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17/03/2011

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“IL CANTO DEGLI ITALIANI”: AUTORE E STORIA

Clicca per Ingrandire Goffredo Mameli dei Mannelli nasce a Genova il 5 settembre 1827. Liberale e repubblicano, la sua è una cultura classica, e forte il richiamo alla romanità all'interno del suo Inno. Aderisce al pensiero di Mazzini il 1847, quando partecipa alle manifestazioni genovesi per le riforme e scrive le parole di “Il Canto degli Italiani”, conosciuto anche come Inno di Mameli o anche Fratelli d'Italia, musicato poi da Michele Novaro. Da quell'anno si dedica interamente alla causa italiana: nel marzo 1848, a capo di trecento volontari col grado di capitano dei bersaglieri, raggiunge Milano insorta per combattere gli Austriaci sul Mincio. Nonostante la febbre, è sempre in prima linea nella difesa della città di Roma assediata dai Francesi. Il 3 giugno è ferito alla gamba sinistra, che dovrà essere amputata per cancrena. Muore d'infezione il 6 luglio, alle sette e mezzo del mattino, a soli ventidue anni. Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo.


COME NASCE “FRATELLI D’ITALIA” = L'inno nazionale della Repubblica Italiana viene adottato provvisoriamente il 12 ottobre 1946 e definitivamente il 17 novembre 2005. La testimonianza più nota della sua nascita è resa da Carlo Alberto Barrili, patriota e poeta, amico e biografo di Mameli. Siamo a Torino.

“Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d'accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell'anno per ogni terra d'Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari (“Del nuovo anno già l'alba primiera”) al recentissimo del piemontese Bertoldi (“Coll'azzurra coccarda sul petto”) musicata dal Rossi.

“In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l'egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano. Giungeva egli appunto da Genova e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: “To' - gli disse, - te lo manda Goffredo”. Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos'è; gli fan ressa d'attorno. “Una cosa stupenda!” esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio.

“Io sentii - mi diceva il Maestro nell'aprile del ’75 avendogli io chiesto notizie dell'Inno per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli - io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo. Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all'inno, mettendo giù frasi melodiche, l'un sull'altra, ma lungi le mille miglia dall'idea che potessero adattarsi a quelle parole.

“Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po' in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c'era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte. Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d'un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l'originale dell'inno Fratelli d'Italia."


IL TESTO
Fratelli d'Italia,
l'Italia s'è desta,
dell'elmo di Scipio
s'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
che schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!

Noi fummo da secoli
calpesti, derisi,
perché non siam popoli,
perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
bandiera, una speme:
di fonderci insieme
già l'ora suonò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!

Uniamoci, uniamoci,
l'unione e l'amore
rivelano ai popoli
le vie del Signore.
Giuriamo far libero
il suolo natio:
uniti, per Dio,
chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!

Dall'Alpe a Sicilia,
Dovunque è Legnano;
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core e la mano;
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla;
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!

Son giunchi che piegano
Le spade vendute;
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia
E il sangue Polacco
Bevé col Cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte,
siam pronti alla morte.
Siam pronti alla morte,
l'Italia chiamò, sì!



APPROFONDIMENTI DI ALCUNE PAROLE E LOCUZIONI (da scudit.net)

L'ELMO DI SCIPIO = L'Italia ha di nuovo sulla testa l'elmo di Scipio (Scipione l'Africano), il generale romano che nel 202 a. C. sconfisse a Zama (attuale Algeria) il cartaginese Annibale. L'Italia è tornata a combattere.
LE PORGA LA CHIOMA = La Vittoria sarà di Roma, cioè dell'Italia. Nell'antica Roma alle schiave venivano tagliati i capelli. Così la Vittoria dovrà porgere la sua chioma perché sia tagliata, perché la Vittoria è schiava di Roma che sarà appunto vincitrice.
COORTE = Nell'esercito romano le legioni che lo formavano erano divise in molte coorti. “Stringiamci a coorte” significa quindi restiamo uniti fra noi combattenti che siamo pronti a morire per il nostro ideale.
CALPESTI = Calpestati.
RACCOLGACI = La lingua di Mameli è la lingua poetica dell'Ottocento. Questo “raccolgaci” in italiano moderno sarebbe “ci raccolga”, un congiuntivo esortativo che assimila il pronome diretto. Il significato è: ci deve raccogliere, tenere insieme.
UNA SPEME = Altra parola letteraria e arcaica. Significa speranza. Non c'è però da stupirsi troppo se Mameli usa queste parole. Nella lingua delle canzonette di musica leggera intorno al 1950 queste parole si trovano ancora.
FONDERCI INSIEME = Negli anni di Goffredo Mameli l'Italia è ancora divisa in molti staterelli. Il testo dice che è l'ora di fondersi, di raggiungere l'unità nazionale.
PER DIO = Doppia interpretazione possibile. Per Dio è un francesismo e quindi significa "da Dio": se siamo uniti da Dio, per volere di Dio, nessuno potrà mai vincerci. Certo è però che in italiano "per Dio" può essere anche una imprecazione, una esclamazione piuttosto forte. Che avrà mai voluto intendere Goffredo Mameli? Siccome aveva vent'anni ci piace pensare che abbia voluto lui stesso giocare sul doppio senso (in fondo i suoi rapporti con il Vaticano non erano buonissimi, tant'è vero che è morto proprio a Roma dove combatteva per la Repubblica).
DOVUNQUE È LEGNANO = Ogni città italiana è Legnano, il luogo dove il 1176 i comuni lombardi sconfissero l'Imperatore tedesco Federico Barbarossa.
FERRUCCIO = Ogni uomo è come Francesco Ferrucci, l'uomo che il 1530 difese Firenze dall'imperatore Carlo V.
BALILLA = E’ il soprannome del bambino che col lancio di una pietra il 1746 diede iniziò alla rivolta di Genova contro gli Austro-piemontesi.
I VESPRI = Il 1282, una sera, all'ora del vespro, i siciliani si ribellano ai francesi invasori. La rivolta si è poi chiamata la “rivolta dei Vespri siciliani”.
LE SPADE VENDUTE = I soldati mercenari si piegano come giunchi e l'aquila, simbolo dell'Austria, perde le penne.
IL SANGUE POLACCO = L'Austria, alleata con la Russia (il cosacco), ha bevuto il sangue polacco, ha diviso e smembrato la Polonia. Ma quel sangue bevuto avvelena il cuore degli oppressori.

 Redazione

 

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