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01/12/2013

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PIANA DI CALENELLA… ADDIO

Clicca per Ingrandire Guardatela adesso la piana di Calenella (foto del titolo, in agro di Vico del Gargano; ndr), guardatelo per l'ultima volta questo quadro dipinto da Dio. Libera, priva di cemento. Guardatela prima che due piani di calcestruzzo guardino voi dall'alto in basso, prima che il canale che la segna si trasformi nel Sand Creek della ballata di Fabrizio de Andrè: “... quando il sole alzò la testa tra le spalle della notte c'erano solo cani e fumo e tende capovolte”. Guardatela così com’è ora questa piana dei misteri e dell'archeologia raccontata con fiumi di inchiostro e amore. Filippo Fiorentino: “... si esprime la fusione tra paesaggio naturale e paesaggio umanizzato...” e prima di lui altri: il vichese Giuseppe Del Viscio e Raffaello Battaglia dell'Università di Padova.

Non è pessimismo, è tradizione e traduzione di quanto già avvenuto con gli scempi di San Menaio, della 167 a Vico, delle manomissioni del centro storico... Nella piana di Calenella non è difficile prevedere che dopo il primo intervento arriverà il secondo, e poi il terzo, e via via le diremo addio senza capire come evolverà l'intero comparto di Calenella, segnato e diviso dalla statale 87. Su questa divisione e distinzione il dibattito politico vichese si è sempre espresso contro ogni intervento nella piana. La nuova ballata non avrà l'accompagnamento della chitarra, ma il ritmo dei martelli pneumatici e il rombo degli autocarri-betoniere.

“Bisogna lottizzare - raccontano gli ultimi Unni. - E’ benessere, è sviluppo, è lavoro, non importa se sull'argine del canale”. Non insegnano nulla i fatti e i morti per dissesto ambientale - in Liguria, alle Cinque Terre; in Campania, nei Comuni di Quindici, Sarno, Braciliano, in Puglia a Marina di Ginosa, e in queste ore in Sardegna, a Olbia, che conosciamo bene per aver partecipato come specialista dell'Aeronautica al collaudo e alla omologazione dell'aeroporto di Costa Smeralda. Né riceviamo risposta alle nostre domande: perché costruire opere di attenuazione del rischio, e quindi altro cemento, invece di evitare il rischio? E ancora: può una esigua minoranza numerica appropriarsi di un bene comune come il paesaggio e cementificarlo per interesse privato?

Non ci aspettiamo risposte da questa muta, sorda e complice maggioranza di Consiglio comunale. Non si possono avere risposte da chi ti risponde con un sorriso. Non sanno che il foro boario, Calenella, San Menaio, il Pug approvato in questi giorni, contengono gli stessi rischi della Sardegna. Sarà la Natura, ancora una volta, a reagire e sistemare le cose con alluvioni e distruzione, in attesa delle Autorità di controllo del territorio.

Michele Angelicchio


 Redazione

 

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