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29/06/2008

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DIALOGO IN FORESTA UMBRA

Clicca per Ingrandire “Diego… Che ci fai qui!”
“Eilà, Ciro, è proprio la domanda che stavo per rivolgerti.”
“Ma questa è casa mia, te lo sei scordato?”
“E anche casa mia, se permetti!”
“Sì, ma io sono qui perché mi ci hanno spedito… le Altesfere. Tu, invece…”
“Io invece… che!?”
“Tu… invece… fai parte di una squadra che con le mie Altesfere non ha nulla a che spartire.”
“Bella forza, la tua! Però, aspetta un po’ e vedrai che le cose cambieranno da così a così. Manca poco, sai?”
“Le solite minacce inconcludenti…”
“Inconcludenti?! Ma vuoi scherzare, non la senti l’aria che tira?"
“Sì, ed è proprio profumata, rigenerante, salubre… aria di casa mia.”
“Mia, Ciruzzo bello, mia! E poi non mi riferisco al garbino che si sta alzando.”
“Ah, no? E a cosa ti staresti riferendo.”
“All’aria delle Altesfere, come le chiami tu. La tua sta per esaurirsi, mentre la mia…”
“Va là, come crederti!”
“No, eh? Vedrai, vedrai…”
“Sì, mettiti a plagiare pure Luigi Tenco e poi vedi cosa ti combinano.”
“Pure?!? Perché, avrei plagiato qualche altro in vita mia?”
“Beh, plagiato proprio no, ma convinto a seguire la tua linea di condotta, sì.”
“Spiegati meglio, per cortesia!”
“Ehi, non ti alterare, non fare quella faccia… sembri un lupo pronto ad azzannare.”
“Scommetto vorresti che rimanessi tranquillo ad aspettare che mi sbranino. Non lo sai che la miglior difesa è l’attacco?”
“Eccome se lo so: stai facendo di tutto per farmi tornare a una casa che non è la mia!”
“Secondo te, avrei dovuto piegare la testa e farmi calpestare da accuse infondate, e lasciamelo dire: inventate di sana pianta?”
“Infondate… poi! Se non avessero avuto un minimo di fondamento non sarei qui, adesso.”
“Aaaaah, ci fai o ci sei! Tu sei qui perché ti ha mandato - l’hai detto pure tu poco fa - una squadra diversa dalla mia. Se la mia squadra fosse stata la tua, questa insulsa conversazione di certo non la terremmo.”
“Solo per questo sarei qui? E la salvaguardia di questa nostra terra baciata dal Signore…”
“Per favore lascia in pace le autentiche alte sfere, altro che le tue!”
“… allora facciamo baciata… dal cosmico e millenario mistero della natura… ti va bene?”
“Va già un po’ meglio. Continua, però, voglio vedere dove vuoi andare a parare.”
“Dicevo… una pianificazione per tutelare questo territorio che entrambi amiamo, che stiamo calpestando in questo momento in cerca, io so di cosa, tu… non lo so, per proteggere questa vegetazione minacciata continuamente da una serie di elementi negativi; una volontà precisa e… decisa di mettere d’accordo la gente che ci vive, dentro e ai margini, facendole capire che il bene comune è prioritario rispetto al vantaggio personale…”
“Alt, alt, alt! Facciamo un passo indietro: hai detto che sei in cerca di una cosa che sai cos’è, mentre io non la saprei. E… scusa… cosa sarebbe questa cosa che tu sai e io non so?”
“Se mi fai finire il concetto che stavo elaborando, forse riuscirei anche a svelarti cos’è questa cosa che io so e tu… non lo so se la sai.”
“Accidenti, quanto sei complicato! Comunque, continua pure a divertirmi.”
“Stavo dicendo… una pianificazione del territorio, di cui si parla da quando portavo i calzoni corti, pensata e attuata con tutti i crismi, volta alla sopravvivenza di questa riserva, e una volontà decisa venute a mancare, non sono infondatezze. Senza dimenticare le varie ‘criticità’ amministrative e gestionali.”
