Testa

 Oggi è :  30/12/2024

Benvenuto  nel Giornale

CERCA GLI ARTICOLI :

  

Testo scorrevole
Sx

  L'ARTICOLO

01/09/2012

Dimensione carattere normale  Ingrandisci dimensione carattere  Ingrandisci dimensione carattere

Segnala

LE CONGIURATE

Clicca per Ingrandire Era di buona famiglia, don Pietro, aveva tutta la possibilità di studiare, di laurearsi, di fare il professionista, come suo padre, avvocato, o come sua madre, professoressa. Invece, no. Diceva di avere la vocazione per il sacerdozio e fu ostinato fino a quando non raggiunse il suo intento. Non ottenne di andare in seminario dopo la terza media, ma potette imporsi a maturità conseguita, dopo aver vissuto appieno la sua prima giovinezza, tra lo studio (non molto, in verità: era di medio profitto, e solo grazie alla sua spiccata intelligenza), lo sport (calcio, pallacanestro, tennis, un po' di tutto, insomma), il ballo, le ragazze, i viaggi, eccetera. Se la vocazione gli fosse nata dopo tutto questo, si sarebbe potuto fare un paragone tra la sua decisione e la folgorazione di Paolo di Tarso sulla strada di Damasco. Ma così non era, visto che la vocazione era antecedente a tutta la sua vita, brillante, fatta di divertimenti (ed anche di bagordi).

C'era una strana confusione in tutto ciò. Per chi guardava la cosa dall'esterno. Per lui, Pierino, invece, tutto era regolare, non c'era nulla che non andasse bene. Insomma, partì. Partì, frequentò, fu nominato sacerdote, fu assegnato, come diacono, aiutante di un anziano parroco, ad una parrocchia di un grosso centro di provincia. E subito fece scalpore. Non che la sua fama di giovane scavezzacollo lo avesse preceduto o seguito: nessuno lo conosceva, nessuno sapeva di lui, dei suoi trascorsi di giovane non poco viziato. Destò scalpore per la sua avvenenza (credo si possa dire, in un'epoca in cui i signori maschietti tendono a farsi belli perfino depilandosi), anche se era avvenenza mascolina, come si evinceva chiaramente dal suo portamento, dalla sua figura atletica, scattante, dal taglio di capelli (biondi, come quelli dei vichinghi), dagli occhiali da sole "griffati", dalla sua aria sbarazzina, disinvolta, dagli occhi vivi e vigili, da tutto il suo essere.

Era decisamente bello: un adone, anzi un figo - come dicono i giovani di oggi. E che, come pastore di anime, a quella parrocchia fosse giunto un figo, subito la voce corse. Fra tutti, è vero, ma in special modo tra le parrocchiane giovani, ché quelle anziane erano preoccupate solo di esser quanto più presenti possibile in chiesa, per guadagnarsi indulgenze e crediti per l'ingresso in paradiso. Per queste, che ci fosse un prete vecchio e brutto o un prete giovane e bello, era del tutto indifferente. Quelle, per le quali, invece, la differenza c'era, quelle sì che avevano più interesse per il giovane e bello che non per il vecchio e brutto sacerdote.

Nel giro di poche domeniche, una gran parte di queste ultime passò decisamente dalle messe del vecchio parroco a quelle del giovane diacono. Era tutta un'altra cosa: non respiravano aria d'incenso, respiravano aria di paradiso! E come pendevano dalle sue labbra, senza minimamente distrarsi, senza perdere una sola parola, senza neppure bisbigliare o ammiccare fra loro! Erano diventate tutte figure ieratiche, con i loro fazzolettini spillati sui capelli, con le loro espressioni commosse, con le dita smaniose di correre sui grani delle candide coroncine. E quante peccatrici si rivelarono, improvvisamente, bisognose di confessare i propri peccati! Il confessionale era sempre affollato. Anzi, più passava il tempo, più pareva che crescesse, nelle giovani donne, il bisogno di raggiungere la catarsi attraverso la liberazione dei peccati dalla propria anima.

