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21/01/2011

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FRA SOGNI E NUOVI PROGETTI

Clicca per Ingrandire Nasce un nuovo progetto per mettere insieme due realtà territoriali che hanno caratteristiche orografiche del tutto opposte ma fanno della qualità della vita la loro sfida a un mondo sempre più distante da quelli che sono i valori di uno stare insieme, come suol dirsi, a misura d'uomo; eccellenze riscontrabili nei piccoli centri urbani che fortunatamente conservano ancora intatto il loro patrimonio urbanistico.

Il riferimento è all'intesa, da formalizzare il 14 febbraio a Vico del Gargano, che darà il via all'aggregazione di comparti produttivi e beni materiali e immateriali, cioè un patrimonio comune a Daunia e Gargano (ne abbiamo dato notizia il 15/12/2010 al link http://www.puntodistella.it/news.asp?id=4406; ndr).

“Il giorno di san Valentino non si celebrerà solo un rito e una unione, ma verrà sancito un progetto di vita”, spiega Federico Massimo Ceschin, fra i promotori innovativi di “ComunicARTurismo".

- Quali i punti che accomunano Daunia e Gargano?

“Sono complementari nell'offerta di territorio - aggiunge - perché parlare di turismo, in Daunia e sul Gargano, è sostanzialmente equivalente a parlare di ambiente. Lo sviluppo non si misura in infrastrutture, ruspe e cemento. Per ragionare di sviluppo turistico occorre partire da basi di dati reali e un costante studio dei flussi”.

- In concreto?

“Parlare di turismo significa anzitutto ragionare sul benessere delle comunità locali. La precondizione essenziale dello sviluppo risiede nella capacità di garantire sicurezza e legalità”.

Puntando in sintesi su due concetti fondamentali, qualità territoriale e cultura dell’ospitalità, in modo da realizzare un sistema turistico territoriale che coinvolga piccoli borghi e grandi centri di Capitanata. Alla base del progetto c'è il rispetto del territorio perchè, viene ricordato, negli ultimi decenni, il suo "consumo" ha assunto proporzioni preoccupanti e una estensione devastante. Negli ultimi vent’anni, il nostro Paese ha cavalcato una urbanizzazione ampia, rapida e violenta. Soltanto nell'ultimo quinquennio circa tre milioni di ettari, un tempo agricoli, sono stati asfaltati o cementificati.

Questo consumo di suolo sovente si è trasformato in puro spreco, con decine di migliaia di capannoni vuoti e case sfitte: suolo sottratto all’agricoltura, terreno che ha cessato di produrre vera ricchezza. La sua cementificazione pone problemi crescenti al rifornimento delle falde idriche e non reca più alcun beneficio, né sull’occupazione né sulla qualità della vita dei cittadini. Tutto ciò porta, da una parte, allo svuotamento di molti centri storici e dall’altra all’aumento di nuovi residenti in nuovi spazi e nuove attività, che significano a loro volta nuove domande di servizi e così via all’infinito, con effetti alla lunga devastanti. Dando vita a quella che si può definire la “città continua”.

Dove esistevano paesi, comuni, identità municipali, oggi troviamo immense periferie urbane, quartieri dormitorio e senza anima: una “urbanizzazione” ormai completa per molte aree del paese. Tanti sogni nel cassetto.

Francesco Mastropaolo


 GdM

 

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