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01/06/2013

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NEL NOME DI UNA SPERANZA (1)

Clicca per Ingrandire Mi chiamo Vincenzo, figlio di Roncone Luigi e Vecera Lucrezia, e ho una sorella di nome Lina abitante a Montreal. Sono emigrato nel 1966 in Germania per due anni. Dopo sono venuto a Torino per una visita e ci sono rimasto. Erano gli anni del boom economico, il lavoro non mancava. Mentre oggi... Vi vorrei parlare di un sogno. La prima volta che sentii parlare di Santiago de Compostela fu nel lontano 1985, da un collega di lavoro. Lui e la moglie c'erano stati per due anni di seguito. Ma la terza volta nel 1973 con un collega di lavoro partirono in treno da Torino per Parigi da dove iniziarono il “camino” (cammino), detto “camino Francese”, passando per Bourdeaux, Roncisvalle, Pamplona, Burgos, Leon, Ponferrada, Portomarin, e alla fine Santiago. Non contenti andarono fino a Finisterre.

Mancarono di casa 112 giorni, non li licenziarono dal lavoro perché avevano motivato la loro assenza “per motivi religiosi”. Cosa spinse questi lavoratori e stimati padri di famiglia a quel lungo “camino”? La profonda fede, come era accaduto per i pellegrini che per secoli percorrevano quella strada per andare a pregare nella chiesa di Santiago sulla tomba di San Giacomo. Era uno dei dodici discepoli di Gesù che evangelizzò la Spagna ma, tornato in Palestina, Erode lo fece decapitare. I suoi seguaci lo riportarono in Galizia e lo sotterrarono. Oggi come ieri milioni di pellegrini ogni anno vanno a Santiago per pregare sulla sua tomba. Nel 1989, per l'incontro mondiale della gioventù con Papa Giovanni Paolo II, oltre mezzo milioni di giovani convennero a Santiago.

Da allora i pellegrini a piedi sono aumentati sempre di più. Il 23 ottobre del 1987 il Consiglio d'Europa ha dichiarato il percorso che porta a Santiago un “itinerario culturale europeo”. E nel 1993 l'Unesco lo ha dichiarato “patrimonio dell'umanità”. Quando chiesi (ai colleghi di lavoro; ndr) perché lo avessero fatto mi dissero: “Se lo percorrerai anche tu capirai il perché”. Passati alcuni anni, sentivo dentro di me il richiamo del “camino”, ma non potevo andare, non potevo perdere troppi giorni di lavoro. Ho sempre rimandato ma, da quando sono andato in pensione, non posso più rimandare. Da alcuni anni mi preparo per affrontare il “camino”.

Un mese fa volevo fare l'ultimo test per vedere se ero in grado di affrontare il lungo percorso. Partii da Ivrea con il mio amico Giovanni che veniva da Aosta per arrivare a Roma percorrendo la via Francigena. Ma il tempo non è stato clemente, mai vista tanta acqua: su otto giorni di cammino sei sono stati di pioggia. Abbiamo attraversato le risaie da Santià a Pavia con il Ticino che allagava grossi tratti di territorio. Siamo stati costretti a guadare scalzi alcuni tratti allagati. E il 7 di maggio il mio ultimo giorno di “camino”, arrivato all'abazia di Chiaravalle il mio ginocchio si è gonfiato e non riuscivo a camminare. Per arrivare a Fidenza ho sofferto parecchio, ma Giovanni mi ha aiutato e, appoggiato a lui, sono arrivato faticosamente all'ostello.

Il giorno dopo sono tornato a casa. Ho trovato per fortuna il professor Leoni, specialista in medicina dello sport e articolazioni, che in un mese mi ha rimesso il ginocchio a posto. E il 5 di giugno in aereo partirò da Malpensa per Bordeaux e in treno raggiungerò S.J.D.P. (Saint Jean De Port; ndr) dove il giorno 6 di giugno inizierà il mio cammino per Santiago sulla via che milioni di pellegrini hanno percorso prima di me nei secoli passati. Di questo mio “camino” con la collaborazione di Teresa Maria Rauzino vorrei regalare al mio paese, Peschici, il resoconto delle mie giornate con alcune foto di chiese, monasteri e paesaggi che incontrerò lungo il percorso affinché venga pubblicato su un vostro giornale locale. Spero di fare cosa gradita. Un saluto a voi tutti.

Vincenzo R.


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  Commenti dei Lettori:

-- 05/06/2013 -- 07:18:57 -- Paolo

certo, Vincenzo, fai cosa graditissima! Se i pellegrini del Mondo iniziassero a conoscere Kalena, le cappe degli egoismi, dei menefreghismi, delle ipocrisie, degli oblii, inizierebbero forse a diradarsi.

 
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