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16/10/2012

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PRO-RETE NOTRIV SCENDE IN CAMPO UN PEZZO DA NOVANTA

Clicca per Ingrandire Venerdì 19 ottobre, alle 17.30, al Teatro del Fuoco di Foggia nell'ambito del convegno “Salute e sviluppo del territorio” (foto del titolo, il focus del manifesto, e 1 sotto; ndr), Maria Rita D’Orsogna (foto 2) - laureata in fisica, professore associato al Dipartimento di Matematica della California State University at Northridge, Los Angeles - incontrerà associazioni e cittadini per spiegare con una relazione tecnico-scientifica i rischi delle attività di prospezione e trivellazioni su ambiente e territorio. Molto attiva dal 2007, si è distinta nella critica al fracking* in Italia e nel rilevare le connessioni fra trivellazioni e interessi delle lobby petrolifere.

Attraverso il suo blog “No all'Italia petrolizzata” svolge un'intensa attività d'informazione a supporto dei comitati cittadini contro le attività petrolifere nel territorio abruzzese e non solo. Maria Rita torna periodicamente in Patria, tiene conferenze, convegni e tenta democraticamente di avere un confronto con politici locali e nazionali. Recentemente ha scritto due lettere aperte ai ministri Passera (Sviluppo Economico) e Clini (Ambiente), criticando senza mezzi termini i ‘deliranti’ progetti di petrolizzazione dello Stivale.

Attualmente è in Italia per un ciclo di conferenze sui temi ‘fracking’, ‘shale gas’ e problemi connessi, conferenze che la porteranno a toccare otto tappe cui si aggiungerà la conclusione in Usa, a New York, nel Westchester Italian Cultural Center. Un documentario del 2009 (“Spero di conoscerLa presto”, scritto e prodotto da Manichino D’Ottone), che racconta come è iniziato il movimento no triv abruzzese, la presenta come la Erin Brockovich** italiana.

Nata da genitori abruzzesi emigrati in Usa, la D’Orsogna per tutta la vita è vissuta in due mondi diversi: il Bronx e i campi d’Abruzzo. Dopo la laurea in fisica all’Università di Padova, si è trasferita per un dottorato di ricerca a Los Angeles, città difficile per i suoi spazi enormi, senza un vero centro cittadino, ma che lei ama in modo particolare. Una città dove la maggior parte degli abitanti proviene da vari paesi del mondo e culture diverse, un ‘melting pot’ umano e culturale stimolante. Ormai Los Angeles è la sua casa.

Il suo impegno per la tutela ambientale in Abruzzo e in tutta Italia (Adriatico, Basilicata, Pantelleria…) è iniziato l’ottobre del 2007 quando le telefona un amico di Lanciano (dove vivono attualmente i suoi genitori) parlando di un misterioso “Centro oli” che doveva sorgere a Ortona. All’epoca mancavano informazioni su questa raffineria Eni che doveva sorgere fra i vigneti del Montepulciano per trattare petrolio di scarsa qualità e fortemente inquinante. Maria Rita capì subito che estrarre petrolio scadente e raffinarlo fra i vigneti era qualcosa di nefasto che non avrebbe portato alcun vantaggio all’Abruzzo.

Così, anche se era lontana, anche se tutti le dicevano che era una battaglia persa in partenza, si mise all’opera. Si documentò e studiò la situazione, parlò coi colleghi americani e la gente di Ortona. Una volta chiaro il quadro delle sostanze inquinanti, dell’idrogeno solforato, degli effetti degli scarti petroliferi nella vita delle persone e sul ciclo agricolo e ambientale, cercò di informare i cittadini abruzzesi. Pian piano la sua battaglia No Triv si estese al resto dell’Italia.

Salvare l’Abruzzo non serviva a niente se prospezioni e trivellazioni continuavano a effettuarsi a Savona, in Brianza, nella Murgia, in Polesine, a Chioggia, in Basilicata, in Salento, a Pantelleria e alle Tremiti. Come coinvolgere gli Italiani in difesa dei loro tesori ambientali? Con l’informazione, spronandoli a un maggiore attivismo e protagonismo civico, con la pressione martellante su politici distratti, disinformati e collusi.

La corsa alla ricerca dell'oro nero è diventata ormai frenetica in Italia. Oggi i progetti petroliferi riguardano tutta la dorsale adriatica e si snodano dal Piemonte alla Sicilia. Occorre che l’Italia decida che tipo di Nazione vuole diventare: un campo di petrolio o il giardino del mondo? Deve scegliere! O l’uno o l’altro. Non esistono vie di mezzo, secondo Maria Rita. Se si vogliono attrarre turisti in Salento o a Pantelleria o alle Tremiti, è impensabile accoglierli con pozzi di petrolio e raffinerie. L’esempio di Taormina e Gela è emblematico al riguardo: la prima si rifiutò di diventare sede di impianti petrolchimici, la seconda disse di si. A distanza di cinquant’anni è evidente quale sia stata la scelta più oculata per una migliore qualità della vita.

