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22/03/2013

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CALENA, ABAZIA PRIGIONIERA

Clicca per Ingrandire Ho accolto con piacere, il 15 marzo scorso, l’invito del professor Antonio De Grandis, presidente del Rotary Club sezione Gargano Nord, a partecipare a un incontro su una tematica che seguo da tempo: “Luoghi del cuore e Attrattori culturali del Gargano”. Un luogo del cuore caro al Centro Studi Martella, che ho l’onore di presiedere, é Santa Maria di Kàlena, un’abbazia fra le più antiche del Gargano (872 d.C), sita in agro di Peschici. E’ dal lontano 1997 che ce ne occupiamo e le speranze di salvarla si sono alternate spesso alla delusione per la mancata risoluzione del caso.

In tutti questi anni, come Centro Studi Martella, abbiamo indicato in tutte le sedi istituzionali possibili, oltre che in vari convegni, la valenza di questo prezioso monumento con innumerevoli articoli sul web e vari giornali nazionali e regionali. Per salvare il complesso architettonico dal degrado e dall’indifferenza, abbiamo pubblicato, col supporto di storici dell’arte e studiosi di livello nazionale, tre libri: il primo il 1999 (“Chiesa e religiosità popolare a Peschici”), il secondo il 2003 edito dal Parco nazionale del Gargano (“Salviamo Kalena. Un’agonia di pietra”) e il terzo il 2008 (“Chiesa e religiosità popolare a Peschici. Itinerari del Parco letterario san Michele Arcangelo-Gargano segreto”).

Kalena è un monumento segnalato, dall’inizio del Novecento, da storici dell’arte importanti come Emile Bertaux. Un monumento regolarmente inserito dal Ministero dei Beni culturali nell’elenco dei “luoghi d’interesse” fin dal 1917, riconosciuto come monumento nazionale negli anni Cinquanta ma, nota dolente, lasciato impunemente “franare” sotto il vento e sotto la pioggia. Anni di indifferenza e noncuranza, non soltanto da parte di chi detiene il “possesso” di questi immobili, ma anche da parte della Sovrintendenza che è tenuta a vigilare alla loro tutela. Una sorte che accomuna l’abbazia di Kàlena, in agro di Peschici, a tanti monumenti “sgarrupati” del Mezzogiorno.

Per chi non conosce la sua millenaria storia, ricordiamo che è un luogo-simbolo importante. Non soltanto per l’identità di Peschici e del Gargano, ma del Sud Italia. Nel momento di punta del suo splendore, Kàlena ebbe privilegi da papi e imperatori. Ebbe potere su estesi territori che giungevano fino a Molfetta, Campomarino e Canne; numerose chiese sparse in tutto il Gargano, un monastero potente come la Santissima Trinità di Monte Sacro (Mattinata), il Lago di Varano e i “castra” fortificati di Peschici, Imbuti e Monte Negro. Oggi è ancora visibile il glorioso stemma dei Canonici Lateranensi sul portale murato esterno ormai quasi sepolto dai detriti alluvionali che hanno deformato il fondo della piana assolata e calcificata, interrando metà del muro di cinta dell’abbazia. La chiesa antica è divisa in due fatiscenti garage-magazzini, quella “nuova”, costruita dagli architetti che tornavano in Francia dalla lontana Terrasanta, è scoperchiata dal lontano 1943. Ci piove dentro da 70 anni, ormai.

Le leggi di tutela sono sempre esistite fin dal periodo borbonico. Lo “spirito” dell’attuale Codice del paesaggio e dei beni culturali preserva ancora di più il naturale diritto del monumento-Kàlena a esistere. “Nonostante” la proprietà, riconosce i diritti di una comunità, come quella di Peschici, espropriata di un suo diritto “naturale”: la fruizione del suo bene culturale e religioso più importante. Un grido muto, quello della comunità di Peschici, rimasto per lungo tempo in gola, inascoltato da chi era tenuto a percepirlo. Ora qualcosa è cambiato. Il grido è uscito fuori con forza, è volato alto, è stato ascoltato dalle Istituzioni religiose, comunali, provinciali, regionali e nazionali, oltre che da turisti, semplici cittadini, storici dell’arte e nostalgici amanti del patrimonio vilipeso del Gargano, che hanno costantemente testimoniato la loro volontà, gridando: “Salviamo Kàlena!” con migliaia di e-mail e firme.

Oggi non siamo più soltanto noi, insieme all’arcivescovo D’Ambrosio e ai tanti cittadini che vogliono salvare l’abbazia, gli utopici “visionari” che sognano Kàlena restituita alla sua bellezza. E pretendiamo che il sogno diventi realtà: liberiamo l'abbazia prigioniera!

Teresa Maria Rauzino




 Redazione

 

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  Commenti dei Lettori:

-- 24/03/2013 -- 19:55:28 -- Paolo

Sì, Teresa, dobbiamo liberarla. Tutti insieme! Perché è di tutti.

 
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