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02/12/2014

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UN AMORE CHE VA OLTRE LA MORTE (2)

Clicca per Ingrandire Disfarsi di qualcuno o qualcosa non è facile come disfarsi di un cadavere. Esiste un principio secondo il quale le ‘cose’ che sono state una volta a contatto, continuano ad agire l’una sull’altra, a distanza, anche dopo che il contatto fisico sia cessato. Ora capisco perché ci si incontri nei sogni o si è inquieti senza un motivo, mentre dall’altra parte del ‘mondo’ succede chissà cosa... “Perché se dopo tutti questi anni, tra amnesie e spazi pieni, ti penso, sono sicura che lo stai facendo anche tu.”

Ricordo ancora i suoi abbracci. Non mi ha mai saputo tener stretta per bene. Quel mondo che mi circondava, in realtà mi teneva stretta. I suoi abbracci erano ignoranti. Siamo fatti di carne, e un abbraccio dovrebbe essere un incontro fra anime, un’ondata di piacere. Ah, se solo avesse saputo trarne vantaggio! Ricordo quei giorni privi di senso a spendere il tempo nel caffè, a cercare speranze fra le strade di campagna. I lunghi giri in macchina prima di andare a letto. Perdersi fra le curve e le luci opache dei lampioni, nelle solite canzoni. E i suoi occhi stanchi, sgraziati, vagabondavano nei pensieri oscuri e celati. Quello stesso sguardo che mi cercava. Eravamo così vicini, eppure con le nostre parole diventavamo irraggiungibili.

Un valzer inquieto di emozioni scombinava i miei capelli, spandeva la gonna nera che cresceva e si diffondeva ammantando tutto, com’è solito di notte un cielo senza firmamento. Con la cenere fumante delle sigarette abusate cercavamo di lavare le macchie di vino dal vestito, il rossetto dalla camicia, mentre io, di nascosto, il rimmel dal viso. Poi correre disperatamente fra le braccia di qualcun altro. Ma i nomadi di sentimenti non sono degni di percorrere nemmeno le sterpaglie più fitte di un cuore generoso. Non è servito a niente fingere con gli altri e combattere contro se stessi. L’indole dell’innamorato vien fuori da sé. È vero che l'amore è ‘cieco’ e senza grammatica da quando la coerenza non è più di casa. Non esistono giustificazioni.

Ora vorrei sapesse che sono andata via chilometri e ormai è già novembre. La nebbia si posa sui colli di mattina e l’aria gelida, contro il viso, ha un sapore corretto d’autunno. Le foglie ricoprono i viali mentre i raggi del sole attraversano i rami. In un miscuglio frenetico di colori, volti, parole, la gente in bicicletta fischietta canzoni. Dalla sua vetrina si vede un barbiere rifinire i suoi mustacchi inglesi, mentre sotto il portico un violinista dondola ipnotizzato dalla sua melodia. Gli autobus ti sfrecciano accanto insieme ai pensieri, i dubbi, le incertezze.

Le pagine del libro scorrono, tutte le parole arrivano a un punto. Sentirsi diversi, ogni volta rigenerati dopo aver terminato di leggere l’ultimo capitolo. Vi sono casi persi e cose per le quali vale la pena rischiare. Il mare d’inverno è affascinante, ma si è a casa, dove non vi è più nostalgia. Solo ricordi messi in fila come i vagoni di un lungo treno. Vagoni vuoti di tutto ciò che sarebbe potuto essere.

Il tramonto purpureo dipinge il cielo e risalta i pigmenti dei tetti, mentre l’acqua bolle nel tegamino. Il tè è alla solita ora, accompagnato dalla crostata. L’aroma del bergamotto, intenso come sempre, la fetta di limone, e la tazza che non si raffredda mai. Niente è perduto quando si ricomincia. Non si può stare fermi e soli ma, per se stessi e con se stessi… andare avanti.





 Redazione (foto urbanpost.it)

 

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