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20/06/2008

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Prepariamoci diligentemente al prossimo Folk Festival di Carpino: la “chitarra battente” (3.a lezione)

Clicca per Ingrandire  Giugno sta per chiudersi, siamo già al 20, e con l’afflusso del turismo familiare di luglio anche questo mese sparirà dal calendario del 2008. E quindi? Quindi ci stiamo avvicinando a grandi passi verso il taglio del nastro della 13.a edizione del Carpino Folk Festival. E noi continuiamo a prepararci alla manifestazione con molta diligenza organizzandovi un’altra lezione con l’aiuto di Antonio Basile, responsabile insieme ad Amedeo Trezza dell’Ufficio Stampa del CFF.

L’insegnamento di oggi verte intorno a quello strumento che quando suona sembra “lo sgocciolio di una grondaia” (mai immagine fu più poetica di questa) e Eugenio Bennato ha portato sul palcoscenico dell’ultimo Festival di Sanremo accompagnata da un’appassionata valutazione del più noto fra i critici musicali, Luzzato Fegiz: la “chitarra battente”.

"Chitarra battente", "chitarra mandola", "guitare en bateau", "guitare capucine", "guitare toscane-chitarra toscana", "chitarra a volta-wolbgitarre": molteplici denominazioni per un solo strumento, quello a cinque corde che fra il 18° e 19° secolo influenzò le tecniche canore e coreutiche, concorrendo a produrre particolari stili di ballo. La storia della chitarra inizia ufficialmente nel Rinascimento in Spagna, dove furono pubblicate le prime musiche per questo strumento, ma ne possiamo rintracciare due vaghe testimonianze quattrocentesche in Italia.

Nel 1441, un documento della corte estense riferisce di un emissario ducale mandato "a Vinegia a comprare corde di chitarrino". La seconda testimonianza è una tarsia dei camerini di Isabella d'Este (seconda metà del 15° sec.), nel palazzo ducale di Mantova, dove è raffigurato uno strumento molto simile. Nel 1601, il napoletano Cerreto descrive una "Chitarra à Sette Corde, detta Bordelletto alla Taliana" (sette corde distribuite su quattro cori).

In Italia la chitarra spagnola ebbe un ottimo successo fin dalla prima metà del 17° secolo. Verso la metà del '600 divenne relativamente comune un altro tipo di chitarra, detta "battente". Si differenziava dalla chitarra spagnola per avere i tasti fissi, ottenuti intarsiando sbarrette di metallo o avorio sulla tastiera, e perché il suo ponticello era mobile, tenuto in posizione dalla tensione delle corde. Tali caratteristiche fanno pensare che sullo strumento fossero normalmente montate corde di metallo (ottone o acciaio a bassa tempera).

Cinque chitarre battenti sono conservate al Kunsthistorisches Museum di Vienna e sono tutte predisposte per cinque cori doppi con un numero di tasti variabile da sei a nove. Questo strumento era probabilmente suonato ad accordi pieni, mediante l'uso del plettro.

La “battente”, anche se presente in tutta la penisola italiana, intorno al 1700 divenne diffusissima soprattutto nell'Italia meridionale. Utilizzata come la chitarra barocca, da cui sicuramente trae origine, con repertorio e modalità simili, i due strumenti avevano anche caratteristiche strutturali comuni. Tuttavia col passare dei secoli, la chitarra barocca ha subìto molte trasformazioni fino alla sua forma attuale, mentre la chitarra battente, salvo particolari trascurabili, è rimasta per lo più identica. Infatti la famiglia di costruttori De Bonis, per la piegatura delle fasce, utilizza ancora delle forme del 1700, appartenute ai loro antenati.

Altri particolari che la distinguono dalla chitarra barocca sono il piano armonico piegato ad angolo convesso all'altezza del ponticello non incollato, le corde metalliche ancorate alla fascia inferiore, relativamente poco tese e accordate senza bassi. Strumento diffusissimo fino ai primi decenni del nostro secolo, attualmente è presente in Calabria, Cilento, Gargano, Campania, ma è stato relegato ad ambiti musicali sempre più ristretti, per cui i numerosi costruttori, vedendo che il mercato si restringeva sempre più, hanno quasi smesso di costruirlo.






 Redazione & Uff. stampa CarpinoFolkFestival

 

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