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08/05/2014

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COME ELABORARE UN LUTTO

Clicca per Ingrandire A ognuno di noi è capitato, o capiterà, di doversi confrontare con l’aspetto più destabilizzante della propria esistenza: la fine della vita fisica di un proprio caro. Vivere questo tipo di distacco, e ancor più accettarlo, non è sicuramente facile per nessuno. Una perdita implica una profonda mutazione di quanto sia presente nella vita di chi viva il lutto. Si crea un vuoto, sia fisico sia emotivo, che spesso comporta una perdita delle coordinate conosciute interne ed esterne della persona la quale smarrisce temporaneamente le capacità di organizzazione, pianificazione e concentrazione. Il senso di vuoto psichico, emotivo, a volte anche fisico, determina spesso un profondo stato di confusione tale da far sì che ci si ritrovi senza più punti di riferimento. Quando accade un evento simile, sembra come se il tempo trascorso con l’altro o l’altra non sia stato sufficiente per trasmettere tutto quanto avremmo voluto.

Dal lutto, normalmente, si esce attraverso un processo di elaborazione psichica, o “lavoro del lutto”, che prevede quattro stadi, o fasi:
STADIO 1: è una prima fase di disperazione acuta, caratterizzata da stordimento e protesta. Vi può essere immediato rifiuto (la persona nega il decesso, agisce come non fosse mai accaduto, conserva gli oggetti del defunto). Sono comuni crisi di rabbia (verso la persona defunta, verso Dio…) e di dolore. La fase può durare da alcuni momenti a giorni e interessare periodicamente la persona afflitta per tutta la durata del processo di lutto. Karl Abraham definisce questo momento “emorragia interna”, metafora amara ma molto chiara.

STADIO 2: fase d'intenso desiderio e ricerca della persona deceduta, caratterizzata da irrequietezza fisica e preoccupazione eccessiva verso il morto. Può durare alcuni mesi o anche anni in forma attenuata.

STADIO 3: fase di disorganizzazione e disperazione. La realtà della perdita comincia a essere accettata e ammessa. Domina la sensazione che la vita non sia reale e la persona afflitta sembra essere chiusa in se stessa, apatica e indifferente. Spesso si verificano insonnia e calo ponderale, così come la sensazione che la vita abbia perso il suo significato. La persona addolorata ricorda costantemente lo scomparso e insorge un inevitabile senso di delusione quando riconosce che i ricordi sono solo ricordi.

STADIO 4: fase di riorganizzazione, durante la quale gli aspetti acuti del dolore cominciano a ridursi e la persona afflitta comincia ad avvertire un ritorno alla vita. La persona perduta viene ora ricordata con un senso di maggiore distacco emotivo e la sua immagine viene interiorizzata. Quando le emozioni negative legate al ricordo della persona defunta sono troppo forti e invalidanti, per un periodo di tempo superiore a sei mesi, vuol dire che il lutto non si è risolto nel migliore dei modi (in termini tecnici si dice che non è stato “rielaborato il lutto”). Un blocco nel lavoro del lutto porta alla malinconia, che insorge quando il soggetto sente la persona perduta come una parte ineliminabile di sé da cui non può separarsi.

L'elaborazione del dolore è un complesso processo psicologico di distacco dall'attaccamento stabilito con la persona che non c’è più e si esplica inevitabilmente attraverso il dolore del lutto. Il lutto è un momento difficile che va vissuto. Inutile fuggire al dolore o anestetizzarlo con tranquillanti o comportamenti euforici reattivi. Soltanto attraversandolo intensamente potrà veramente essere superato e integrato nella propria esistenza.

Alcuni consigli per favorire il processo di rielaborazione del lutto:
1. Accettare la realtà della perdita - Innanzitutto è necessario rendersi conto di ciò che è avvenuto. La persona non c’è più. E’ molto importante prendere contatto con la realtà, col corpo inanime, coi riti di addio, per esempio il funerale. Sono momenti importanti che accompagnano il distacco e lo rendono reale: attraverso queste azioni di transizione, la persona può sentire il distacco in modo più graduale e così diventarne consapevole.

2. Sperimentare la sofferenza e il dolore - Evitare il dolore è inutile e controproducente. Bisogna viverlo, piangere la persona perduta, condividere la sofferenza con le persone care.

3. Adattarsi all'ambiente senza la persona scomparsa - Dopo aver elaborato profondamente il dolore, si può e si deve cercare un nuovo adattamento alla vita, senza la compagnia della persona scomparsa. Si troveranno altre formule esistenziali, nuove abitudini, nuovi piccoli piaceri. Si svilupperà una nuova motivazione che permetterà di dare alla propria vita un senso diverso, altrettanto importante. La persona scomparsa vivrà nella memoria con delicata malinconia, ma senza impedire alla propria vita il suo naturale svolgersi.

4. Usare l'energia emotiva per reinvestirla in nuovi rapporti o attività - Quando si sarà trovato un nuovo spazio nel mondo, l’energia emotiva potrà fluire su altre possibili relazioni d’amore e amicizia, o su attività di lavoro e svago. E’ la fase più difficile per chi resti vedovo o perda un figlio, ma è anche quella che permette di continuare a vivere consapevolmente e con vera motivazione. Nella fase finale del lutto si concretizza una ricomposizione delle parti frantumate e precedentemente sconvolte dal dolore. Le molteplici energie investite nella relazione con la persona o nella situazione non più presente, nel momento in cui avviene il ‘saluto’ e il distacco, possono essere di nuovo investite verso nuove relazioni o nuove esplorazioni.

Quando viviamo un lutto proviamo tutta la gamma delle emozioni tipiche della ‘depressione’. Preciso che è estremamente legittimo provare una profonda depressione in seguito a un lutto. Quando però lo stato depressivo dura oltre i sei mesi lo stato luttuoso assume forme patologiche. Affrontare in modo adeguato un lutto è quindi un’esperienza molto delicata, complessa e importante per la salvaguardia della salute psicologica. Avere difficoltà nel farlo è comprensibile e possibile, e in questi casi può essere di grande aiuto un sostegno psicoterapeutico. Ricordate: non c’è ritrovamento senza smarrimento. Per ritrovarci, come scrive Racamier, dobbiamo prima perderci.

Salvatore Panza


NB. Se avete quesiti da porre all’estensore dell’articolo, psicologo di professione, postate un commento o, se preferite una comunicazione privata, inoltratelo direttamente alla sua casella di posta elettronica: salvatore_panza@virgilio.it (per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it oppure telefonate al 340.23.51.130).

 Redazione (foto dal film Ghost con Demi Moore)

 

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