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24/09/2014

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ATTACCHI DI PANICO: ECCO COSA FARE

Clicca per Ingrandire L’Attacco di Panico (DAP) è un’eccessiva reazione fisica e psichica dovuta a un’errata percezione e interpretazione di una situazione considerata come pericolosa (ansiogena, che crea ansia), anche se in realtà non è tale (si tratta in realtà di uno stimolo inoffensivo). Un Attacco di Panico inizia all’improvviso (“a ciel sereno”), raggiunge rapidamente l’apice (di solito in meno di 10 minuti) e ha una durata complessiva inferiore ai 30 minuti. Nello specifico i sintomi fisici che accompagnano l’attacco di panico sono:

- aumento della frequenza cardiaca (tachicardia) o palpitazioni,
- sudorazione eccessiva,
- tremori, difficoltà a respirare (dispnea),
- sensazione di soffocamento,
- dolori o fastidi al petto,
- senso di debolezza,
- nausea o disturbi addominali,
- vertigini,
- sensazione di confusione mentale,
- stordimento,
- sensazione di “testa leggera” o svenimento,
- mal di testa,
- torpore o formicolio (parestesie),
- sensazione di groppo alla gola,
- vampate di calore o senso di freddo improvviso,
- sensazione di dover continuamente andare al bagno,
- gambe molli,
- rossore in volto,
- sensazione di irrealtà (derealizzazione),
- sensazione di essere distaccati da se stessi (depersonalizzazione).

Durante un Attacco di Panico i pensieri che i pazienti generalmente sperimentano sono:
- “avrò un infarto o un ictus”,
- “ora svengo”,
- “sto perdendo il controllo di me stesso”,
- “sto impazzendo”,
- “sto morendo”.
Tali pensieri sembrano così reali in quel momento da far sì che alcuni arrivino a chiamare l’ambulanza o vadano in ospedale al pronto soccorso.

Per quanto detto, per la forza terrifica di questi sintomi, la preoccupazione per il possibile successivo attacco e per le sue implicazioni è così forte da far sviluppare ‘comportamenti di evitamento’ dei luoghi dove il soggetto ha già sperimentato degli attacchi o dai quali potrebbe essere difficile o imbarazzante allontanarsi in caso di un attacco di panico. Tali comportamenti possono sfociare in una vera e propria ‘agorafobia’ (la cosidetta “paura della paura” ovvero vivere col terrore che l’attacco di panico possa ripresentarsi in un luogo dove nessuno può prestare soccorso o dove non si può trovare una via di fuga). In tal caso ci si trova di fronte a un “Disturbo di Panico con Agorafobia”.

Le situazioni che più frequentemente vengono evitate includono:
- lo stare fuori casa da soli o lo stare a casa da soli;
- l’essere in mezzo alla folla o in coda in banche e supermercati;
- viaggiare in automobile, in treno, in metropolitana, in autobus o in aereo;
- l’essere su di un ponte, in ascensore o in un tunnel.
Spesso il paziente diventa schiavo del suo disturbo, costringendo tutti i familiari a adattarsi di conseguenza, a non lasciarlo mai solo e ad accompagnarlo ovunque. Simili modalità di comportamento risultano molto limitanti per la vita del soggetto in quanto possono compromettere la capacità di recarsi al lavoro o portare avanti le incombenze domestiche (ad es. fare la spesa, viaggiare...). La qualità della vita può essere, quindi, gravemente compromessa dal Disturbo di Panico se non viene curato adeguatamente.

Che cosa si può fare per guarire da questo disturbo? Prima di tutto ricorda sempre (anche mentre hai un attacco) che: d'attacchi di panico non si muore. Questo è sicuro! Anche se non sono letali, gli attacchi di panico sono comunque terribili e per questo devono essere affrontati velocemente; ma vagare da un medico all’altro alla ricerca di una diagnosi fisica non è assolutamente la soluzione. Per risolverli è necessario e indispensabile un buon lavoro di Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale che, partendo dalla storia della persona, permetta di comprendere il motivo della loro insorgenza. Tutti i disturbi hanno un motivo scatenante, sempre, e individuarlo e comprenderlo significa trovare la chiave per risolverlo.

Generalmente, il lavoro diagnostico non è lungo e la spiegazione appare chiara nel giro di poche sedute. Una volta trovata la spiegazione, è possibile liberarsi dal senso d'impotenza, che rappresenta la componente più importante di questo disturbo, e decidere se modificare o meno quello che nella propria vita non va, in modo da liberarsi da questa patologia in modo definitivo. Per quanto riguarda i familiari dei pazienti affetti da DAP, mantenere un atteggiamento equilibrato è fondamentale. Per esempio ‘drammatizzare’ o ‘minimizzare’ sono due estremi che non solo non aiutano il paziente, ma anzi potrebbero farlo peggiorare in quanto lo fanno sentire solo, non capito e a volte anche preso in giro.

Drammatizzare non aiuta perché crea ancora più incertezza e confusione in un momento in cui la persona, invece, ha bisogno di “sentire nuovamente il terreno sotto i piedi” ed essere rassicurato e informato correttamente sulla sua condizione. Minimizzare è l’atteggiamento tipico di chi non rendendosi conto delle difficoltà che si provano nel DAP (perché non lo ha mai sperimentato personalmente), sostiene, anche con tutte le intenzioni positive, che con un po’ di buona volontà si risolve tutto, creando oltretutto sensi di colpa nel malcapitato. Purtroppo in questi casi la volontà non basta. Lo stesso atteggiamento può averlo con se stesso la persona affetta da DAP che può vivere con sensi di colpa la sua condizione. Una cosa molto importante da sapere è che: dagli attacchi di panico oggi si guarisce anche velocemente.

Salvatore Panza


NB. Se avete quesiti da porre all’estensore dell’articolo, psicologo di professione, postate un commento o, se preferite una comunicazione privata, inoltratelo direttamente alla sua casella di posta elettronica: salvatore_panza@virgilio.it (per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it oppure telefonate al 340.23.51.130).


 Redazione (foto pensieroprofondo.netsons.org)

 

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