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28/04/2012

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I “MUSICI” DI PESCHICI OMAGGIANO IL POETA

Clicca per Ingrandire Erano gli albori degli Anni ’70. In Piazza del Popolo, a Peschici, si trovava ancora posto quando si arrivava con la famiglia per trascorrere le vacanze nella casa avita della donna che avevamo sposato. Da quel momento sprofondavamo in un mondo semplice, schietto, genuino, in cui avremmo finalmente trovato quelle radici che non avevamo mai posseduto. Lo stesso universo che un omino barbuto e sognatore aveva da poco eletto a sua patria adottiva. Era l’estate del ’70, luglio. Peschici si preparava alla sua grande festa, attesa dodici mesi: la tre-giorni dedicata al Santo Patrono Elia. Accanto all’abito bello, cucito e confezionato per l’occasione, già occhieggiavano pudichi abbigliamenti da mare pronti all’uso. Dopo i festeggiamenti religiosi si cominciava, infatti, a frequentare la baia per i rituali bagni di sole e mare. Prima del 20 luglio no, proibito… “punto di stella”! La cittadina garganica, sdraiata e addormentata sulla sua Rupe, finalmente si svegliava.

Tutti in piazza, tutti per strada, dal 19 al 21. Lo “struscio”, lo sfoggio del vestito nuovo - regola fissa, - l’incontro di sguardi per nuove unioni, i timidi approcci per saldare relazioni durature navigavano in quei giorni sulle correnti di sentimenti puri e olezzanti. L’aria tersa e pulita, complice e ruffiana, festosa e allegra, favoriva i rapporti: padre-figlio (avvicinati dal giocattolo da acquistare - un obbligo - alle bancarelle affluite dal circondario), marito-moglie (i soli giorni che li vedeva a braccetto sul corso principale), novelli fidanzati (occasione top per mostrare a tutti la loro felicità), amici con amici e amiche con amiche separati dal muro delle convenzioni.

In questa simpatica confusione di sentimenti che trovavano alfine sfogo e compiutezza, si perdeva la presenza di un omino barbuto e sognatore che stampava i propri passi, piccoli e misurati, sulle basole dei vicoli del borgo antico. Camminava davanti a noi e lo scambiammo per uno dei tanti ambulanti che si riversavano in paese in occasione della festa. Quale non fu la nostra meraviglia quando la sera del terzo giorno di festeggiamenti - quella dedicata al sacrifico prosaico, dopo aver abbondato in quello religioso - lo ritrovammo sulla cassa armonica, tradizionale ospite canoro, a presentare il suo repertorio ancora poco conosciuto ma già molto orecchiabile.

E quale non fu la nostra emozione quando le note e le parole di una canzone dolce e aggressiva, specchio del personaggio, ci scesero nell’anima abbarbicandosi alle corde di sentimenti smarriti nella quotidianità e nel desiderio di affermazione in settori per noi difficili e mai affrontati (la vita a due, la vicina nascita di un figlio…). Prima di iniziarla un solo commento: “Porterò questa canzone al prossimo Festival di Sanremo”. (Non abbiamo mai appurato se le regole dell’annuale appuntamento radio-televisivo del tempo fossero diverse dalle attuali.) Dopo averla ascoltata col cuore a mille ci dicemmo: “Vincerà!” Non fu così, arrivò terza all’edizione del 1971, ma di quel Festival nessuno ricorda chi vinse o chi la precedette al secondo posto. Dopo quarant’anni quella canzone vive ancora, entrata in quel limbo dorato delle evergreen per cui una melodia si marchia dell’etichetta “immortale”.

La canzone? “4 marzo 1943”. L’omino barbuto e sognatore… il cantante? Lucio Dalla.

Oggi, il poeta, il musicista, il personaggio, non ci sono più, ma solo fisicamente. La sua poesia, la sua musica, il suo stile continuano a vivere nel mondo e in questa parte del pianeta che lo ha visto per anni frequentatore assiduo e innamorato della sua nuova casa, della sua nuova famiglia, della sua “seconda mamma” che lo aveva accolto nella sua pensioncina una notte di vento e pioggia, naufrago nella propria esistenza errabonda e fluttuante nel paradiso dei sognatori, ricchi solo della loro semplicità e della loro bontà. Anni di frequentazione che hanno lasciato il segno. Tanto da far accettare subito ai ‘musici’ del luogo la proposta del locale Comitato “Peschici Eventi”, ramo dinamico ed efficiente dell’Associazione Culturale “Punto di Stella”, di dedicare un concerto-memorial all’omino che ci ha improvvisamente lasciato la vigilia del suo 69.mo compleanno.

E così, la sera di domenica 29 aprile, alle 20, sul palco adiacente a quella Porta del Ponte ingresso della zona antica del paese che lo adottò, si esibiranno quasi tutti gli artisti locali che accogliendo l’invito ricorderanno l’autore di tante melodie cantando le sue poesie musicali nel “Lucio Dalla TRIBUTE: l'uomo, il cielo e il mare”. Un incontro subliminale già programmato e rinviato a causa di un altro lutto che ha colpito la comunità peschiciana in maniera profonda. Sarà un momento particolare, un momento che forse Lucio occhieggerà da dietro un muro antico o un angolo nascosto per celare la sua commozione e non dire ‘grazie’. Perché il ringraziamento va da noi a lui e non ci sarà mai nessuno che lo lesinerà.

Gli artisti, che si alterneranno sul palco dopo un breve incontro-intervista curato da Francesco D'Arenzo con la sua “seconda mamma”, la signora Filomena Salcuni, presentati da Stefano Biscotti saranno (salvo variazioni dell’ultimo momento):

- Mario Fasanella (“Cara”)
- Rocco Tavaglione-Keoma Martella (“L’anno che verrà”, “Com’è profondo il mar” e “Canzone”)
- Nicola Tardivo (“Piazza Grande”-chitarra e voce maschile)
- Rascillë (“4 marzo 1943”-versione tarantellata)
- Pasqualino Olivieri (“Caruso” e “4 Marzo 1943”-versione classica)
- Rocco Vescia-Domenico Cilenti (“La casa in riva al mare” e “Washington”)
- Valida Idea (“Piazza Grande” con Carmela Pupillo)
- Massimo Biscotti (“Nanì”)
- Mario Rinaldi e figlia (“Attenti al lupo”)
- Gianluigi Rauzino-Domenico Cilenti (“Banana Republic”, “Una canzone senza inganni” e “Una città per cantare”)
- Pino Fantasy-Matteo Cardone (“Napulë”)
- Matteo Russo.

Durante le esibizioni saranno proiettati alcuni video a cura di Pierpaolo Olivieri. E su tutti aleggeranno i versi di “Caruso”: “«Ah sì, è la vita che finisce / ma lui non ci pensò poi tanto, / anzi si sentiva felice / e ricominciò il suo canto...».

Piero Giannini

 Redazione

 

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