Certo, don Pietro doveva anche saperci fare; non poteva bastare la sua bellezza a calamitare quelle giovani. E ci sapeva… fare! "Cosa vuoi che sia un peccatuccio come questo! Ti sei toccata? E non è una cosa naturale toccarsi? Siete forse delle belle statuine di marmo che non possono toccarsi? Siete… siamo esseri umani", ripeteva un po' a tutte, ponendo in evidenza che lui stesso non era un essere inanimato e che, quindi, anche lui era soggetto a toccarsi, a sognare, anche a pensare. "Non è che i sogni andiamo a sceglierli alla cineteca e poi ce li facciamo proiettare nella mente durante il sonno. Vengono, così, senza volontà, senza premeditazione, ingenuamente. E i pensieri? Avete mai sentito dire che uno si mette a pensare a cosa deve pensare? La mente è libera. E anche se ti distrai a guardare il cielo, qualche volta, ti puoi accorgere che, mentre lo scruti, stai pensando a qualcosa cui non pensavi di pensare. Quindi, che condanna posso infliggerti, quali e quante avemarie posso mai importi di recitare?". E le mandava tutte assolte - senza peccati.

E la simpatia cresceva. In alcune questo sentimento si concretizzò e rimase definitivamente cristallizzato come simpatia. In altre, in un gruppetto di altre, col passare dei mesi, la simpatia prese a diversificarsi, a divenire altro da sé. Quelle più disinibite (per usare un eufemismo al posto dell'altro aggettivo, più forte… sfacciate), ben presto si dichiararono, altre le seguirono, non molto tempo dopo, in ogni caso. E don Pietro, dopo alcune apparenti rimostranze a giustificazione della propria rettitudine, piano piano prese a fare qualche piccola concessione, come un sorriso, una mano sulla spalla, una stretta di mano con indugio, con intervento dell'altra mano ad accarezzarne il dorso, e le fece entrare nelle sue grazie. A turno, s'incontrava una volta con l'una, una volta con l'altra, poi con una terza, e così via, fino a raggiungere il numero di sei, come i giorni della settimana. Sei, per sei giorni; la domenica era sacra e consacrata al riposo! Ma ad altre pecorelle non disse categoricamente no; lasciò il cancello dischiuso, in attesa di eventuali "avvicendamenti".

Nessuna di loro sapeva delle altre: ciascuna era convinta di essere l'unica prescelta. Don Pietro apriva la bocca a dire bugie: tutte le credevano parole di oro colato. "Sono impegnato negli altri giorni della settimana: ci sono tanti infermi da visitare, ci sono tante famiglie bisognose di una parola di conforto" era stata la sua frase magica, ripetuta a tutte. Nessuna aveva protestato, nessuna aveva nemmeno fiatato. Don Pietro era il pastore, loro erano le sue pecorelle. Predilette, ma pur sempre pecorelle. Chi sapeva di doverlo incontrare il tal giorno della settimana era tranquilla che, negli altri giorni, era pastoralmente impegnato e non si faceva certo passare per la mente qualche dubbio.

Tutto filò liscio come l'olio, per diversi mesi. Poi, a ciascuna delle giovani donne qualche domanda venne, da porre a se stessa. In particolare, quando notarono che tutte ormai stavano crescendo di pancia. Anche se non erano amiche, in qualità di parrocchiane si erano viste spesso. E nessuna di loro si era mai presentata a messa con un uomo che le fosse fidanzato o marito o padre. Come mai, pur tutte nubili, erano tutte incinte? Cominciarono a scambiarsi qualche saluto, cominciarono a conoscersi, ad avviare rapporti di amicizia. E quando l'amicizia fu fatta scoprirono, confidandosi, che erano rimaste tutte vittime di don Pietro.

"Quel mascalzone!" - esordì Teresa. - "Mi diceva che, in verità, non era portato per il sacerdozio, che vi era stato spinto dai genitori, che era innamorato di me e che desiderava formarsi una famiglia con cui vivere da vero uomo, assumendosi responsabilità che i sacerdoti sicuramente non hanno. Disse che voleva subito un figlio, elemento indispensabile, mi assicurava, per ottenere la dispensa dai voti, per potersi spogliare, per potermi anche sposare". E tutte… Gina, Lella, Tullia, Tina e Carmen… un po' sovrapponendosi con le parole, le fecero eco, riferendo le stesse precise parole.

