Testa

 Oggi è :  27/12/2024

Benvenuto  nel Giornale

CERCA GLI ARTICOLI :

  

Testo scorrevole
Sx

  L'ARTICOLO

09/05/2011

Dimensione carattere normale  Ingrandisci dimensione carattere  Ingrandisci dimensione carattere

Segnala

LAVORO NERO: OLTRE AL DANNO LA BEFFA

Clicca per Ingrandire Ora anche chi subisce il ricatto del “lavoro nero”, ossia l’incolpevole lavoratore, dovrà comunque pagare le imposte non versate dal datore di lavoro e quindi dichiarare quanto percepito. Si è trovato forse un nuovo modo per far emergere il lavoro nero o è un invito ai lavoratori a denunciarlo? Non crediamo, data l’estensione del fenomeno, vera e propria piaga in particolare nel Mezzogiorno, ma diffuso in ogni ambito lavorativo del Paese e di difficile soluzione se non si adotteranno con urgenza misure strutturali in materia di occupazione. Questo il commento di chi scrive alla sentenza n. 9867/2011 della Corte di Cassazione.

Secondo la sezione tributaria della Suprema Corte, infatti, con la decisione in questione il lavoratore che percepisce lo stipendio in nero ha l’onere comunque di dichiarare al fisco il reddito ricevuto e quindi il comportamento illegittimo del datore di lavoro-sostituto d’imposta non assorbe e annulla gli obblighi del lavoratore. Il caso di cui si occupa la Cassazione era stato avviato a seguito di un avviso di accertamento Irpef dell’Agenzia delle Entrate attraverso il quale si richiedeva il pagamento delle tasse relative ai redditi erogati e non dichiarati da una società. In particolare, gli stipendi in nero erano stati provati a seguito del reperimento in occasione di una verifica fiscale nei confronti della società datrice di lavoro delle ricevute rilasciate dal lavoratore.

Le commissioni tributarie provinciali e regionali avevano accolto i ricorsi del contribuente-lavoratore, che si era opposto al prelievo, poiché non risultava un accordo per non dichiarare il reddito e in virtù della manifesta buona fede con cui aveva agito il contribuente ritenendo di non dover presentare la dichiarazione per redditi derivanti dall’unico rapporto di lavoro. I giudici del Palazzaccio, al contrario, hanno accolto la linea difensiva dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui in presenza di pagamenti in nero sussiste comunque l’obbligo del lavoratore di dichiarare al fisco i pagamenti.

Uniformandosi all’orientamento generale di legittimità, gli ermellini hanno ritenuto comunque che in caso di mancato versamento della ritenuta d'acconto da parte del datore di lavoro, il soggetto obbligato al pagamento del tributo è comunque anche il lavoratore contribuente e hanno espresso il principio secondo cui “in presenza dell'obbligo di effettuare la ritenuta di acconto (diretta in sé ad agevolare non solo la riscossione, ma anche l'accertamento degli obblighi del percettore del reddito), l'intervento del "sostituto" lascia inalterata la posizione del "sostituito", il quale è specificamente gravato dall'obbligo di dichiarare i redditi assoggettati a ritenuta, poiché essi concorrono a formare la base imponibile sulla quale, secondo il criterio di progressività, sarà calcolata l'imposta dovuta, detraendosi da essa la ritenuta subita come anticipazione di prelievo”.
Giovanni D’Agata*


*Componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori e fondatore dello “Sportello dei Diritti”,.



 Comunicato (foto: www.lecceprima.it)

 

Dimensione carattere normale  Ingrandisci dimensione carattere  Ingrandisci dimensione carattere

Segnala

 

 
 

  Commenti dei Lettori:

 
Dx
 

ACCESSO AREA UTENTI

 

 Username

Password

 

Area Privata

Logout >>

 

     IL SONDAGGIO

 
 

VIDEO DELLA SETTIMANA

ESTATE E SANITA

 

STATISTICHE .....

Utenti on line: 4031

 
 
Inferiore

powered by Elia Tavaglione

Copyright © 2008 new PUNTO DI STELLA Registrazione Tribunale n. 137 del 27/11/2008.

Tutti i diritti riservati.