Secondo la D'Orsogna, in Italia manca l’informazione sul tema petrolio. Molti pensano che il petrolio sia necessario per continuare a mantenere gli stili di vita del 21.mo secolo. Oppure che il petrolio porti ricchezza. Purtroppo non è così: ad arricchirsi saranno solo gli investitori stranieri e non certo i cittadini visto che le royalties, e in generale le percentuali che restano in Italia, sul territorio, sono bassissime. Il più grande giacimento europeo si trova in Basilicata. Ma produce solo il 6 percento del fabbisogno nazionale. Questo vuol dire che, volenti o nolenti, noi italiani continueremo a importare petrolio dall’estero.

La Basilicata è l’esempio eclatante della scorretta informazione preliminare data ai cittadini: quando i petrolieri - Eni e Total - arrivarono circa 15-20 anni fa, promisero mari e monti. Promesse vane. Oggi la Basilicata è la regione più povera d’Italia, si trova petrolio perfino nel miele, le dighe sono inquinate dagli idrocarburi con morie di pesci, alcune sorgenti idriche sono state chiuse, si interrano i rifiuti tossici petroliferi nei campi e si trivella nei parchi, nei vigneti, nei meleti e nei campi di fagioli lì vicino. I tumori aumentano e così pure disoccupazione ed emigrazione. È questo che vogliamo per l’Italia? Non sarebbe più intelligente incentivare seriamente il fotovoltaico, obbligando edifici e fabbriche a installare pannelli solari e i costruttori a costruire edifici eco-sostenibili e a risparmio energetico?

“Il governo - denuncia la D’Orsogna - fa davvero poco per informare e soprattutto monitorare tutte le attività petrolifere, verificando se siano rispettate le regole. Riguardo a tutti i disastri ambientali verificatisi in Basilicata non ho mai sentito il Ministero dell’Ambiente pretendere maggiori controlli, fare multe salate o aprire cause contro l’Eni e a difesa dei cittadini. Mai. Mentre il governo norvegese, sulle sue pagine web e in inglese, in modo che tutti capiscano, spiega ai suoi cittadini che le estrazioni di petrolio ‘causano inquinamento all’aria, all’acqua e ai fondali marini’, il governo italiano non dice nulla.

“In Italia - accusa - i limiti in mare per le trivelle sono veramente risibili. Fino al 2010 si potevano costruire piattaforme ovunque. Il 2010, il decreto Prestigiacomo impose il limite a circa nove chilometri dalla riva. Un’inezia. Basti pensare che in California è dal 1969 che non si costruiscono impianti petroliferi in mare e la zona di interdizione per le trivelle off-shore è di circa 160 chilometri dalla costa, per proteggere turismo e pesca. Il raffronto con l'Italia è eclatante: 9 contro 160. Che protezione può offrire un pozzo a nove chilometri e mezzo dalla riva?”

Maria Rita D'Orsogna constata amaramente che in Italia, purtroppo, la gente queste cose non le sa. E anche quando le sa, il suo impegno civile è deludente. Ci sono cittadini eroici, ma il cittadino medio crede che ci sarà sempre qualcun altro che lo salverà. Oppure accetta tutto fatalisticamente, ritenendo che è inutile perderci tempo ... perché tanto ... è tutto già deciso. Questo atteggiamento è sbagliato, è un messaggio negativo per i giovani, così non si cresce… L’idealismo non è sempre destinato alla sconfitta. Vincere è possibile, se ci si crede davvero e se si è tutti uniti.

“Un esempio? La storia del ‘Centro Oli’ di Ortona - suggerisce. - Per l'Eni era un progetto di punta, tutti i permessi erano già pronti, tutti i politici avevano già dato l'ok: Ottaviano Del Turco, Bersani, Di Pietro e Pecoraro Scanio. Invece, grazie all’informazione e all’attivismo intelligente dei cittadini, la costruzione di questa raffineria è stata scongiurata. Abbiamo martellato la classe politica per mesi e anni, facendo diventare il tema del petrolio uno dei più importanti della campagna elettorale del 2008-2009. Abbiamo bloccato progetti di Petroceltic e Mediterranean Oil and Gas nel mare d’Abruzzo”.

Per i pozzi già trivellati purtroppo non c’è niente da fare, si può solo esigere il rispetto delle norme ambientali vigenti. Ma per quelli ancora non autorizzati si può fare molto. L’Europa impone, con la Convenzione di Aarhus, che il parere dei cittadini per tutti gli impianti di forte impatto ambientale sia ascoltato e rispettato. Il Ministero dell’Ambiente e delle Attività Produttive dà ‘al pubblico’ un periodo di sessanta giorni per valutare i progetti petroliferi (ma anche di inceneritori, cave e discariche): in questo lasso di tempo i cittadini possono dire la loro, esprimere il proprio punto di vista contestando, con le cosiddette ‘osservazioni’, i progetti di Via (Valutazione impatto ambientale) presentati dalle multinazionali.