"Che faremo, in queste condizioni, in questa situazione? Potrebbe sposarne una, se con una mantenesse il suo proposito. Ma, le altre, che fine farebbero? Rimarrebbero tutte ragazze-madri (oggi si direbbe 'madri nubili'), con altrettanti figli di prete che non sarebbero forse nemmeno riconosciuti" - disse Tina, e Lella esordì: "Perché non dovrebbe riconoscerli? C'è la legge che glielo impone. Mettiamoci un avvocato, portiamolo in tribunale. Vedrete se potrà opporsi agli esami dei di-enne-a dei nostri figli. Vedrete se saremo capaci o no di dimostrare che sono tutti figli suoi. Io personalmente, però, quanto a farmi sposare, proprio non ci penso, non ci tengo. E non perché sono finanziariamente autonoma".

"Non ci penso nemmeno io" - dissero, in coro, le altre cinque. E Carmen, che era stata zitta a riflettere sulle ultime frasi delle amiche, domandò: "Ma, alla fine dei conti, ci teniamo davvero a dimostrare che è padre dei nostri figli? E quand'anche volessimo e ci riuscissimo, gli chiederemo forse di mantenerli? Come li potrebbe mantenere, se è solo un pretino di provincia, un povero diacono? Io proporrei un'altra soluzione, una soluzione che ci desse soddisfazione morale: lo vorrei incontrare e fargli uno di quei solenni pelo-e-contropelo da farglielo rimanere impresso per tutto il resto della sua vita. Così che, prima di fare gli occhi dolci a qualche altra ragazza, ci pensi su parecchie volte. D'altra parte, anche noi abbiamo - bisogna ammetterlo e riconoscerlo - la nostra parte di colpa: non si trovava certo solo quando siamo state messe incinte; noi stavamo là e ci è sicuramente anche piaciuto molto. Che, quanto a prestazioni, ci sa davvero fare, no? Insomma, io ritengo che se, tutte insieme - meglio che isolatamente - lo incontrassimo e gli dessimo il benservito, la nostra soddisfazione morale varrebbe molto più di un ottenimento di riconoscimento di paternità. Anzi, più che menarlo, io proporrei un'altra soluzione: che ne direste se lo pelassimo come si pela un pollo o un porcello, in modo così radicale e definitivo, da lasciargli il pistolino nudo come un verme? Non sarebbe un bel modo per scongiurare che abbia ulteriori rapporti con le donne?"

La proposta fu vagliata, discussa e, alla fine, unanimemente accolta. Si teorizzò sulla tecnica da adottare per ottenere il risultato desiderato e si decise che l'indomani sera si sarebbe agito. Proprio Tullia, che era di turno, avrebbe messo del sonnifero nel bicchiere di whisky che era solito bere "Pietrino" dopo i rapporti intimi, e, una volta addormentato, avrebbe telefonato alle altre per farsi raggiungere. Insieme, poi, avrebbero provveduto a adagiare nudo, sul pavimento, il giovane, a tutelare con un bendaggio bagnato il suo pisello e a dar fuoco ai peli del pube, dopo averlo irrorato con altro whisky. Preventivarono anche l'applicazione di una crema antiustione e di un ulteriore bendaggio per la parte bruciata. Insomma, un servizio da cristiani non da bestie. La bruciatura doveva interessare i bulbi piliferi, non le zone sottostanti.

L'eventuale risveglio di Pietrino al dolore per la bruciatura non le impensieriva affatto. "Se si sveglia, peggio per lui!" - disse Tullia, che aveva avuto l'idea. "Sì, peggio per lui!" - convennero tutte. "Vuol dire - riprese e concluse Tullia - che, se ciò dovesse avvenire, qualcuna di noi - tu, Gina, per esempio, che sei la più rotondetta e quindi la meno leggera, ti accoccoli sulla sua bocca e gliela tieni ben tappata con il tuo didietro - cosa che, come sappiamo tutte, gli piace moltissimo - mentre noialtre lo teniamo immobilizzato a terra, imprigionandogli mani e piedi con i nostri corpi".Tutte d'accordo, le congiurate si ritirarono ciascuna a casa propria.

