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01/12/2012

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“VENTI DI GRECALE”: Il piccolo Paolo cresce. Povertą e cure… mediche - 5° cap. (4)

Clicca per Ingrandire Paolo mio continua a crescere; bene, mi pare! E poi sono contenta del rapporto intenso, continuo, che vive con Papą Paolo. Papą lo circonda di attenzioni; e gli fa avvertire continua la sua presenza. Paolo ha compiuto a marzo cinque anni. Ora cammina perfettamente; corre, e gioca correndo. Si veste e si sveste da solo. Articola discorsi del tutto comprensibili, spesso impegnativi: sono pieni di ‘perché’, ‘come’, ‘quando’. Gli piace pasticciare sgorbi con la matita, su pezzi di carta, quando li trova; o direttamente sul tavolo della cucina, quando non li trova. Gli piace stare con la gente. Angela lo porta con sé alle adunanze dei Giovani dell’Azione Cattolica al Purgatorio. “Si siede sui banchi del corale, e ascolta attento. E parla, scambia con quelli che ha a lato. E canta, quando cantano gli altri.” Papą, quando torna a casa, lo va subito a cercare. E qualche volta improvvisa una sorpresa a casa, proprio per vederlo. Lo trova spesso in cucina, al tavolo ovale, inginocchiato su una sedia, a scarabocchiare sgorbi.

«Pallėpą! Včinė akkuą, ke mo tė mańė» gli dice, mostrandosi all’improvviso, e proiettandosi verso di lui.

Paolo sta al gioco: scende dalla sedia, e gli sfugge, iniziando a correre intorno al tavolo; e Papą caracolla dietro di lui, senza nessuna speranza di prenderlo; e allora si volta all’improvviso, e cambia direzione; Paolo fa uno strillo, e cambia direzione pure lui. E cosģ una volta, due volte, tante volte. Finché Paolo decide di farsi prendere; e Papą lo prende sotto le ascelle, lo solleva, lo mette orizzontale sul tavolo, gli affonda il volto sulla pancia, scrollandolo, continuando a minacciare «Pallėpą! Mo tė mańė!» e Paolo ride, ride, ride. A tavola, poi, Papą e Paolo si comportano come due compari. Paolo adesso mangia a tavola con noi alla destra di Papą, il quale molto spesso lo imbocca, porgendogli i bocconi migliori; e gli versa nel bicchiere un tantinello di vino; mentre io osservo la cosa, molto perplessa.

«Bėjanġł, jč u včinė du Rėnazzė!» si giustifica Papą; e rivolto a Paolo: «Pallėpą, akkąumė jč u včinė? Jč bbąunė?»
«Jč bbąunė! Jč bbąunė» lo rassicura Paolo, facendo schioccare il palato.

La sera, prima di andare a dormire, davanti al camino Papą e Paolo si raccontano - e ci raccontano - le storie: quelle che preferiscono sono “La storia del chicco di grano” - il chicco, triste dopo mietitura e trebbiatura, č di nuovo felice al germogliare della nuova pianticella - e “La lepre e la tartaruga”. Alla fine della storia nonno e nipotino ripetono sempre in coro, ridendo, e portando uno la mano dinanzi la bocca dell’altro, come a volerlo tacitare, l’insegnamento della tartaruga: «Na’ bbastė a fujģ, nan g’ą perdė tembė!»

Paolo č diventato amico di Robert. Quando dal balcone vede Robert che arriva all’osteria di «zė Rokkė», gli fa: “Robert, au a ił”. E Robert di rimando: “Pallėpą, tu venire?” E Paolo scende. E Robert e Paolo parlano; e Robert regala a Paolo caramelle di cioccolato; e Paolo canta “Lu vi, lu vģ”; e insieme cantano, anche con tutti gli amici di Robert, “Lu vi, lu vģ”. E Robert lo prende a cavalcioni sulle ginocchia, gli offre i due pollici, che Paolo afferra con le sue manine come fossero briglie e, sollevando e riabbassando le punte dei piedi, gli fa fare il movimento del cavallo, mentre tutti e due urlano: “Hop! Hop! Hop!” Robert in America ha un bambino pił o meno dell’etą di Paolo.

Ancora una volta ci č capitato di vivere momenti di ansia per Paolo. Accade che, mentre sto sfilandogli il golfino dalla testa - lui sta con le braccine alzate - prende improvvisamente a piangere, a urlare: «Oi ma’, l’okkjė, oi ma’ l’okkjė, mė dąulė! Ma’, nan gė vąikė!» Io mi terrorizzo; cerco di capire e, guardando, vedo una spilla da balia aperta - č servita per chiudere il colletto del golfino - vicino a un occhio di Paolo. Mi terrorizzo ancora di pił; e mi irrigidisco: divento di pietra! Mentre Paolo continua a piangere, e a urlare! Accorrono spaventati Papą e Mammą Mariuccia: vedono me impietrita bianca di terrore; Paolo, che cerca di districarsi nel golfino. Mammą osserva la situazione e dice tranquilla: «Pallėpą! Mo facčimė; kėjanė kėjanė!» La vedo armeggiare con il golfino e con la spilla; libera Paolo dal golfino; Paolo guarda il Nonno, si acquieta, gli sorride, e dice «Nonnņ!» Ci vede bene dunque! Paolo ha un piccolo graffio su una palpebra. «Pė stu fattė putčimė kjamą pņurė a Bėjasčinė» sospira Papą tranquillizzato.