“La scrittura di testi al Ministero - sottolinea Maria Rita - è uno strumento che la gente però non conosce o in cui non ripone troppa fiducia, proprio per mancanza di informazione. Invece è estremamente importante. Il Ministero bocciò il progetto di trivellazione del pozzo ‘Ombrina Mare’ citando anche le nostre osservazioni fra le motivazioni del diniego. Allora organizzammo una campagna di forte coinvolgimento civico, oltre duecento lettere di opposizione furono inviate da cittadini, associazioni e anche dalla chiesa cattolica direttamente al Ministero dell’Ambiente.

“Una cosa simile - aggiunge - sta avvenendo alle isole Tremiti dove gli avvocati hanno vinto i primi ricorsi al Tar contro la Petroceltic nei mari del Gargano … una follia … usando proprio le nostre osservazioni come una delle argomentazioni contro le piattaforme, in quanto manifestazione della volontà popolare nel rispetto delle leggi europee ... Ma la mobilitazione deve essere costante: in una parola, occorre rompere le scatole ai politici il più possibile e ricordare loro che devono impegnarsi per il bene comune altrimenti non saranno più votati, a prescindere dal colore politico”.

Il problema delle trivellazioni petrolifere off-shore riguarda l’intero Mediterraneo. Oltre all’Italia sono coinvolte numerose Nazioni che lambiscono le sue sponde (Malta, Tunisia, Libia, Grecia, Cipro, Israele…). Come rispondere alla corsa all’oro nero nel ‘Mare Nostrum’? “È un discorso importante - prosegue la D'Orsogna: - bisogna portare tutte le Nazioni che si affacciano sul Mediterraneo a una politica comune di difesa del mare contro prospezioni e trivellazioni. Le basi politiche per operare ci sono già: la Convenzione di Barcellona, i protocolli sottoscritti da tutti i Paesi membri, Unione Europea compresa, l’Unep-Map (Units Nations Environment Program-Mediterranean Plan Action), organismo istituito dalla Convenzione sotto l’egida delle Nazioni Unite per realizzare il Piano di Azione per la Tutela Ambientale del Mediterraneo.

“L’Italia - consiglia - dovrebbe giocare un ruolo fondamentale in tutto questo. Un buon punto di partenza potrebbe essere un accordo con le Nazioni dell’ex Yugoslavia per vietare le trivelle in Adriatico. Si potrebbe poi sperare in un’azione allargata ai Paesi di tutto il bacino Mediterraneo.
Gli americani, quando sentono che si vuole trivellare a dieci chilometri da Venezia restano allibiti, non riescono a capire come l’Italia possa essere così cieca da non voler proteggere una delle città più belle del mondo. Ecco perché non posso accettare che le ditte straniere vengano in Italia a fare azioni che altrove sono illecite, solo per ignavia di chi ci governa.

“Non è solo una questione di ambiente - precisa, - è una questione di giustizia sociale. Chi soffrirà gli effetti delle trivelle selvagge? Il contadino, il pescatore, l’operatore turistico, il cittadino che vive vicino all’impianto petrolifero. E soprattutto i nostri figli. No, non lo posso tollerare. Non è giusto! E spero che tutti si rendano conto di quanto sia importante il coinvolgimento dei comuni cittadini nelle battaglie per la difesa dei beni comuni. Si vince - conclude - se siamo tutti informati, intelligenti, attivi e sappiamo cosa vogliamo. Abruzzo, Pantelleria, Basilicata, Salento, Tremiti sono nostri. Dovremmo tutti difendere, con le unghie e i denti, il nostro vero unico patrimonio. Da Nord a Sud, e tutti i santi giorni della nostra vita!”

Teresa M. Rauzino



*Tecnica relativamente nuova con cui si sparano sostanze chimiche ad alta pressione nel sottosuolo, si causano microterremoti, si spezzetta la roccia e questa fratturandosi rilascia gas. In VIDEO della settimana gli effetti del fracking.

**Segretaria precaria di uno studio legale e madre trentenne di tre figli, nubile dopo due divorzi, spinta da curiosità, intraprendenza e senso della giustizia, indaga sulla Pacific Gas and Electric Company che ha contaminato le falde acquifere di una cittadina californiana provocando tumori ai residenti. Sostenuta dal suo principale, vince la battaglia legale, ottenendo per i 634 querelanti indennizzi per 333 milioni di dollari (più un assegno di 2 milioni per sé).




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