“A parte che il burocratese non m’è mai piaciuto come lingua, vedo che ti stai allineando, o ti sei già allineato, all’idioma delle Altesfere. Chi va con lo zoppo…”
“Scherza, scherza tu, intanto… posso chiederti, visto che devo rivelarti cosa sto cercando, come hai operato per evitare lo stato di abbandono in cui si trovano l’Oasi e la Laguna? Posso chiederti per quale miracolo, non più tardi di mezzora fa, sono sfuggito a una impallinatura gigante da parte di una banda di bracconieri i cui segugi mi hanno scambiato per una preda da snidare per la bramosia del padrone, e mentre la evitavo, non so come, ho colto con la coda dell’occhio una famiglia di caprioli, dal padre all’ultimo nato, tremanti come foglie d’autunno in cerca di un riparo? Posso chiederti perché nel comando delle guardie forestali, a quattro passi da dove ci troviamo noi adesso, non c’era anima viva…”
“Ovvio, staranno facendo il loro lavoro!”
“Non fare lo gnorri con me, altrimenti il muso da lupo affamato te lo faccio io! I controllori sono tutti in città, non qui, perché tu, e sennò chi, ne ha spostato il comando! Comunque, faccio finta di non aver ascoltato l’interruzione e vado avanti. Posso chiederti dove sono finiti tutti quegli alberi centenari che mio nonno mi portava a vedere da bambino a Valle della Vecchia o a santa Tecla? Non ne ho trovato uno che sia uno. Al loro posto, al contrario, sai cosa c’erano? Delle belle piste nuove di zecca. Sai che colpo all’habitat della zona? E posso chiederti che fine hanno fatto le Dune…”
“Hai finito di pormi domande?”
“No! Visto che ci siamo, voglio fartele tutte, anche se so benissimo che me ne dimenticherò diverse per quanto sono tante: posso chiederti il colpevole ritardo nell’abbattimento degli ecomostri che invece di essere spazzati via continuano a proliferare e l’altrettanto colpevole silenzio-assenso sul degrado dei costoni rocciosi terrazzati, non lontani dal punto in cui ci troviamo, minati dagli abusi edilizi? E infine - forse - posso chiederti il motivo recondito per cui le cittadine della costa stanno perdendo il loro profilo che le ha rese famose nel mondo?”
“Finalmente ti sei fermato e quindi una domanda, adesso, te la pongo io: ma chi cavolo ti credi di essere per sindacare il mio operato, chi sei tu! Non devo mica rendere conto a te delle mie azioni. Lo farò, puoi starne certo, ma non a te, al giurì che mi sta già aspettando! Primo. Secondo: tu, inviato dalle Altesfere, e che pertanto con le Altesfere sei culo e camicia, dove stavi, cosa facevi, che dicevi, come reagivi, come ti comportavi, come ti muovevi con le tue Altesfere, quando io sbraitavo che da solo non ce la facevo, che avevo bisogno di altri uomini e altri mezzi? E poi mi vieni a dire che questa terra è anche tua! Ci sarai nato, ci saranno nati i tuoi vecchi, ma se fosse stata veramente tua avresti fatto il diavolo a quattro per difenderla, ammesso e non concesso che io non abbia saputo farlo anche con quelle poche forze a disposizione! Ma guarda che facciatosta!”
“Sai, le filosofie orientali c’insegnano che con la calma e la pazienza si arriva inevitabilmente a ottenere quanto si vuole. E ora, lo puoi vedere anche tu, sono qua, io sono venuto…”
“Mandato, Ciruzzo, mandato!”
“… venuto a mettere le cose a posto.”
“Ah, sì? La vedremo, però… non mi hai detto cosa stai cercando…”
“Le prove, Dieguzzo mio, le prove!”