La sera successiva, come convenuto, Tullia, dopo aver giaciuto un'ultima volta con il suo dongiovanni "in comproprietà", si spostò in cucina, preparò il solito bicchiere con il ghiaccio, vi mise una buccia di limone, vi fece cadere la polverina contenuta nella bustina, recuperata dalla sua borsetta (da cui aveva finto di tirar fuori dei fazzolettini di carta), uscì, prese la bottiglia dalla dispensa, vi versò il whisky fin oltre metà del bicchiere stesso e glielo porse. Pietrino ne bevve un lungo sorso, poi si fermò, per finire di centellinarlo, secondo il solito rituale. Questa volta, però, non arrivò a vedere il fondo del bicchiere, in quanto gli occhi gli si chiusero prima. Il bicchiere cadde sul letto. Lella lo recuperò e lo pose sul comodino, poi raggiunse la borsetta, ne tirò fuori il cellulare e avvertì le amiche, che erano nei pressi della casa, in trepida attesa. Salirono, entrarono, agirono.

In pochi minuti, il servizio era fatto. Pietrino si scosse, ma senza agitarsi, così che non fu necessario immobilizzarlo né tanto meno chiudergli la bocca con il fondoschiena di Gina: Tullia ci era andata forse un po' pesantuccio con la dose di sonnifero ma tutto si concluse nel migliore dei modi. In silenzio, lo presero da terra, lo rimisero sul letto, lo coprirono con il lenzuolo e si allontanarono. Per alcuni giorni, don Pietro non fu visto in parrocchia, tanto meno per il paese. L'anziano parroco, a chi gli chiedeva notizie del suo aiutante, rispondeva che era indisposto, che aveva la febbre e che aveva bisogno di qualche giorno di riposo. Quando tornò, nessuno potette fare a meno di notare che il giovane sacerdote aveva nel volto qualcosa di nuovo: "pare più maturo" - azzardò qualcuno. Ed era vero.

Aveva capito, don Pietro, aveva imparato la lezione. E, poiché nessuna delle sei si fece più viva con lui, capì anche che il benservito gli era stato dato non dalla sola Tullia, ma sicuramente da tutte insieme coalizzate. All'omelia della prima messa officiata dopo il fattaccio, anche se le sei donne erano assenti, don Pietro volle chiedere pubblicamente perdono a tutte le persone alle quali aveva fatto torto e promise che mai più a nessuno ne avrebbe fatto in vita sua. Tutti si guardarono in faccia l'un l'altro, senza capire, ma presero la cosa come uno stimolo a un corretto comportamento con il prossimo e ripresero tranquillamente a seguire il resto della messa.

Era da credere che dicesse la verità: nessuna pecorella del suo gregge ebbe più a smarrirsi, in quanto le teneva dovutamente a bada tutte, ma non attirandole a sé, come i lampioni fanno con le falene, bensì illuminandole a distanza, in modo che nessuna si potesse bruciare le ali. La sua bruciatura bastava per tutte.

Enzo Campobasso

 Redazione (foto centrosangiorgio.com)

 

Dimensione carattere normale  Ingrandisci dimensione carattere  Ingrandisci dimensione carattere

Segnala

 

 
 

  Commenti dei Lettori:

-- 01/09/2012 -- 09:27:55 -- vincenzo

Bravo, il presentatore (Piero?), con la sua perspicacia! Il mio cruccio, il mio messaggio nascosto "tra le pieghe" è proprio questo: il matrimonio dei preti! Chissà se il Cardinale Martini non fosse favorevole? Diminuirebbero casi del genere (il presente, volutamente esacerbato), e, forse, si sentirebbe anche parlare meno di pedofilia (bisognerebbe condurre un'indagine tra i preti non cattolici con tanto di famiglia, nei Paesi dove il loro matrimonio è consentito) per fare congrui e giusti paragoni).

-- 12/09/2012 -- 09:07:21 -- Paolo

racconto piacevole, divertente: si legge sorridendo. Anche se la storia raccontata è amara. Si legge sorridendo, appunto, una storia amara.

 
Dx
 

ACCESSO AREA UTENTI

 

 Username

Password

 

Area Privata

Logout >>

 

     IL SONDAGGIO

 
 

VIDEO DELLA SETTIMANA

ESTATE E SANITA

 

STATISTICHE .....

Utenti on line: 6142

 
 
Inferiore

powered by Elia Tavaglione

Copyright © 2008 new PUNTO DI STELLA Registrazione Tribunale n. 137 del 27/11/2008.

Tutti i diritti riservati.