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27/10/2012

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“IL SOGNO POSSIBILE”

Clicca per Ingrandire Suona il campanello. Dice una sola parola: gas. Il tipo indossa una tuta blu targata Eni. E’ magro. Talmente magro che è addirittura trasparente. La curiosità mi spinge ad attaccare discorso.

- Lei è etereo come il gas.

Ovvio - risponde - sono un fantasma.

- Un fantasma?

Cos’altro potrei essere? Sono morto da cinquant’anni in corpore. L’anima invece non riesco a trattenerla al suo posto! E’ più forte di me!

- E continua a lavorare?

E’ un incarico virtuale. Me l’hanno offerto per pura riconoscenza, considerando che la parte migliore della mia vita l’ho dedicata proprio all’Eni.

- Da controllore del gas?

No, da presidente.

(Un sussulto)

- Ma… lei è Enrico Mattei!

Per l’appunto…

- Lei non sa quanto Le vogliamo bene, noi viestani. E quanto Le siamo riconoscenti. Mi conceda solo qualche minuto, qualche pensiero.

D’accordo, ma sbrighiamoci.

- Presidente, i viestani la considerano un grande amico…

L'emozione che ho provato entrando nella Baia di Pugnochiuso mi fece quasi dimenticare tutto quello che avevo visto nelle mie precedenti navigazioni. Il mare azzurro di Vieste, immobile come un lago, le colline sovrastanti la costa garganica tinte di rosa dai primi raggi del sole, le insenature dorate dal tramonto, le grotte marine e le calette accessibili solo via mare, e molti personaggi, mi hanno felicemente ammaliato. Ora, se ve li volessi descrivere, dovrei lavorare più d'immaginazione che di memoria.

- E’ da un sentimento, da una emozione che è scaturita la decisone di costruire l’Hotel Faro a Pugnochiuso?

La bellezza, la passione muovono il mondo. Quando si boccheggia, loro sono le ancore di salvezza.

- Ma c’era la consapevolezza dell’opportunità che veniva data al nostro territorio?

E’ stata la nostra missione: abbiamo contribuito a trasformare un Paese contadino in un Paese avanzato… saper immaginare il futuro, la nostra sfida.

- Quell’opportunità, Presidente, ha portato a Vieste 300 aziende di soggiorno, migliaia di esercizi commerciali. Quasi 50 milioni di turisti che vi hanno soggiornato per più di 160 milioni di notti. Già l 1987 il Comune di Vieste, a seguito dell’iniziativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri, fu inserito fra i “100 Comuni della Piccola Grande Italia” protagonisti dello sviluppo economico fondato sul sistema della piccola e media impresa. Un miracolo?

Certamente la lampante dimostrazione che quando al martoriato Meridione si danno concrete opportunità dall’indolenza della controra è più facile passare alla concretezza dei fatti. Possiamo ritenerci quasi soddisfatti. Alcuni, per la verità, anche se sottovoce, mi davano del visionario…

- Presidente, perché quel “quasi” soddisfatti….

Vede, l’essere umano è un animale comunque progressivo. La vera partita, poi, si gioca sul concetto di sviluppo.

- La seguiamo

Vieste è progredita, ha 300 aziende ma ora, coi proventi di quelle aziende, che fa? La risposta a questa domanda è lo sviluppo.

- Vuol dirci che dopo 50 anni tarda a sbocciare un’economia?

Ha mai fatto un trasloco? Passare da una economia contadina (neanche da agricoltori) a una da imprenditori, per giunta senza una borghesia che la guidasse, è chiaro che crea scompenso. Riesaminare questa Vieste può essere una buona occasione per conoscere se stessi. Sia chiaro, tutto ciò non giustifica del tutto, diciamo che ci sono dei ritardi e delle responsabilità sulla tabella di marcia.

- Imputabili a chi?

In primis a chi ha avuto la fortuna di andare a scuola. I ‘professionisti’ sono scomparsi dalla storia di Vieste, pretendono di non farne parte. Chi, se non loro, ha il compito di guidare lo sviluppo.

- Presidente, allora giustifica questo caos con la totale assenza di cultura delle regole?

No, assolutamente. Capisco il pericolo di un’implosione. Capisco i processi generazionali, ma faccio fatica a comprendere la mancanza del principio di responsabilità e di onestà intellettuale. Nel turismo, più che in ogni altro settore economico, il tema cruciale che hanno di fronte oggi i viestani non è quello di porre limiti allo sviluppo, ma di far crescere la consapevolezza che vi è un limite, oltrepassato il quale ogni possibilità di sviluppo è irrimediabilmente compromessa.

