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07/06/2008

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L"IDOLO DEL DISPOTISMO SI NUTRE DEGLI OMICIDI DI STATO

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Già nel 1764 l’analisi filosofica di Cesare Beccaria individuò chiaramente la correlazione tra l’istituzione della pena di morte e un difetto di democrazia degli Stati dove è applicata. Alla mentalità democratica ripugna naturalmente l’attuazione della vendetta di Stato su chi ha commesso un reato. Perciò crediamo che una nuova alba illumini il mondo dal giorno in cui l’Assemblea dell'Onu ha messo a segno la risoluzione, promossa dall’Italia, che stabilisce la moratoria sulle esecuzioni capitali e in cui si richiede a tutti gli Stati che ancora ricorrono alla pena capitale di limitarne progressivamente l’uso “e ridurre il numero di reati per i quali essa può essere comminata”. Inoltre si richiede l’applicazione degli standard internazionali per la tutela dei diritti dei detenuti condannati a morte.

Molti studi hanno analizzato se la pena capitale è un deterrente più potente dell’ergastolo per abbassare il numero di reati gravi nelle nazioni dove si pratica. La risposta è negativa! Ecco una conferma che a prevalere, dove essa è applicata, è la valenza di una vendetta della società.

Le forme e i metodi di esecuzione tramite i quali si pratica la pena di morte vanno dalla decapitazione (Arabia Saudita e Iraq) alla fucilazione (Cina, Somalia, Vietnam…), dall’impiccagione (Egitto, Giappone, Iran…) all’iniezione letale (Filippine, Tailandia, USA…), dalla lapidazione (Afghanistan e Iran) alla sedia elettrica (USA) e al pugnale (Somalia).

Amnesty International riferisce che molte persone messe a morte negli Usa, dalla ripresa delle esecuzioni nel '77, erano affette da malattia mentale grave e perciò avevano rinunciato a ricorrere in appello, esprimendo così inconsapevolmente il proprio consenso all’esecuzione. Per alcuni di questi imputati il disturbo mentale grave è stato additato come indice di estrema pericolosità, per cui l’accusa riteneva più adeguata la condanna a morte anziché l’ergastolo. Come si vede, molti crimini contro l’umanità possono essere perpetrati quando prevale un malinteso uso della giustizia. Ultimo ma non minore argomento contro la pena di morte è la considerazione che spesso sono stati giustiziati innocenti di cui solo a esecuzione eseguita si è venuto a conoscere l’estraneità ai fatti.

Probabilmente l’epoca delle esecuzioni capitali tramonterà sul mondo quando il sole della democrazia lo illuminerà da un estremo all’altro e, nella percezione della generazione fortunata che lo vedrà, la nostra Era apparirà ancestrale non meno di quella dei sacrifici umani da noi oggi tanto superiormente guardati col cannocchiale rovesciato. Lo stato ferino non è lontano sulla linea dell’orizzonte e le esecuzioni capitali ne rappresentano una non trascurabile sopravvivenza.

Maria Mattea Maggiano


A corollario dell’editoriale diamo nella categoria REPORTAGE i dati di Amnesty International

 Punto di Stella - mensile d'informazione del gargano - GIUGNO 2008

 

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