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02/09/2011

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IL MARE ADRIATICO NON È IN VENDITA!

Clicca per Ingrandire Da Los Angeles ci scrive Maria Rita D'Orsogna, professore associato del Dipartimento di Matematica dell’Istituto per l’ecosostenibilità all’Università di Northridge (Stato della California). Di seguito il contenuto della mail che rilancia l’allarme sulle richieste di autorizzazione inoltrate al Ministero dell'Ambiente da parte di società petrolifere per eseguire ispezioni sismiche con la tecnica dell'airgun. E il consueto appello a mantenere desta l’attenzione delle popolazioni interessate e dei governi regionali.


«In data 5 agosto 2011 la società inglese Spectrum Geo ha presentato richiesta di autorizzazione al Ministero dell'Ambiente per eseguire ispezioni sismiche nel mare Adriatico con la tecnica dell'airgun alla ricerca di petrolio. Le due concessioni in giacenza al Ministero sono la d1 BP SP e la D1 FP SP, e spiccano per la loro estensione territoriale: oltre 30mila chilometri quadrati lungo tutta la costiera Adriatica da Rimini fino a Santa Maria di Leuca, investendo dunque Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, a circa 25 chilometri da riva (foto del titolo; ndr).

«Le ispezioni sismiche si eseguono tramite violentissimi spari di aria compressa rivolti verso i fondali marini. Le onde riflesse forniscono informazioni sui giacimenti di idrocarburi nel sottosuolo. Numerosi studi scientifici mondiali attestano la loro estrema dannosità per le specie marine: gli spari airgun possono causare spiaggiamenti, lesioni, morte di cetacei, pesci e specie bentonitiche anche a centinaia di chilometri di distanza dal punto di impatto.

«La Spectrum è una società a responsabilità limitata che intende commercializzare i suoi dati a ditte straniere. Data l'entità del progetto e la vicinanza alla riva delle ispezioni sismiche, il rischio cui si va incontro è di avviare un irreversibile processo di petrolizzazione dell'Adriatico intero con pozzi e infrastruttura petrolifera lungo il litorale, rischi di subisdenza, scoppi, perdite di petrolio, deturpazione del paesaggi, stravolgimenti della qualità della vita e pochissimi benefici per i cittadini italiani.

«Il mare Adriatico è un mare fragile, chiuso, con lenti ricambi di acqua, già sottoposto a decine e decine di concessioni petrolifere avanzate lungo la costa dei Trabocchi, alle isole Tremiti, in Salento, lungo la riviera emiliana e marchigiana, da parte di ditte straniere che ripetutamente affermano ai loro investitori che trivellare in Italia è facile ed economicamente conveniente. Lo stesso scenario si ripete nel mar Ionio e in Sicilia.

«Esortiamo il Ministero dell'Ambiente e la classe dirigente delle regioni interessate a farsi portavoce delle preoccupazioni dei cittadini e di attivarsi per leggi che proteggano maggiormente il nostro patrimonio ambientale comune. Lungo le coste americane pacifiche e atlantiche vige il divieto assoluto di trivellare ed eseguire ispezioni sismiche a 160 chilometri da riva per proteggere turismo e ambiente. Occorre una visione lungimirante anche per il mare Adriatico e di leggi che lo proteggano dalle trivellazioni selvagge, coinvolgendo anche le comunità costiere della ex-Yugoslavia e con l'interdizione di nuovi pozzi petroliferi su tutta la sua superficie.

«L'Adriatico non è il golfo del Messico, ma il mare degli italiani. Merita di essere protetto per il godimento delle generazioni presenti e future e non venduto al miglior offerente straniero in cambio di pochi spiccioli.»

Maria Rita D'Orsogna


Contemporaneamente ci giunge notizia di un appello “forte e chiaro” dell’ex presidente della Commissione Ambiente della Provincia di Lecce, Nicolino Sticchi, inviato a istituzioni, forze politiche e stampa per sollecitare un'azione di lotta contro uno “scempio che questo territorio non può assolutamente sopportare”.