- Quando tutti vanno alla velocità del suono, Vieste sembra che cavalchi ancora un mulo?

Avete già perso tanto tempo. E lo dico anche a voi che fate comunicazione ma non avete percepito bene cosa significhi la dotazione di un ‘media’, una radio, una televisione, un sito web. Si sta perdendo tempo nell’era della comunicazione, il che può essere peccato mortale. E’ incredibile che non ci si batta all’arma bianca per un aeroporto, perché averlo significherebbe mettersi quantomeno al passo col mondo e trovare finalmente una comunione di intenti, un modo di essere finalmente cittadini del mondo, essere parte di una comunità globale del villaggio globale e scrollarsi di dosso una dimensione microbatterica della nostra offerta turistica. E poi vi sarebbero altre tendenze con cui inevitabilmente fare i conti.

- Una per esempio?

Il lavoro del Terzo Millennio non è più, salvo rare eccezioni, lavoro materiale (uso della forza muscolare per trasformare fisicamente la materia prima in prodotto finito), ma al 99 percento dei casi lavoro mentale (cognitivo), nel senso che usa le conoscenze di cui dispone per produrre altre conoscenze, portatrici di utilità. E questo, al solito, non riguarda ormai pochi ruoli ‘intellettuali’ (i professori, gli attori, gli scienziati…) ma tutti i lavori: anche il lavoro operaio si sviluppa guidando macchine (con la conoscenza) e usando il cervello prima che i muscoli. Se il lavoro è divenuto ormai totalmente lavoro cognitivo e se il consumo attribuisce la maggior parte del valore al significato o al servizio associato a un bene materiale invece che al bene materiale di per sé, dobbiamo prendere atto del fatto che un grande cambiamento si è compiuto: l’economia reale è diventata un'economia in cui è la conoscenza che viene messa al lavoro. Senza se e senza ma. E’ tempo che anche il viestano digerisca velocemente che quello che si sta vivendo è tempo di “economia della conoscenza”.

- L’economia della conoscenza… e poi ‘vendere’ un prodotto e non un posto letto…

Sicuramente. Ma è necessario sottolineare che un prodotto non è tale quando vi sono degli alberghi, ma diventa tale quando entra nella percezione del consumatore, anche senza strutture ricettive. Ormai il prodotto è quasi proprietà del consumatore: è il consumatore stesso che decide se un luogo è un prodotto o meno creando una forte libertà nel consumo. Anche se la gente, tuttavia, si orienta per la maggior parte verso i prodotti consolidati. In realtà, oggi siete liberi di andare a fare turismo dove si vuole: non esistono più le distanze fisiche ma solo le distanze psicologiche. Altro aspetto vitale: dipende da come saprete bilanciare la commercializzazione della cultura, e quindi della vita, e il mantenimento di spazi culturali non mercificati.

- Una ragione in più per pensare a un “turismo responsabile”: attento all’ambiente, agli impatti socio-culturali e allo sviluppo della comunità.

Una sessantina di anni fa ero un buon cacciatore e andavo molto spesso a caccia. Avevo due cani, un bracco tedesco e un setter, e, cominciando all'alba e finendo a sera, su e giù per i canaloni, i cani erano stanchissimi. Ritornando a casa dai contadini, la prima cosa che facevamo era dare da mangiare ai cani e gli veniva dato un catino di zuppa, che forse bastava per cinque. Una volta vidi entrare un piccolo gattino, così magro, affamato, debole. Aveva una gran paura, e si avvicinò piano piano. Guardò ancora i cani, fece un miagolio e appoggiò una zampina al bordo del catino. Il bracco tedesco gli dette un colpo lanciando il gattino a tre o quattro metri, con la spina dorsale rotta. Questo episodio mi fece molta impressione. Ecco, i viestani sono ancora quel gattino… Conviene a tutti il turismo responsabile. Se spalmi meglio in Vieste i proventi, dai la possibilità al commerciante, al piccolo imprenditore di reinvestire nel proprio lavoro e ti ricompenserà con una migliore accoglienza. Non ci perdi, ci guadagni. Quattro giorni prima della mia dipartita tenni un discorso e dissi che bisognava impegnarsi per un’Italia solidale e fraterna, aperta al mondo, capace di guardare al futuro e fare sistema, non prigioniera del mito del denaro a ogni costo…

