrice, docente, dirigente scolastico, conferenziera altamurana; ndr), i personaggi del presepe nacquero dai Vangeli canonici e da quelli Apocrifi, ma anche dalla drammaturgia popolare italiana che produsse sacre rappresentazioni, testi narrativi e dialogati, che ebbero una fervida accoglienza tra le masse popolari. Di questi autori, la storia del teatro ne ricorda parecchi dalla fine del Quattrocento fino all’Ottocento. Fra i drammi natalizi più celebri a Napoli, degna di nota è “La Cantata dei Pastori”, scritta nel 1698 dall’abate Andrea Perrucci.

Narra le disavventure dello scrivano Razzullo che, giunto in Palestina per il censimento, ci rinuncia. Il suo viaggio travagliato simboleggia il cammino verso la salvezza, percorso iniziatico dall’errore alla verità, dal peccato alla conversione. Troverà sul suo cammino il Vecchio e il Dormiente, il diavolo Belfegor che tenta di impedire il sacro evento della Natività e l’arcangelo Gabriele che lo contrasta, il cacciatore e il pescatore, il bosco e il fiume, il pozzo e la fontana, la grotta e l’osteria. Tutte figure e luoghi simbolici del presepe meridionale.

Questa rappresentazione, tra sacro e profano, che influenzò molto l’iconografia del presepe pugliese, ebbe grande successo popolare a Napoli fino alla seconda guerra mondiale, quando il bombardamento del 6 settembre 1943 distrusse il Teatro San Ferdinando, dove la Cantata dei Pastori era stata ripresa dopo gli eccessi verificatisi nel teatrino sul molo denominato “donna Peppa”. Tumulti, gesti, scurrilità, grida di incitamento alla Madonna partoriente, risse fra il pubblico, indussero il 1889 le autorità a vietare la rappresentazione. In quell’anno ebbe un illustre spettatore in Benedetto Croce che, pur deprecandone gli eccessi (“un gran materializzamento del sentimento religioso”) la riconobbe come “un capolavoro di spettacolo”, espressione dell’identità del popolo napoletano.

Una traccia della presenza in Puglia della “Cantata dei Pastori” la rilevò Saverio La Sorsa negli anni trenta, parlando di una rappresentazione sacra della Natività tenuta a Sava da gruppi di giovani in costume che recitavano e cantavano casa per casa, raccogliendo doni e offerte. Le fonti ci tengono a sottolineare che tali recite non avevano la “trivialità napoletana”. Dal canto suo la Tragni ci svela i significati simbolici del Natale (festa propiziatoria del nuovo ciclo agrario) e dei luoghi presepiali: il fiume è il simbolo dello scorrere eterno del tempo e della vita che va oltre la morte, il viaggio è il cammino dell’umanità per vie impervie (la montagna, il bosco, il deserto, il ponte, la scala) verso la salvezza eterna. Infine la taverna e la grotta, il luogo del male e il luogo del bene, l’uno accanto all’altro. La taverna è un invito al peccato di gola e all’ubriachezza. Una tentazione che il fedele doveva superare per entrare finalmente nella grotta, luogo della luce e del miracolo, del bene e della felicità eterna.

Teresa Maria Rauzino


 Redazione (foto cavacultura.it)

 

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