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28/04/2011

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UNA VOCE E UNA TAMORRA

Clicca per Ingrandire Senza curiosità non ci può essere passione, e nel nostro caso la passione è musica, è cultura. Da un semplice rimbalzo di link sul popolare social network facebook, Domenico Sergio Antonacci (Carpino Folk Festival) è riuscito a intervistare il tenore Francesco Pellegrino (foto del titolo; ndr), interprete della musica tradizionale napoletana.

- Francesco, raccontaci un po’ di te.

Ho la passione per la musica tradizionale e classica napoletana da sempre, dall’età di dieci anni. Ho conseguito il diploma di Canto col massimo dei voti al Conservatorio di Musica di Benevento. La svolta è arrivata vincendo il Concorso Internazionale Arturo Toscanini dove ho catturato l’attenzione del famoso tenore Carlo Bergonzi che mi ha invitato a continuare gli studi con lui nella sua Accademia di Canto Verdiano in Busseto-Parma, e presso l’Accademia Chigiana di Siena. Poi ho lavorato nel coro del Teatro alla Scala di Milano con mostri sacri come Riccardo Muti, Roberto Gabbiani, Valerie Gergiev, Lorin Maazel, Wolfgang Sawallisch, Vladimir Rostropovich, Kent Nagano, Georges Prêtre e Giuseppe Sinopoli. Come solista in opera ho interpretato i ruoli di Cavaradossi (Tosca), Pinkerton (Butterfly), Il Duca (Rigoletto) e Alfredo (Traviata) in tutta Europa e negli Stati Uniti. Attualmente vivo a Toronto, in Canada, dove insegno all’Università, Dipartimento Studi della voce.

- Come ti sei avvicinato al mondo della musica tradizionale?

Sono cresciuto suonando la tamorra alle varie feste della mia città, quindi ho assorbito naturalmente e sul campo questo immenso patrimonio.

- Di quali zone del Sud Italia suoni le musiche?

Ovviamente la mia regione, la Campania, di cui è prevalentemente ricco il nostro repertorio. ma vivendo in Nord America abbiamo preferito allargare anche alla musica della Puglia e della Basilicata proprio per portare questa cultura ai tantissimi emigranti di queste regioni.

- Che strumenti suoni solitamente nel gruppo?

Oltre al canto, ovviamente, suono la chitarra battente e le castagnette.

- Come nasce l'idea di esportare questa musica all'estero?

L'idea nasce dal semplice fatto di continuare a fare anche qui in Canada, dove vivo da circa dieci anni, quello che ho sempre fatto, cioè cantare questa musica. Farla qui in Nord America ha un sapore del tutto particolare perché vedere piangere di gioia il nostro pubblico è qualcosa di inspiegabile. Canto la musica napoletana da tutta una vita e in giro per il mondo, ma il progetto del Vesuvius Ensemble è più puntato alla diffusione di questo genere popolare e il nostro intento è di portarlo alla gente che non lo conosce affatto e ai tanti emigranti che affollano questa parte del mondo. Questo è quanto ci proponiamo nei nostri progetti, che sono sono tanti.

- Cosa avete in mente per il futuro?

In cantiere abbiamo altre tarantelle, le Villanelle, le Tammurriate o Canti sul tamburo, le cantate napoletane dell'epoca barocca, la messa in musica di alcune fiabe del Pentamerone del Basile, La cantata dei pastori…

- Siete in formazione fissa? Chi sono le persone con cui suoni?

La formazione base è un trio, di volta in volta con ospiti; nel Vesuvius Ensemble invece oltre a me ci sono Lucas Harris (Tiorba, Chitarra Barocca, Calascione, Chitarra Rinascimentale) e Marco Cera (Chitarra Barocca, Battente, Ciaramella).

- Ci sono enti coinvolti?

Si, il Columbus Centre e l'istituto Italiano di Cultura.

- E l'università dove insegni svolge qualche ruolo?

No.

- Come risponde il pubblico? Da chi è composto solitamente? Ci sono discendenti di italiani o anziani italiani immigrati molto tempo fa che vi hanno ascoltato?

Il pubblico non è prevalentemente italiano essendo Toronto la città più multietnica al mondo. Vivono in questa città ben 86 differenti etnie e il nostro pubblico abbraccia un po’ tutti. Il pubblico italiano non è solo composto da anziani ma anche da tanti giovani di II o III gererazione. Certo, gli italiani sono quelli che si commuovono di più, perché alla fine di ogni concerto ho solitamente un incontro con loro e le storie che raccontano sono tante e tutte molto emozionanti. C'è chi mi dice di aver ascoltato questi canti dai propri genitori, chi si ricorda che i nonni cantavano questi canti, chi si ricorda delle feste ai santuari e posso garantirti che le lacrime sono tante e di gioia.

- Dove suonate solitamente?

Dappertutto, anche se prossimamente avremo un posto tutto nostro, "una nostra casa".

- Come mai avete ripreso proprio la tradizione di una delle tarantelle che si suonano sul Gargano?

Lo scopo primario è portarla ai tanti pugliesi emigrati.

- Cosa ci dici di Andrea Sacco?

Ho conosciuto Andrea Sacco molti anni fa quando da giovane giravo parecchio per le Puglie.

- Conosci il testo e la musica originali della tradizione orale oltre a quelli che voi avete riproposto in maniera "barocca" (con gli strumenti usati secoli fa)?

Se ti riferisci alla Tarantella del Gargano, sì, conosco quella versione che si ritiene sia l'originale. Sai, è difficile venire a capo di musiche originali in questo genere, è la tradizione orale a farla da padrona. Noi cerchiamo di attenerci sempre alla purezza delle cose che mettiamo in atto proprio in rispetto alla tradizione... non contaminiamo, questo lo lasciamo fare ad altri.

- Conosci il Carpino Folk Festival e i Cantori di Carpino?

Sì.

- Hai mai ascoltato una registrazione originale di un informatore garganico?

Sì, posseggo parecchio materiale, anche da me registrato direttamente sul campo negli anni '80.

- Ti interesserebbe eventualmente una collaborazione con l'Associazione culturale Carpino Folk Festival che coinvolgesse anche l'Università di Toronto?

Possiamo parlarne.

Domenico Sergio Antonacci


Discografia:
Puccini Magnificat (2003)
Serenata napulitana (2004)
Devozione (2009)



 Associazione Culturale Carpino Folk Festival

 

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