* * * * *

La povertą estrema di questo periodo non gioca certo a favore della consapevolezza del valore dell’igiene, gią piuttosto latente a Peschici. E il livello della cultura sanitaria appare paragonabile al livello della cultura dell’igiene. La figura del medico non gode di grande fiducia. Quella del farmacista poi, che prepara sciroppi e medicine, desta in molti pił di un sospetto. E Biasino e zio Luigi lo sanno benissimo.

“Hanno molta pił fiducia nell’esperienza di mammą, e ancor pił in quella di nonnņ - riconosce Biasino. - Con mammą e nonnņ poi possono pure lamentarsi, e farsi coccolare! Io, per farmi sopportare, cerco di copiare i comportamenti delle nonne. La gente deve sentirmi amico, parente. Giro sempre per il paese, per mostrargli che ci sono; perché i paesani mi sentano pił vicino. Mi vesto di bianco, perché mi riconoscano pił facilmente, anche da lontano, anche al buio. D’altra parte, quando vengono da me, io che gli faccio? Gli dico di stare a letto … e non lo fanno … gli dico di prendere olio di ricino, o sulfamidici. E poi cerco di tranquillizzarli. E gli dico di lavarsi. D’altra parte contadini, pastori e pescatori hanno sempre vissuto senza medico o farmacista a portata di mano. Sapessi come curano le nonne! Con erbe, spezie, talvolta con cenere, urina, animaletti addirittura! Mal di denti? Qualche chicco di sale grosso sul dente! Il male persiste? Ci pensa Matteo il Fabbro a tirare il dente! Mal d’orecchi? Per i bimbi gocce del latte materno nell’orecchio! Per i meno bimbi, olio tiepido o cera nell’orecchio! Mal di testa? Niente: passa! Raffreddore? Bronchite? Indumenti di lana e sabbia in un sacchetto, belli caldi sul torace! E un infuso: di camomilla, di carrube, e acqua! Buono, questo! Scottatura? Ustione? Olio sulla parte! O urina! Slogature? Una fetta di pane arrostito con un po’ d’erba murana sulla parte! Sbucciatura? Ferita da taglio? Un pezzo di corteccia d’albero pressato sulla parte! Ci puņ essere anche un effetto positivo con queste cure. Ma l’igiene! La mancanza d’igiene peggiora tante volte le situazioni. Hai visto il funerale bianco di ieri?”
“Sģ, il funerale di Geppino! Povero bambino! Neanche due anni aveva! La bara bianca, cosparsa di fiori! E la mamma, con il fazzoletto bianco a coprirle i capelli! E i confetti bianchi distribuiti ai bambini, che facevano ala al corteo!”
“Sģ, Geppino! Geppino č stato ucciso da una malattia, che si chiama «fėtėnzčjė».”
“Sudiciume, dici?”
“Sģ sģ, sudiciume.”

Eh sģ, le morti della guerra non sono le uniche morti. Due morti hanno destato, sopra tutte, grande emozione nella gente di Peschici: quella di Donna Filomena, la moglie di Biasino, e quella di Francesco il Fornaio. Li conoscevano tutti. Donna Filomena ci ha lasciato quest’anno. Non era anziana. Un’infezione galoppante, che non č stato possibile arrestare. Biasino ne č rimasto sconvolto. Non lo vediamo pił sulla terrazza, a guardare verso il sole all’ora del tramonto. E pure il carisma di Biasino ne ha in qualche modo sofferto. «U medėkė! Manġė ‘a mėġġjerė sapė kurą!»

Francesco il Fornaio č morto, poverino, nel suo regno, il suo forno, una mattina d’inverno, dopo una notte fredda come non mai. Francesco non aveva fatto il solito giro per allertare i clienti, quei pochi che ancora teneva! “Si sono preoccupati - racconta Biasino, - lo hanno cercato dappertutto. Poi qualcuno ha notato la bandana bianca che spuntava dal bordo inferiore dello sportello appena accostato della camera di cottura del forno; qualcuno ha tolto lo sportello: dalla camera di cottura, ancora ben calda, sono usciti uno sbuffo di fumo e un odore leggero di carne bruciata. Francesco era lģ nella camera sdraiato sul piano di cottura, tutto rannicchiato, con la maglietta, le mutande e la bandana annerite, con la pelle arrossata, con qualche crosta qua e lą, con i baffi e i capelli bruciacchiati qua e lą morto.”

