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16/04/2013

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VICO: IL PENTAGRAMMA È VUOTO

Clicca per Ingrandire A una settimana dalla presentazione delle liste per le amministrative di maggio nessuno parla, nessuno canta. Il pentagramma è vuoto, nessun accordo segnato, la notte sovrasta l'alba. Il cuore di un paese, la sua identità culturale, economica, di vita sociale, si costruisce gradualmente e faticosamente scegliendo il meglio della comunità e questa si assume la responsabilità di fare scelte coraggiose, se necessario anche dure, impopolari, strategiche, generali.

Gli ‘amministratori’ sono coloro che, per capacità, disponibilità, coraggio, visione lungimirante, segnano il percorso, e lottano, e spiegano che movimento, avanzamento, trasformazioni delle situazioni ferme, stagnanti, immobili, richiedono volontà, responsabilità e condivisione collettiva. Quello che continua a mancare è il senso collettivo, sostituito da un maleodorante surrogato di democrazia che si chiama ammucchiata e inciucio. Buono solo a sommare voti, i più disparati e disperati, al solo scopo di totalizzare il peggio e ingrossare le fila dei clienti a buon mercato attraverso la costruzione di maggioranze farlocche.

Le prime vittime di questi inciuci sono proprio quei settori produttivi del paese i quali, oltre a sopportare il peso dell'immobilismo e della pochezza politica, devono pagare il costo delle clientele. E' da tempo, ormai, che Vico del Gargano aspetta una ‘scossa’ per dimenticare le amministrazioni delle tre effe: acronimo di feste, farina e funerali. Non citiamo la forca perché sa tanto di ancien regime. Da tempo Vico aspetta un voto sano e responsabile che produca politica e buona politica. La risposta, a oggi, ancora non c'è. Da un lato la sommatoria di interessi e clienti, dall'altro un aggregato goliardico antisistema, in mezzo il paese che aspetta di essere ‘governato’.

Forse è arrivato il momento di inventare qualcosa di nuovo, di mettere il futuro di questo sfortunato paese nelle mani di chi capisce lo spartito e lo sa interpretare. Di fare piazza pulita dei tanti e noti pupari che si servono del volto e delle mani degli altri per amministrare affari propri. Di smantellare il residuo di apparati personali, camuffati da partiti vecchi e logori, che hanno perso ogni contatto con la società e incapaci di guardare lontano.

L'affanno di questa vigilia elettorale è tutto concentrato sul pallottoliere del voto. Per fare cosa? Nemmeno una sillaba è uscita sul futuro di questo paese. Non meraviglia, né ci scandalizziamo più. Per l'ennesima volta, questo passa il convento. Barbara Spinelli, in “Il Sonno della memoria”, racconta il divario fra meditazioni sul passato e prassi. Fra invito dei politici a ricordare e incapacità di agire. Questo è il confronto che si dovrebbe aprire per chiedere il voto. Ma noi siamo di Vico, ahinoi!

Michele Angelicchio

 Redazione

 

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