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25/10/2011

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IL COMMENTO AI COMMENTI (ma il dibattito continua)

Clicca per Ingrandire Ringrazio ancora per l’opportunità che mi offre questo giornale on line di scambiare qualche punto di vista su «’A Ġrammàtëka Pëskëciànë» coi lettori di Punto di Stella. I lettori che hanno mostrato interesse, Vincenzo Campobasso e Francesco Granatiero, non sono in realtà molti. Ma sembrano essere di buona tempra. Evviva! Penso di replicare a Enzo e Francesco, per doveroso rispetto nei confronti della pazienza dei lettori, in tre passi successivi. Argomenti dei tre passi sono:

1. perché gli autori della Grammatica propongono l’alfabeto che propongono (oggetto dello scritto odierno);
2. quali sono i miei punti di vista sulle osservazioni “tecniche” sull’alfabeto proposto, portate da Campobasso e Granatiero (oggetto di un prossimo scritto);
3. quali sono i miei punti di vista sulle osservazioni, portate da Campobasso e Granatiero, su temi contigui alla Grammatica (oggetto di un terzo scritto).

Cominciamo dal primo passo. Perché gli autori della Grammatica propongono l’alfabeto che propongono.
Obiettivo degli autori:
• proporre (impostare) un alfabeto peschiciano di riferimento che consenta:
o agli scrittori peschiciani, che lo desiderino, di esprimersi nel loro dialetto,
o ai lettori non peschiciani di cogliere i suoni del parlato peschiciano.

Criteri di base assunti:
• l’alfabeto di ogni lingua (o dialetto) è una collezione ordinata di simboli grafici (grafemi) atti a rappresentare i suoni (fonemi) tipici della lingua (o dialetto);
• destinatarie della proposta sono le persone comuni (scrittori e lettori qualunque, non necessariamente esperti in dialettologia);
• riferimento naturale è l’alfabeto della lingua italiana classica, composto di 21 grafemi (non più di una ventina di persone si stima fossero in grado esprimersi per iscritto a Peschici, allorquando i Savoia decisero di promuovere il dialetto toscano a lingua italiana, e quindi anche a lingua peschiciana);
• variazioni eventuali rispetto all’alfabeto italiano, contenute per quanto possibile (cercando un compromesso ragionevole tra la scorrevolezza del parlato e il rigore dei dialettologi), sono debitamente motivate.

Esigenze e opportunità riscontrate (i fonemi sono rappresentati con le codifiche dell’alfabeto fonetico internazionale IPA):
• esigenza: rappresentare la vocale atona /ə/ (codifica IPA), fonema non presente nella lingua italiana;
soluzione proposta: grafema /ë/ (es.: il termine italiano ‘burro’ è tradotto in peschiciano con il termine ‘burrë’);
• esigenza: rappresentare la semivocale /j/ (IPA), fonema presente nella lingua italiana ancorché non rappresentato da grafemi;
soluzione proposta: grafema /j/ (es.: il termine italiano ‘io’ è tradotto in peschiciano con il termine ‘ji’);
• esigenza: rappresentare adeguatamente (si presenta, è comune, anche a inizio di parola) il fenomeno fonetico “geminazione” (raddoppiamento dei suoni consonantici);
soluzione proposta: rappresentare con un monogramma tutti i suoni consonantici, compresi quelli rappresentati nella lingua italiana da digrammi; monogrammi suggeriti:
o digramma /ch/ della lingua italiana (fonema /k/ IPA), rappresentato col grafema /k/ (es.: il termine italiano ‘chiave’ è tradotto in peschiciano con il termine ‘kjavë’; ne consegue che il termine italiano ‘carta’ è tradotto con il termine ‘kartë’);
o digramma /gh/ della lingua italiana (fonema /g/ IPA), rappresentato col grafema /ġ/ (es.: il termine italiano ‘ghisa’ è tradotto in peschiciano col termine ‘ġejsë’; ne consegue che il termine italiano ‘galoppo’ è tradotto con il termine ‘ġalòppë’);
o digramma /gn/ della lingua italiana (fonema /ɲ/ IPA), rappresentato col grafema /ñ/ (es.: il termine italiano ‘pignatta’ è tradotto in peschiciano col termine ‘piñàtë’);
o digramma /sc/ dolce della lingua italiana (fonema /∫/ IPA), rappresentato col grafema /š/ (es.: il termine italiano ‘miscela’ è tradotto in peschiciano col termine ‘mëšèilë’);
(nota a latere: la soluzione proposta elimina ambiguità di pronuncia dei grafemi dialettali /cë/, /cj/, /kë/, /kj/, /gë/, /gj/, /ġë/, /ġj/);

• opportunità: evitare ambiguità indotte dal possibile utilizzo di grafemi della lingua italiana non necessari nel dialetto peschiciano;
soluzione proposta: escludere i grafemi /h/ e /q/ dell’alfabeto italiano; di fatto:
o grafema /h/ (fonema non contemplato in IPA): non rappresenta un fonema specifico, modifica il fonema rappresentato da grafemi contigui (es.: il termine italiano ‘chiave’ è tradotto in peschiciano col termine ‘kjavë’, il termine italiano ‘ho’ è tradotto con il termine ‘tenġë’);
o grafema /q/ (fonema /k/ IPA): rappresenta lo stesso fonema rappresentato dal digramma /ch/ (es.: il termine italiano ‘quadro’ è tradotto in peschiciano con il termine ‘kuàdrë’, il termine italiano ‘acqua’ è tradotto in peschiciano con ‘àkkuë’).

Alfabeto peschiciano proposto:
• è composto da 25 grafemi (21+2+4-2=25);
• presenta 6 grafemi non presenti nell’alfabeto italiano, desunti da alfabeti di lingue che hanno storicamente interagito col territorio;
• è “fonetico” (ogni fonema è rappresentato da uno e un solo grafema, ogni grafema rappresenta uno e un solo fonema), pertanto privo di ambiguità di pronuncia.

Tengo a sottolineare esplicitamente che gli autori della “Ġrammàtëka Pëskëciànë” sono assolutamente aperti ad accogliere ogni suggerimento supportato da motivazioni consistenti. Temo davvero che Albert Einstein (che non si stancava di ripetere ai suoi discepoli: “Se voi non riuscite a raccontare una cosa a vostra nonna in modo che lei la capisca, significa che neanche voi l’avete capita tanto bene!”), qualora gli dovesse mai accadere di dare una sbirciatina a questo scritto, finirebbe col commiserarmi in eterno.

Paolo Labombarda

 Redazione

 

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  Commenti dei Lettori:

-- 13/12/2011 -- 17:21:36 -- vincenzo

Domenico Sergio (Antonacci?). Stavi dormendo e non ti sei accorto prima? vedute soggettive a parte, non posso non dare ragione a Paolo. "Vuj sit pazz" non corrisponde sicuramente al peschiciano; va bene come ha scritto Paolo, In rodiano scriverei in altro modo, ma qui non posso farlo. La /j/ è semiconsonante o semivocale. Come semivocale può essere letta /i/. Hai mai detto "vui" in dialetto?

 
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