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10/05/2013

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I PROBLEMI DI VICO SULLA FACCIATA DI SAN DOMENICO

Clicca per Ingrandire Chi decide di fare vita “pubblica”, chi scende nella piazza “pubblica” deve, per reciprocità, accettare quello che l'opinione pubblica gli rimanda. Il comportamento, le azioni, le decisioni di singoli, o insieme, sono legati strettamente, fusi insieme coi problemi del paese e osservati dai cittadini che hanno il dovere di giudicarli. Il falso tema, il falso moralismo di tenere separati i guai del paese dal comportamento dei singoli “pubblici” è da sempre il tipico mezzuccio di pulire la propria casa nascondendo la monnezza sotto il tappeto buono.

Separare i problemi del paese da chi ha fatto, e continua a fare, carriera pubblica attraverso il voto di scambio per bisogno, privatizzando di fatto l'azione amministrativa, è come voler parlare di acqua separando l'idrogeno dall'ossigeno. A Napoli, capitale mondiale della filosofia, direbbero: “Accà nisciun è fess”. La condizione attuale di Vico del Gargano, i suoi ritardi, i suoi guai, il suo pantano, l'immobilismo cronico, sono figli di quel personale politico, di quei comportamenti “pubblici” che il volto del novello utile idiota non riuscirà a farci dimenticare.

Per sgravare e ripulire i problemi di Vico bisogna prima di tutto fare un bel repulisti di questo personale “pubblico” che “campa” a buon mercato, alimentando stormi di clienti e liberando il voto. Il peso di questi comportamenti è il “primo problema” del paese. L'elenco degli “altri problemi” è uguale da quarant’anni, sempre lo stesso, è scritto sulle facciate dei palazzi di San Domenico, si recita a memoria. E, nonostante il tempo, l'opinione pubblica continua pazientemente a sopportare ogni oltraggio, ogni angheria delle proprie scelte, del proprio voto.

Prima dei litigi personali, quelli familiari, quelli di spartizione, quelli di sconfinamenti, quelli di campare di vita pubblica, viene il rispetto del voto e dei segnali inviati dalla pubblica opinione. L'offesa è l'oltraggio al voto, non nell'appello “pubblico” di Amicarelli rivolto alle forze politiche di Vico di salvare la consiliatura e mettersi a lavorare per il paese. L'offesa è nel comportamento dei magnifici sette, e altri, che si sono defilati dal chiarire le ragioni della loro guerra nell'unica sede istituzionale: il Consiglio comunale.

Non si trascina una popolazione a nuove elezioni perché è saltato il piatto, né per incompatibilità parentale. Oggi, in piena campagna elettorale, è troppo comodo buttarla “in programmi” senza tagliare il cancro di un paese e, soprattutto, coccolando l'incubatore e il lievito delle cellule malate. Amicarelli ha fatto bene a mandarli a casa. Ora sarà il voto dei cittadini a ratificare questa pulizia.

Michele Angelicchio

 Redazione

 

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