«Ancora una volta questo Governo si dimostra insensibile ad ascoltare la voce del popolo che invoca con forza il “Principio di precauzione” alla tutela preventiva dell’interesse pubblico ambientale. La possibile azione devastante che potrebbe colpire il patrimonio ambientale del mare pugliese e tutto l’indotto del turismo locale non ha fermato il Ministero dell’Ambiente a rilasciare le autorizzazioni alla Società Northern Petroleum per avviare le ricerche di idrocarburi nella zona antistante la costa adriatica pugliese, dalle Isole Tremiti a Otranto, e a pochi chilometri dalla riva. Così, al danno all’ambiente e alla salute che i salentini sopportano, a causa dell’inquinamento dell’aria da parte di alcune Aziende operanti nei territori di Taranto, Brindisi e Lecce; ai danni al territorio agricolo, naturalistico e paesaggistico derivanti dalla lottizzazione selvaggia e senza scrupoli dell’utilizzo del sole e del vento per megaimpianti fotovoltaici e eolici che stanno modificando l’aspetto visivo e culturale dei luoghi; si aggiungerà ora il danno dell’attività estrattiva dell’oro nero (petrolio) in mare, distruggendo alcune di quelle poche risorse compatibili rimaste al Salento, “un’acqua cristallina, salubre, trasparente e una pesca ancora sostenibile”.

«Naturalmente non possono valere le rassicurazioni del Ministero circa il sistema non invasivo della ricerca e della trivellazione dei fondali marini, quando sappiamo che negli ultimi anni gravissimi incidenti si sono verificati, non ultimo quello nel Golfo del Messico, i cui danni ambientali dalla fuoriuscita di petrolio sono irreversibili. Se si tiene conto poi dell’irrilevante beneficio economico che lo Stato trae dalla concessione dell’utilizzo dei propri beni, pagato in questo caso dalle multinazionali del petrolio, ci si rende conto sempre più di quanto sia assurdo e irrazionale correre il rischio di mettere in crisi settori vitali, quali il turismo, la pesca, la qualità della vita e dell’aria.

«A conferma che per questo Governo l’interesse pubblico non è prevalente, basta leggere il Decreto legislativo 121/2011 di attuazione della direttiva CE 99/2008 sulla tutela penale dell’ambiente approvato in data 7 luglio, col quale, anziché rafforzare le misure di tutela in materia di protezione di esemplari di specie protette e i relativi habitat, in modo irresponsabile si consente tolleranza a chi danneggia. La Società Northern Petroleum potrà quindi, nell’ambito delle sue ricerche di estrazione di idrocarburi in mare danneggiare l’habitat marino. Tanto, sarà sempre difficile dimostrare per l’organo di controllo se l’azione ha riguardato una quantità “trascurabile” o meno e abbia avuto un impatto “trascurabile” o meno sullo stato di conservazione della specie, come recita l’articolo di legge.

«E’ necessario e urgente allora, nell’interesse della Puglia, del Salento, della difesa delle risorse marine, dell’economia di questo territorio, intervenire con forza presso il Governo per far sentire la voce di dissenso contro le autorizzazioni per la ricerca di idrocarburi già rilasciate e per quelle in itinere. I Salentini, che in più occasioni hanno già espresso piena convinzione a favore delle energie rinnovabili attuate in modo razionale e compatibile, hanno già iniziato la loro battaglia civile per esprimere contrarietà a questo nuovo e scellerato atto da parte del Governo. Non per presa di posizione o per fare del ‘no’ la ragione della propria identità, come spesso vengono additati coloro che credono in un progetto di sviluppo diverso, bensì per preservare e valorizzare l’esistente e garantire alle future generazioni stesse opportunità.

«La Provincia di Lecce e tutti i suoi 97 Comuni, se ne condividono ragioni e preoccupazioni della protesta, adottino a breve un atto consiliare di contrarietà alla ricerca di idrocarburi nelle acque dell’Adriatico e lo inviino al Ministero per bloccare qualsiasi attività in corso e futura. La Regione Puglia lo ha già fatto, predisponendo anche una proposta di provvedimento di legge di “divieto di prospezione, ricerca e coltivazione d'idrocarburi liquidi” per salvare l’Adriatico dalla speculazione delle società petrolifere.
Affrontiamo allora uniti questa campagna e forse riusciremo ancora a fermare l’azione del Governo e della Società Northen Petroleum che, sicuramente, non ha a cuore le sorti dell’Adriatico, della Puglia e del Salento.»

Nicolino Sticchi

 Redazione

 

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