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14/09/2011

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LA VENDETTA DELLA LUNA ROSSA

Clicca per Ingrandire Stanotte la luna è venuta a svegliarmi. Sì proprio così, e mi va di ripeterlo nel caso in cui qualcuno pensasse di avere capito male: questa notte la luna è passata a farmi visita, svegliandomi. E non in modo grazioso, come ci si potrebbe aspettare da questo satellite argenteo e delicato che risplende di luce riflessa. Eh no, è accaduto esattamente il contrario! Costei mi ha destato con le dovute maniere, vale a dire con gli stessi modi che userebbe colui che volesse svegliare un ubriaco addormentatosi con le scarpe e tutti i vestiti indosso: bruscamente e senza appello, di soprassalto, a scossoni, per utilizzare un'analogia tattile.

Forse la luna si è offesa perché si è sentita snobbata da me proprio nel momento in cui voleva maggiormente dare spettacolo, cioè durante la sua eclissi della notte scorsa. Ma io non sapevo questa storia dell’eclissi o, per meglio dire, non la sapevo almeno fino a quando non sono entrato in Rete. Infatti, quando ci si trova nel Villaggio globale è praticamente impossibile non conoscere quello che accade nel mondo (o nell’universo) e quelle notizie, che per mancanza di tempo o di volontà non hai cercato, ti arrivano così, semplicemente, senza alcuno sforzo da parte tua. Talvolta sono notizie di prima mano: articoli di quotidiani proposti da qualche avveduto utente che vuole contribuire a diffondere tali informazioni al popolo informatico, talaltra si tratta di opinioni su fatti o idee oppure commenti sui soggetti più disparati.

Ebbene, ieri sera la ‘vedette’ di noi internauti era la luna. L'annuncio che andava per la maggiore era infatti l’eclissi lunare che si sarebbe svolta nel corso della notte, avvenimento assai raro e dunque, in virtù di ciò, molto importante. Inoltre, ad aumentare la consistenza dell’evento, questa sfera che gira intorno al nostro pianeta avrebbe assunto una colorazione rossastra causata dalla rifrazione della luce terrestre per ragioni scientifiche che non mi pare opportuno stare qui a spiegare. Per farla breve, si trattava di un episodio estremamente ragguardevole. Insomma, di un fatto davvero da non perdere, per nulla al mondo.

E che cosa ho fatto io, pur avendo sviluppato tale consapevolezza? Nulla. In effetti, dopo aver preso atto dello straordinario fenomeno che stava per accadere, non mi sono precipitato alla finestra, né sono corso ad annunciarlo ai miei familiari. Niente. Sono rimasto davanti alla tastiera del computer limitandomi a dedicare all’astro d’argento “Who killed Mr Moonlight”, un vecchio pezzo dei Bauhaus dalle macabre atmosfere e dalle sonorità decadenti. Ma c’è altro. Mi sono pure permesso un’osservazione personale fin troppo audace, anche se con l’attenuante della sincerità rispetto all’ipocrisia dilagante a cui si è avvezzi in tali casi. Mi sono detto, appunto: “Ma che m’importa poi di ’sta eclissi lunare? E tutto sommato: che m’importa della luna?”

A quel punto ho pensato a Calvino: in un suo racconto che fa parte di “Le città invisibili” è questione di una città i cui abitanti non osservano mai il cielo, in quanto troppo indaffarati e inquieti per sollevare lo sguardo verso l’alto. Allora spendono la loro vita così, col naso e gli occhi puntati a terra, verso il grigio dell’asfalto e, metaforicamente, verso il grigiore delle loro miserevoli esistenze. Ecco, mi sono sentito esattamente come uno di quei tristi personaggi metropolitani ormai insensibili all’incanto offerto da uno spettacolo della natura. Una sorta di sciupone di bellezza e di senso del sacro, che il firmamento induce in coloro che sanno ancora meravigliarsi dinanzi al suo spettacolo.

Per giunta, dopo questa amara constatazione, invece di sentirmi meschino e miserabile, ho preso a difendere la mia scelta di non scollarmi da sedia e pc e ho cominciato ad apostrofare la luna più o meno in questi termini: “Senti cara Luna, io ora ho cose più importanti da fare, e tu proprio stasera dovevi decidere di metterti a dare questa tua rappresentazione al mondo?” E per rincarare la dose: “E poi sono certo che se pure io ora andassi a contemplare il cielo, il tuo teatrino non potrei nemmeno vederlo da casa mia. Forse potrei assistervi se abitassi in qualche paese esotico tipo l’India o la Polinesia, ma qui niente da fare. Perciò lasciami in pace che tanto la finestra non l’apro”.

Dopo un simile monologo era chiaro che avevo perso ogni pudore e ritegno nei confronti del genere umano e mi fu dunque molto facile scordare tutto nel giro di pochi minuti (malgrado le dettagliate informazioni che su tale evento continuavano a piovere da tutti i cieli informatici intercettati dal mio computer). Così, terminate le mie ben più importanti occupazioni serali, spensi l'apparecchio e me ne andai a letto addormentandomi in un battibaleno.