Qualche settimana più tardi…

“Ciao.”
“Ciao.”
“Visto?”
“Visto!”
“Chi aveva ragione?”
“Chi aveva ragione?”
“Ecché, mi fai il verso? Mi prendi per il…”
“Buono, sgonfiati, metti dentro quel petto, abbassa la cresta e non credere di aver vinto su tutta la linea.”
“In che senso.”
“Semplice, hai vinto solo la prima battaglia. La guerra devi vincere, la guerra. Puoi vincerne novantanove di battaglie e perdere la guerra con la centesima.”
“Sei diventato anche menagramo?”
“Macché menagramo e menagramo, qua se non facciamo qualcosa… insieme… tu ed io, almeno, figli della stessa terra, questo polmone verde ce lo vedremo scomparire sotto gli occhi.”
“Accidenti, hai imparato bene, e subito, la lezione delle tue Altesfere!”
“Perché, le tue no?”
“Bé sì, anche le mie… Volemose bene… Se pò fà… Lo dici tu, lo riprendo io… che bello! Che soddisfazione… ma… ‘sto rumore… cos’è?!?”
“Potrei immaginarlo.”
“E cioè?”
“E’ il dio della terra, del mare, della flora e della fauna.”
“Ti senti bene?”
“Benissimo.”
“Dai l’impressione di uno che vaneggi.”
“La natura non vaneggia. La natura si difende. La natura… si vendica!”
“Ho capito, ma… ‘sto rumore… da dove viene, chi lo produce.”
“La natura!”
“T’ha fatto male la mia rivincita, ho capito. Non riesci a ingoiare il rospo. Tornartene là da dove t’avevano mandato non ti va giù. E’ così?”
“Magari fosse così!”
“Ma se hai appena avallato che abbiamo raggiunto un particolare feeling fra di noi, che siamo entrati in sintonia come vogliono le nostre due rispettive Altesfere!”
“Eppure…”
“Eppure cosa, perdìo! Lo sai che mi stai spaventando? E questo rumore, poi, che non la vuole smettere, anzi aumenta sempre più...”
“Eppure le nostre due rispettive Altesfere, in questa faccenda che si sta scatenando, non possono nulla.”
“Sai qualcosa, certo, tu sai qualcosa. Che sai, dimmelo, porca matina!”
“Nulla, assolutamente nulla. Una però la so, a pensarci bene.”
“Cosa, maledizione. Parla!”
“Che la natura non vaneggia…”
“… si difende e si vendica, sì, l’hai già detto! Ma vacca boia mi vuoi dire che sta succedendo prima che vada in bestia?”
“Stai già andando in bestia… e anch’io.”

Mentre Ciro pronunciava l’ultima frase, sulla fronte di Diego si erano formate due minuscole protuberanze che continuavano a crescere a ritmo impressionante. Nello stesso tempo le braccia si piegarono in avanti e seguendo la trasformazione delle gambe, si appoggiarono al suolo. Bocca e mento sia allungarono fino a diventare un grazioso cono di carne che sembrava sorridere e lentamente dal posteriore, denudato dai pantaloni che con giacca e camicia si laceravano, spuntò un appendice che gradualmente prese la forma di una codina con un bel fiocchetto in punta. Di fronte a lui, Ciro aveva seguito in parallelo la medesima metamorfosi e si era trasfigurato in un elegante capriolo che, appena le orecchie si allungarono, iniziò a dare segni d’insofferenza. Entrambi annusarono l’aria intorno a loro col musetto rivolto al cielo e dopo un’occhiata verso la sorgente dell’assordante rumore decisero all’unisono di darsela a gambe… oddìo… a zampe.

Ma più loro correvano sfiatando come due antidiluviane locomotive, più il frastuono aumentava miscelando in un’unica lacerante sinfonia scricchiolii di rami spezzati, brontolii di sassi rotolanti, fragore di alberi sradicati dal terreno. Poi, d’improvviso, tutto cessò. L’aria tornò serena, il sole si liberò delle nubi cineree che lo avevano nascosto e il profumo di ciclamini e orchidee prese il naturale sopravvento sul pruriginoso puzzo di polvere mista a bruciato. Col fiato corto, le due graziose bestiole si fermarono, capirono che l’avevano scampata per un pelo e si guardarono negli occhi. La dolcezza dei loro sguardi testimoniava l’annullamento di ogni bruttura dell’indole umana.

(“Lo sai che sei proprio caruccio” bramì Diego.)
(“Anche tu non sei male” bramì a sua volta Ciro.)
(“E adesso, che si fa?”)
(“Tu non lo so… io sì.”)
(“Cosa?”)
(“Scappare!”)
(“Ancora? Perché!”)
(“Ma non li senti?!?”)
(“Chi!”)
(“I bracconieri!... Scappa!!!")

Piero Giannini

 IL GARGANO NUOVO GIUGNO 2008

 

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