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22/02/2014

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I MESSAGGERI DELLA NOSTRA ANIMA

Clicca per Ingrandire Il termine “depressione” indica una sofferenza, ben più grave della comune tristezza, caratterizzata da una profonda afflizione, perdita di interesse in ciò che prima dava soddisfazione, sintomi fisici e disturbi del pensiero. Nella depressione la tristezza permea l’intera persona e viene manifestata anche a livello corporeo con sintomi fisiologici. La persona si sente come vuota e non più capace di gioire, ma anche di arrabbiarsi e quindi di provare qualsiasi emozione e sentimento.

Generalmente durante la depressione l’appetito diminuisce o aumenta e di conseguenza si assiste a un dimagrimento o a un aumento di peso, la stanchezza aumenta, i movimenti si rallentano, gesti e mimiche facciali si impoveriscono e il sonno si fa instabile aumentando o diminuendo eccessivamente. La persona smarrisce inoltre la capacità di pensare, concentrarsi e prendere decisioni, e rimane molto tempo a rimuginare sui propri errori e su cose negative in realtà sopravvalutate e idealizzate.

Tale continuo rimuginare porta a ulteriori sintomi psico-fisici negativi, a sensi di colpa e può trasformarsi in veri e propri deliri di pensiero. La presenza di una sintomatologia così invalidante, ovviamente, compromette significativamente il funzionamento sia sociale sia lavorativo. Cosa si può fare per mandare via questa tristezza?

Paradossalmente, la cosa più importante da fare è 'accogliere questa emozione' perché, se è arrivata, un motivo ci sarà (ricordate che le emozioni sono i “messaggeri dell’anima”). Il passo successivo è capire qual è il messaggio che ci sta inviando il cervello, in altre parole quali sono i cambiamenti necessari da apportare alla nostra esistenza.

Ognuno di noi ha una “missione” nella vita, un talento, una propensione... che lo guidano. A volte, però, ci costringiamo (per vari motivi) a non vivere la vita nel modo in cui dovremmo. Più ci discostiamo da questa missione, più il nostro cervello cerca di farci accorgere dei nostri errori attraverso sintomi quali: insoddisfazione, malessere, disagio generalizzato. Se continuiamo a non ascoltare questi avvisi che manda il cervello, la depressione può rivelarsi l’unica risposta a sua disposizione per spazzare via uno stato di cose non più sostenibile.

La tristezza, quindi, arriva per mettere fra parentesi chi siamo, per mandare in crisi la nostra immagine pubblica, per rompere l'idea che abbiamo di noi stessi: un'idea sbagliata che impedisce ai nostri veri talenti di esprimersi. Portandoci via dai riflettori, costringendoci a momenti di "buio", intende spazzare via tutte le nostre certezze, creando uno spazio interno di vuoto. Solo in questo vuoto, infatti, la nostra vera originalità potrà rinascere e potremo vivere “la vita che fa per noi”. Se incontrate difficoltà nel capire il messaggio che la depressione vuole darvi, non vergognatevi di chiedere aiuto a uno specialista.

La depressione non è visibile come una gamba rotta, ma è altrettanto concreta e dolorosa. Un recente studio attesta che la psicoterapia cognitivo-comportamentale risulta essere efficace come i farmaci antidepressivi nel trattamento della depressione. Lo studio, pubblicato nell'edizione di aprile della rivista Archives of General Psychiatry, ha analizzato 240 persone che soffrivano di vari gradi di depressione. Un gruppo di 60 è stato sottoposto a psicoterapia cognitiva, a un gruppo di 120 sono stati somministrati medicinali antidepressivi e un terzo gruppo ha ricevuto una pillola placebo.

Secondo i ricercatori dell'università della Pennsylvania, i pazienti della terapia cognitiva partecipavano a due sessioni alla settimana della durata di 50 minuti per le prime quattro settimane dello studio. La frequenza si riduceva col tempo arrivando a una sessione a settimana nell'ultimo mese dello studio. Dopo otto settimane di terapia i livelli di risposta ('response rates') erano del 50 percento nel gruppo dei farmaci, 43 nella terapia cognitiva e 25 nel gruppo del placebo.

Dopo sedici settimane di terapia, la risposta sia del gruppo dei medicinali che di quello della terapia arrivava al 58 percento. I "livelli di remissione" erano del 46 percento per i pazienti a cui venivano somministrati medicinali e del 40 per i pazienti del gruppo di "terapia cognitiva". Gli autori dello studio sostengono quindi che la psicoterapia cognitivo-comportamentale risulta essere efficace come i medicinali.

Salvatore Panza


NB. Se avete quesiti da porre all’estensore dell’articolo, psicologo di professione, postate un commento o, se preferite una comunicazione privata, inoltratelo direttamente alla sua casella di posta elettronica: salvatore_panza@virgilio.it (per altre informazioni visitate il sito: www.salvatorepanza.it oppure telefonate al 340.23.51.130).

 Redazione (foto inerboristeria.com)

 

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