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16/09/2014

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FACEBOOK E APPREZZAMENTI SESSUALI

Clicca per Ingrandire Commette molestie alla persona chi fa apprezzamenti a sfondo sessuale anche se postati sulla bacheca Fb di una ragazza. Facebook è una gigantesca piazza immateriale con oltre cento milioni di utenti nel mondo, che comunicano in settanta lingue diverse: la community internet, dunque, ben può rientrare nella nozione di «luogo pubblico» ex articolo 660 Cp. Lo ha sancito la prima sezione penale della Corte di Cassazione che, con sentenza 37596/14 pubblicata il 12 settembre, ha ritenuto fondate le accuse nei confronti di un caporedattore del giornale che importuna la collega con messaggi a sfondo sessuale. In particolare gli apprezzamenti sul seno della giovane, sono così pesanti che la costringe a cambiare stile nell’abbigliamento.

Le molestie avvengono dal vivo e non c’è dubbio che la redazione di un quotidiano come luogo aperto al pubblico rientri nella fattispecie della norma incriminatrice ex articolo 660 Cp. Solo la prescrizione salva da un mese di arresto. Idem vale per gli apprezzamenti volgari sul corpo della collega postati sulla bacheca della ragazza. In realtà non è chiaro se i petulanti messaggi hot provenienti da un fake, dietro cui si celava lo stesso caporedattore sotto pseudonimo, siano stati davvero pubblicati sulla pagina della giornalista visibile a tutti oppure soltanto in chat e nella casella di posta elettronica associata al profilo facebook.

E si tratta di una questione che nella specie la Corte d’appello avrebbe dovuto comunque approfondire. In ogni caso la Suprema Corte offre indicazioni valide nella generalità dei casi: quando la norma sulle molestie è stata scritta, certo il legislatore non poteva immaginare che un giorno sarebbero nati i social network, ma la piattaforma online deve comunque essere considerata una forma di aggregazione che rientra nella tradizionale nozione di comunità sociale. Insomma: le frasi pesanti e volgari postate sul profilo ben possono integrare la contravvenzione ex articolo 660 Cp. La configurabilità del reato, quindi, non scaturisce dall’assimilazione della comunicazione telematica a quella telefonica, che pure è espressamente citata dal codice penale.

Secondo Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, servirebbe un’ulteriore sentenza che ponga un fondamentale tassello nella tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici anche in termini di ristoro dei gravi pregiudizi subiti in conseguenza di condotte antigiuridiche, quali le molestie sessuali, ritenute gravi anche dal punto di vista sociale.

 Redazione

 

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