«Amma pėnzatė pņurė a nu mucģdėjė» racconta il Brigadiere, «ma va vąaa, nan gė stevėnė seńė: na’ ttėnąivė nėmčicė, e manġė debbėtė, n’ gė stevėnė muvėmčndė, nendė, proprėjė nendė. Ą fattė tuttė jissė. Tandė dąujė so’ i kąusė: o l’ą fattė appņstė - ma tė parė a te ke Frangģskė c’accėdąivė? - o ą persė i senzė proprėjė allą e nan gė nė jč ‘ddunątė. Jissė jąivė spissė jind’u furnė pė luą a cenėrė, kė nu skupėttąunė e na pezza mbossė. E kjudąivė u spurtčllė pė na’ fą ješšė u kavėdė. E jind’u furnė kė jissė cė stevėnė nu skupėttąunė e na pezzė.»

Il funerale di Francesco avviene con Peschici coperta - cosa davvero insolita: non capita da anni! - da una coltre di neve: il manto bianco ha coperto tutto indistintamente: i tetti, i camini, le stradine, le pinete, gli oliveti, i vigneti, gli agrumeti, le spiagge.

«L’ą fa friddė a Frangģskė, a jissė ‘i faciąivė sembė friddė.»

Il pane ha preso a farlo il fratello di Francesco; i figli di Francesco ancora piccoli lo aiutano. Nello stesso periodo si č parlato anche di un altro Francesco: Francesco, il figlio di Antonio il Cavallo, e Annuccia, la figlia di Angelantonio, hanno fatto la fuga d’amore: senza rapimenti, di comune accordo. Sia Antonio che Angelantonio erano contrari alla loro unione; perché Francesco non pare abbia molta voglia di lavorare. «Cė nė so’ ffėjņutė » dice la gente tranquillamente. Dopo una quindicina di giorni i due sono tornati a casa di Antonio, mentre c’era Santina sola; e Santina dopo la ramanzina di rito li ha perdonati; anche perché non vedeva l’ora - lei con cinque uomini in famiglia con cui avere a che fare - di avere in famiglia un’altra donna. Santina poi li ha aiutati a farsi perdonare anche da Antonio, da Nunziatina e da Angelantonio. Due mesi dopo Francesco e Annuccia si sono sposati; al Purgatorio, non sull’altare ma nella sacrestia.

« Akkąumė c’ą fą kuąnnė kapėtėnė sti fattė» mi spiega Angela.

Dopo la cerimonia, gli sposi sono andati immediatamente al Renazzo; e lģ sono rimasti per otto giorni chiusi nella casetta, senza avere nessun contatto con l’esterno. Passato questo periodo, gli sposi sono tornati al Purgatorio a seguire la messa: Annuccia era vestita, non di bianco, come le spose, ma di nero. «Pė fą vėdč ke vņunė kapģššė ke ą fattė pukkątė e cė pendė. Po cė nė vannė o’ Rėnazzė pė na fėstėzząulė ki parčndė e i kumbąńė e po tuttė tornė akkąum’a prčimė.»


(4.5 cont.)


NB1. Per seguire meglio la narrazione, elenchiamo i link delle puntate precedenti relativi ai capitoli del romanzo gią pubblicati (coi titoli originali) e da pubblicare.

Cap.1 - Rifugio a Peschici - Gino e io. Italia in guerra. Gargano. Arrivo a Peschici. (18.06.1940)
(1) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5363
(2) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5369
(3) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5410
(4) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5435

CAP. 2 - La Famiglia - La casa. La famiglia. La giornata. Primi incontri. (23.06.1940)
(1) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5487
(2) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5523
(3) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5559
(4) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5628
(5) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5656

CAP. 3 - Il Paese - Peschici. Guerra in Africa. Gino prigioniero. (21.04.1941)
(1) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5709
(2) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5734
(3) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5751
(4) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5779
(5) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5811

CAP. 4 - Echi di guerra - Guerra in Italia. Gino in India. Ciclo delle stagioni. Brani di vita. (29.09.1943)
(1) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5851
(2) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5882
(3) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5919
(4) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5962
(5) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=5992

CAP. 5 - Echi di caos - Caos in Italia. Gino sull’Himalaya. Brani di vita. (29.06.45)
(1) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=6017
(2) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=6054
(3) http://www.puntodistella.it/news.asp?id=6079

CAP. 6 - Ritorni

CAP. 7 – Tra le stelle


NB2. Si puņ facilitare la lettura dei periodi idiomatici tenendo a portata di mano la tabella dell’Alfabeto Peschiciano scaricabile da www.puntodistella.it/public/file/periodici/alfabeto_pds.doc

 Redazione

 

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  Commenti dei Lettori:

-- 01/12/2012 -- 09:08:42 -- vincenzo

Bello spaccato! Gustose scene! Interessanti note! Il tutto, ormai, non ha sorpreso il lettore, ormai abituato alla penna di Paolo!

 
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