Ma la luna è venuta durante la notte. E mi ha svegliato. Dapprima ho avvertito una presenza nella stanza (ci giurerei proprio una presenza), poi le mie palpebre ancora abbassate hanno percepito un bagliore bussare insistentemente alle finestre dell'anima. Allora, nel dormiveglia, ho socchiuso gli occhi per richiuderli subito dopo, tanto era forte lo sfolgorio che filtrava attraverso la tapparella della camera: una luce bianca, intensa, quanto quella di un riflettore! Uno sfavillio così luminoso da ferirmi le retine ancora assonnate. Non capivo cosa stesse succedendo.

Nel torpore in cui ancora mi trovavo faticavo a spiegarmi razionalmente quanto stava accadendo. Dormivo in quella stanza da due anni circa e mai, dico mai, mi era capitata una cosa del genere. Cercai di razionalizzare: si trattava sicuramente del lampione che di notte illumina il giardino al pianterreno. Ma no, non è possibile: la sorgente di luce proviene dall’alto! Ma è proprio lei: la luna! Ma come può la sua luce essere così potente?! Ormai ero sveglio… e un tantino inquieto. Mi guardai attorno: la camera da letto era illuminata quasi a giorno. Accanto a me, mia moglie riposava serena: non si era accorta di nulla. Il suo viso era completamente inconsapevole e ignaro di quanto stavo sperimentando.

Decisi di alzarmi e mi diressi in cucina per indagare meglio lo strano fenomeno. Tirai su l'avvolgibile e la vidi troneggiare nel nerissimo cielo. Ma non mi sembrò più grande rispetto al solito, e non era né mutilata dall’eclissi né rossa. Mi dissi che si trattava della solita luna, solo più luminosa. Incredibilmente più luminosa. Pensai: “E’ come se stanotte la luna si fosse fatta delle iniezioni di sole”. Infatti rischiarava tutto: la campagna circostante, le chiome degli alberi, i tetti delle case, il crinale della montagna, sullo sfondo. Illuminava il mondo di una luce che si irradiava uniforme e vibrante al contempo, e giungeva fino a me.

Mi guardai mani e braccia: anche il mio corpo era partecipe di questa luce che sul pavimento della cucina assumeva una colorazione bianco-azzurrognola. Non so perché ma maturai la convinzione (sarebbe più esatto chiamarla intuizione, in quanto non supportata da alcun ragionamento logico o coerente con ciò che definiremmo abitualmente la realtà delle cose) che quanto stava accadendo mi riguardasse in qualche modo. In altri termini, è come se la luna stesse facendo questo per me, per farmi capire qualcosa.

Continuai a esaminarla con attenzione. I miei occhi erano ben aperti e ormai abituati al chiarore, ora potevo sostenere lo sguardo senza esserne offeso. La guardai e… capii: la luna voleva rimproverarmi per il mio comportamento della sera prima! Allora le dissi: “Ma perché, Luna, tutto questo? Era così importante per te che io ti guardassi ieri sera, durante la tua eclissi?” Alla domanda mi parve che rispondesse: “Fratello terrestre, tu stanotte ti sei scordato di me, e questo non va bene perché quando tu mi ignori io non posso nutrire la tua Anima. E questa, senza il mio nutrimento, a poco a poco si spegnerebbe, e tu ti consumeresti come una candela alla fine del suo ciclo”.

Poi continuò: “Vedi, Fratello umano, l’eclissi era solo un espediente affinché tu ti accorgessi di me. Era uno stratagemma che avevo preparato apposta per te, ma tu hai sciupato l’occasione avuta. Dimenticandoti di me hai voltato le spalle alla tua Umanità”. Abbassai lo sguardo. Non sapevo più come posizionarmi davanti a questi pensieri che acquistavano forza diventando certezze. Ero turbato e amareggiato, perché sentivo che la luna stava dicendo il vero. Ed era inoltre chiaro che avevo perduto un’opportunità che sarebbe stata irripetibile.

“Ma forse – pensai - tutto questo non è irreparabile”. E di nuovo mi rivolsi alla luna per chiederle consiglio. Ed essa rispose: “Beneamato Fratello, io non verrò più da te come ho fatto questa notte. D’ora in avanti sarai tu a dovermi cercare quassù, nel cielo, ogni notte oppure ogni tanto, questo dipenderà da te che sei un essere pensante e possiedi il libero arbitrio. Sappi però che più spesso verrai a trovarmi, più spesso potrò essere di beneficio e sollievo alla tua anima stanca”.

Aprii il frigo. Presi uno yogurt e lo mangiai in silenzio. Provavo uno strano sentimento di nostalgia e compiutezza al contempo. Però mi sentivo bene. Guardai ancora fuori dalla finestra. Ora il riflesso lunare mi sembrava diminuito: un chiarore affettuoso e azzurrino rischiarava gentilmente il paesaggio a perdita d'occhio. Tutto pareva riposare pacificamente: la natura, le cose dell’uomo, gli uomini nelle loro case. Tutto… Riabbassai la tapparella e tornai in camera a dormire. La sveglia sul comodino segnava ormai le quattro e mezzo. Fra poco sarebbe cominciato un nuovo giorno.

Luigi Scarabino

 Redazione

 

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