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14/09/2012

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AMMALATI: UNA GIORNATA TUTTA PER LORO

Clicca per Ingrandire Il parroco della Chiesa Madre San Nicola di Mira in Rodi Garganico don Michele Pio Cardone, con la Pia Unione Amici di Lourdes e il patrocinio del locale Comune, ha indetto per domenica 16 settembre la “Seconda Giornata dell'Ammalato”. Alle 17,30 partirà il Corteo degli ammalati per le vie della Parrocchia-Chiesa Madre San Nicola di Mira, e alle 18 Santa Messa in Piazza Rovelli per tutti gli ammalati della città, messa concelebrata da don Luigi Nardella (cappellano della Pia Unione Amici di Lourdes) e don Michele Pio Cardone.

Don Michele ha voluto celebrarla subito dopo le vacanze estive per ricordare a tutti i parrocchiani la triste condizione dell'ammalato forse troppo spesso dimenticato nei mesi estivi. Di seguito parte del contenuto della sua omelia in occasione della giornata.

“Se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato. Infatti la misura dell'umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana. L'esperienza umana della sofferenza non sempre conduce a riconciliarsi col Creatore, Colui che è fonte della vita. Anzi, nelle persone colpite dalla malattia sorge una naturale domanda, spesso unita a un senso di ribellione, che può tramutarsi in una sorta di implorazione: ‘Perché? Perché devo soffrire?’

“A quell'implorazione fa eco il grido del Cristo sulla croce: ‘Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato’? (Sal 22,2; Mc 15, 34; Mt 27, 46). Il Cristo ha raccolto in quel grido il dolore dell'umanità di ogni tempo e lo ha presentato al Padre. Le piaghe di Cristo racchiudono in sé tutta la fragilità dell'umano. Non dobbiamo però dimenticare che esse non sono un esercizio di dolorismo ‘eroico’, né sono fini a se stesse. Nel mistero pasquale del Cristo il male non ha l'ultima parola e la sofferenza accettata e offerta per amore diventa forma di guarigione e salvezza. Le iniziative che saranno promosse nella Parrocchia in questo nuovo Anno Pastorale, siano di stimolo a rendere sempre più efficace la cura verso i sofferenti. Il Figlio di Dio ha sofferto, è morto, ma è risorto, e proprio per questo quelle piaghe diventano il segno della nostra redenzione, del perdono e della riconciliazione col Padre.

“Diventano però anche un banco di prova per la fede dei discepoli e la nostra fede: ogni volta che il Signore parla della sua passione e morte, essi non comprendono, rifiutano, si oppongono. Per loro, come per noi, la sofferenza rimane sempre carica di mistero, difficile da accettare e portare. I due discepoli di Emmaus camminano tristi per gli avvenimenti accaduti in quei giorni a Gerusalemme, e solo quando il Risorto percorre la strada con loro si aprono a una visione nuova. Anche l'apostolo Tommaso mostra la fatica di credere alla via della passione redentrice: ‘Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo’ (Gv 20,25). Ma di fronte a Cristo che mostra le sue piaghe, la sua risposta si trasforma in una commovente professione di fede: ‘Mio Signore e mio Dio!’ (Gv 20,28).”

Tina Guerra

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