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12/02/2011

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TESTIMONIANZE DEL PASSATO A RISCHIO

Clicca per Ingrandire Salviamo i nostri Beni Culturali dall’incuria dell’uomo e dall’ignoranza! E’ l’imperativo che corre di bocca in bocca a Rignano Garganico, non solo fra il pubblico più colto e sensibile, ma anche fra la gente comune, abituati ormai da anni a vedere in paese di tanto in tanto l’arrivo di comitive di turisti e scolaresche interessate a scoprire e godere delle bellezze rare e arcaiche di questa realtà. Eventi quasi sempre accompagnati da una significativa ricaduta positiva sull’economia locale. Tutto questo fa ben sperare e spinge la classe dirigente a ipotizzare progetti di sviluppo assai articolati e ambiziosi. Ma troppo spesso la macchina creativa si inceppa, perché anziché affidarsi a tecnici motivati, si rimedia coi soliti “raccomandati” del momento.

Da qui il sommo ritardo con cui procede il discorso della valorizzazione dei Beni in questione, a cominciare dal noto sito paleolitico di Grotta Paglicci e annesso Museo. Basti pensare che sono trascorsi circa trent’anni dalla prima ‘genitura’ dell’idea. Ora ci si chiede: che fine ha fatto il Dolmen della Madonna di Cristo situato, come noto, nell’omonima piana a qualche tiro di schioppo dal Santuario di origine medievale? Prima di addentrarci nel tema, vediamo di che si tratta. Per chi non lo sapesse col nome ‘dolmen’, di origine celtica, si indicano alcune caratteristiche tombe preistoriche costruite con poche rozze pietre piantate verticalmente nel terreno a sostegno di un grande lastrone orizzontale. La struttura di tale monumento è tipica del Neolitico e perdura anche nell’età dei metalli.

Talvolta, accanto al dolmen si ergono una o più grandi lastre di pietra grezza, più o meno di forma allungata, conica, cilindrica o piatta, infisse nel terreno in senso verticale, chiamate ‘menhir’, termine di origine bretone (composto da ‘men’ pietra e ‘hir’ lungo). L’uso dei dolmen fu comune a molti popoli preistorici, non solo d’Europa ma anche di Africa, Madagascar, Palestina, eccetera. Altrettanto in Italia specie nella parte peninsulare e con particolare riguardo alla Puglia dove si concentrano nel Salento, Tarantino e Barese (noto quello di Bisceglie). Nel Gargano l’unica testimonianza conosciuta fino a qualche decennio fa era il dolmen di Molinella, andato perduto. Negli ultimi anni sono state individuate alcune presenze anche nella parte meridionale del Promontorio.

Il Dolmen di Rignano Garganico viene scoperto il 2001 a seguito di una campagna di scavo accuratamente condotta dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia sotto la supervisione di Anna Maria Tunzi. Il monumento, sopravvissuto durante gli anni ’70 ad attività preliminari di cava grazie alla copertura di fitta vegetazione a macchia mediterranea, si trova, come accennato, nella piana della Madonna di Cristo, a circa sei chilometri dal paese e, in linea d’aria, ad alcune centinaia di metri da Grotta Paglicci. Il luogo del ritrovamento è dislocato sul primo gradone garganico, proteso strategicamente sulla piana sottostante del Tavoliere. La datazione è riferibile agli inizi della media età del bronzo.

Nel sottosuolo finora non sono emersi resti umani, bensì materiale ceramico della stessa fase associato a pietrame. Nello spiazzo antistante (attualmente arato e messo a coltura) c’è chi ha intravisto persino tombe a tumulo, coeve o di epoca successiva. Qualche tempo dopo, un altro Dolmen similare è scoperto da appassionati nel vallone di Lamasecca, ad alcuni chilometri dal paese, non ancora verificato scientificamente dagli esperti della materia. Tutto questo sta a significare che la presenza umana su questo territorio dagli albori del Paleolitico e per tutto il Neolitico e l’età dei metalli è stata pressoché costante e diffusa. Di conseguenza si spiega l’interesse che si nutre verso i suddetti Beni che, se ben tutelati e curati, possono costituire una forza trainante dell’agognato turismo culturale e la “cultura” diventare davvero qualcosa che “si mangia” anche a Rignano Garganico.

Ora, del Dolmen della piana “Madonna di Cristo” pare si sia persa ogni traccia, dopo il cambio di guardia della proprietà del fondo. Prima, grazie alla disponibilità dell’antico titolare, la fruizione da parte di scuole, visitatori, soci di Archeoclub e altri sodalizi, era costantemente assicurata sotto la guida delle associazioni locali, in primis il Centro Studi Paglicci, e il Dolmen in menzione costituiva un tassello importante e puntuale del pacchetto di offerta turistica. Ora non più o, meglio, tutto tace da qualche anno. Ma siamo certi che il primo cittadino, da uomo di cultura qual è, farà sentire presto la sua voce e il discorso di merito sarà ripristinato come e meglio di prima.

Antonio Del Vecchio

 garganopress (testo e foto)

 

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