- … quello che ha letteralmente ammaliato i nostri operatori turistici. Presidente, ho sempre creduto nel lavoro, nei diritti del lavoro, nella giustizia sociale che viene dalla dignità del lavoro. I tesori non sono i quintali di monete d’oro ma le risorse che possono essere messe a disposizione del lavoro umano…

Il lavoro lo danno gli imprenditori! Lo danno e lo prendono. Così come le loro maestranze, che lo prendono e lo danno. Ci dev’essere collaborazione, unità d’intenti, rispetto reciproco. Il ruolo degli imprenditori, anch’essi lavoratori, è fondamentale per il progresso sociale. Ma ci vogliono idee, coraggio, fantasia, innovazione, gusto del rischio, spirito di sacrificio, solidarietà.

- Ma c’è la crisi economica…

E chi l’ha provocata, la crisi economica? La voracità, il successo personale a qualsiasi costo, l’individualismo sfrenato. Quella bomba sul mio aereo fu anche perché avevo teso una mano ai popoli islamici: Iran, Marocco, Giordania, Egitto, Algeria. Volevo che l’Italia li trattasse alla pari. Petrolio, certo, ma anche visione politica. Una politica che se l’Occidente l’avesse ampliata e rafforzata, chissà, forse il terrorismo non avrebbe avuto lo spazio che ha. Ma cosa accade, oggi, da noi?

- Presidente, concorda con chi asserisce che il Gargano sia un territorio passivo, incapace di trasferire emozioni e storia al turista?

In gran parte sì. Il tutto a causa di mancanza di comunicazione, ma che, con opportuni e tempestivi correttivi, si può ripristinare. I successi o le sconfitte, non dipendono dal caso, dai finanziamenti, ma dall’organizzazione fra gli Enti locali. Lo Stato non può essere l’unico soggetto dello sviluppo, perché ora il potere si è decentrato. Comunque, bisogna puntare sull’offerta culturale ed enogastronomia. Questo è il momento per richiamare le radici, la naturalità, la cura di sé, che però vanno costruite e coltivate, e non lasciate alla spontaneità del fenomeno. Dovete concentrarvi sui significati, sulla costruzione di esperienze, e non raccontare favolette, perché la gente viaggia per ricercare un senso. Ma le bellezze naturali sono una condizione abilitante e solo su di esse non si può basare il turismo. Quindi è un errore gestire il territorio passivamente e non serve a nulla accontentarsi del poco che si ha a disposizione. Queste condizioni, in cui si riflette molto il Gargano, creano stagionalità, favoriscono comportamenti opportunistici, lavoro sommerso o illegalità diffusa con danni d’immagine e fortissima dipendenza dal prezzo.

- Avverte anche Lei che si continua a fare un’offerta copiata, narcisistica e omogeneizzata?

E invece bisogna valorizzare le caratteristiche locali, investire sull’accoglienza turistica. Non basta la disposizione d’animo per fare accoglienza. Bisogna imparare le buone pratiche, bisogna investire sul cliente e sulle sue esigenze. Ecco perché non bisogna pensare a come andare su Marte, ma di combinare ciò che il territorio ci offre in maniera originale. Per quest’aspetto avvaliamoci dell’aiuto di Camera di Commercio, Università e associazioni di categoria. Bisogna saper sorprendere e coinvolgere il turista, che deve essere regista e attore della sua esperienza. Oltre all’attitudine turistica serve il desiderio di ospitare, perché il fatto umano è distintivo del prodotto in quanto trasmette le emozioni che rendono autentico e unico un territorio. Bisogna avere la voglia di battersi per riappropriarsi delle proprie radici e della propria storia, per poi poter raccontare il tutto al turista. Oltre alla tecnica (formazione e programmazione), la vera carta vincente è la passione per quello che si fa. Il vero valore aggiunto.

