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16/01/2013

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LA LEGGENDA DELLO SCAPOLARE
Clicca per Ingrandire Lo ‘scapolare’, altrimenti chiamato ‘pazienza’, è quel paramento sacro che nell'alveo dell'identità cristiana, contraddistingue l'uomo secolarizzato dall'uomo ‘conservato’, ambito nel quale il ‘signum’ è espressione traslata del linguaggio divino dettato dall'alto nei secoli, dagli albori del cristianesimo ai nostri giorni. Non delude l'immagine dell'uomo scalzo che mostrando un cingolo di stoffa introduce nel mondo, percorrendo tortuose e aspre vie, l'idea del trascendente, del sacrificio umano e dell'estasi.

Un'estasi impropria, se intendiamo la capacità di contemplare la miseria umana piuttosto che la gloria divina, estasi inculturata dal ‘potere’ dello scapolare. Prodigioso per sua origine soprannaturale, capace di tenere l'animo di chi lo indossa imprigionato e custodito in se stesso, nell'amore verso Dio e protetto dagli attacchi del male. Una vera e propria ‘armatura’, se si pensa che in tempo di guerra era l'unico modo per affrontare la battaglia spirituale, difendendo il fedele dal suo interno.

Narra la leggenda: “Nei viottoli medievali che lambiscono il Volturno si intratteneva un gagliardo giovanotto. Per caso rinvenne uno strano paramento simile a uno di quei merletti che si ritrovano nei cortei processionali, che gli sguardi curiosi incrociano mentre seguono il labiale di Rogazioni dall'andamento cantilenante. Sì, doveva essere una cosa del genere... Lo indossò per vedere l'effetto che faceva, ma senza accorgersene lo mise al rovescio: il lato più lungo avanti e dietro lasciò cadere la cordicella più corta, intrecciata.

“Quale significato avesse, in fondo lo ignorava, ma per scherzo e per smorzare la monotonia delle sue giornate scimmiottò un ideale incamminandosi per l'affluente maggiore, quello che l'avrebbe portato a vedere il mare. Passando di là sapeva che avrebbe incontrato meno viaggiatori, ma in compenso poteva godere di un magnifico paesaggio. D'un tratto, mentre esibiva l'ilare fischiettìo, s'imbatté in un tale che, per ironia della sorte, indossava con disinvolta armonia quella strana ‘scolla’, identica alla sua.

“L'uomo, più piccolo di statura, ma dagli occhi vispi e grandi, lo accolse tra le sua braccia accennando a un bacio, che tuttavia sapeva di commiato. Non appena scorse lo stupore disatteso del fratello viandante, gli chiese come mai fosse rimasto senza parole. Il giovane, neanche più tanto gagliardo, si fece coraggio e chiese cosa rappresentasse quel segno che portavano al collo. Meravigliato ma senza presunzione, il piccolo uomo disse: ‘L'hé lo Scapolare, il segno dell'amore di Dio per noi e del nostro per Sua madre’. – ‘La madre di chi?’ osò confuso il giovane. – ‘L'hé la mamma di tutti gli uomini! Vieni fratello, vien che te la presento’.

“Giunti al vicino convento, furono accolti con feste e con canti. Ignaro di tutto, il gagliardo giovane rimase con loro, e passarono i giorni, le settimane, e passarono gli anni. Lo scapolare per caso rinvenuto aveva ritrovato lui, anzi lo stava solo aspettando. Fu così che come per miracolo, su una strada che neppure conosceva, trovò se stesso, una casa, una famiglia, una madre e il suo Dio. Nell'epigrafe si legge:

“Questa la leggenda dello scapolare. Se per caso ne trovaste uno, vi prego, indossatelo, e se poi di fronte a un bivio, vi pervadesse il dubbio, non abbiate timore di imboccare la strada più lunga, godrete di una bella vista e sul vostro cammino vi sarà sempre un fratello che vi riconoscerà e vi condurrà a casa. Là troverete fratelli, sorelle, una madre, un padre. Non mancate all'appuntamento con voi stessi e il vostro Dio”.
Maria Mattea Biscotti

 Redazione
 

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