- Presidente, ci perdoni la sfacciataggine: ci suggerisca una qualche strategia di marketing…

Pensa veramente che sia il punto? Comunque… per prima cosa: conoscere il proprio territorio. Ho l’impressione che i primi a non conoscere dove vivono sono proprio i garganici. Poi le potrei suggerire uno scambio di promozione-commercializzazione territoriale. Una sorta di gemellaggi virtuali. Il mare si promuove in montagna e la montagna al mare. Inventarsi la settimana che dura 14 giorni al prezzo di sette, per chi acquista il pacchetto mare-montagna. Sfruttare i canali televisivi digitali nelle diverse zone europee, passare a un diverso impiego di internet: dall'uso di e.learning (apprendimento on-line; ndr), che è produzione di massa, al net.learning (elaborazione integrata di conoscenze on line; ndr) che è invece produzione innovativa e personalizzata… e via di questo passo. I mercati cambiano. Il punto è decidersi invece di passare definitivamente e convintamente a un’economia di conoscenza turistica. Decidersi di promuovere una biblioteca che diventi negli anni un centro di ricerca e studio nazionale e internazionale per temi turistici. Pensa se fosse partita già 50 anni fa. Organizzare una grande manifestazione annuale: un meeting nazionale dedicato al turismo. La convegnistica: vero strumento di comunicazione per il turismo e il business turistico… E poi il vostro mare. Occhio alla diportistica. La vacanza in montagna è quasi tutta in funzione della neve. Fate altrettanto per il vostro mare? Scrive Predrag Matvejevic nel suo ‘Breviario mediterraneo’: “L’Atlantico o il Pacifico sono i mari della distanza, il Mediterraneo è il mare della vicinanza, l’Adriatico è il mare dell’intimità”.

- Ci vorrebbe un altro Enrico Mattei…

No, Vieste e il Gargano hanno bisogno di professionisti preparati e competenti, ma anche appassionati e sensibili. Il potere si è spostato dalle mani dei produttori e dei rivenditori direttamente a quelle dei consumatori, dotati ora di informazioni, scelta e capacità di connessione. Vantaggi di prezzo, servizio, qualità, non sono più sufficienti. A determinare il successo di una località o azienda turistica è ciò che i consumatori provano per essa, il legame affettivo che prima immaginano e dopo stabiliscono. Meno cartoline, più emozioni, più miti fino a creare una ‘marca’ di successo capace di far sognare la gente. L'ospitalità è un'arte raffinata che va molto oltre la proposta di una camera. Tenendo ben presente che vivia¬mo in un mondo globalizzato e ciò che si aspetta un inglese da una vacanza a Vieste o sul Gargano è diverso da quello che chiede un tedesco, un ciociaro o un napoletano. L’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono. Cos’è il turismo se non vendita di bellezze ed emozioni? Ora… se avete costruito castelli in aria, il vostro lavoro non deve andare perduto: è quello il luogo dove devono essere. Ora il vostro compito è di costruire a quei castelli le fondamenta… Se puoi SOGNARLA puoi VIVERLA… perché tu FORESTIERO non sei nella Città Gargano!

- Grazie , Presidente.

Ninì Delli Santi


LA SCHEDA = Enrico Mattei nasce il 1906, figura centrale nella storia del sistema industriale nazionale e internazionale. Passione, visione strategica, innovazione: gli ideali che Mattei ha trasmesso a Eni hanno portato la Società a crescere fino a diventare la sesta compagnia petrolifera mondiale. Mattei riuscì a costruire intorno alla sua figura un'aura mitica. Fu abile nel costituire una rete di collaboratori capaci di muoversi sulla scena internazionale e questo divenne uno dei punti di forza che la società, oltre agli interessi specifici, seppe offrire all'azione diplomatica dell'Italia.

Fu tra i primi a coltivare lo spirito di frontiera e il rispetto delle culture diverse. Mattei aveva chiaro che non era possibile fare strategia internazionale senza conoscere bene i singoli territori su cui si andava a esplorare. La diversità Eni fu per anni una sorta di eccezione, un'impresa che compiva scelte diverse da quelle della maggioranza dei suoi concorrenti, tanto da sfidare il buon senso comune. Mattei è stato il simbolo di un modo di pensare l'Italia abbastanza visionario da riuscire a trasformare una Nazione sconfitta e contadina in un Paese avanzato con una forte industria energetica. Questa è l'eredità più preziosa che Mattei ci ha lasciato.

Con questa capacità dobbiamo guardare alle sfide di oggi e di domani, per riaffermare ogni giorno il valore dell'energia come motore di crescita per tutti. A cinquant’anni dalla sua scomparsa, Enrico Mattei è ancora un uomo del futuro. Un uomo che ha trasformato ogni azione in una visione, creando sviluppo e benessere attraverso l’ingegno. Perché il futuro è di chi sa immaginare.

 Redazione

 

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