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14/12/2010

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SUONI E DANZE… ZAMPOGNE E CIARAMELLE

Clicca per Ingrandire Nell'immaginario collettivo urbano il suono della zampogna (la "cornamusa" dell'Italia centro-meridionale) evoca subito, di norma, la questua, la novena pre-natalizia, le "pastorali". In questo viaggio Mangano e la Bella Cumpagnië portano sulla scena anche la zampogna lucana, meno conosciuta di quella abruzzese e ciociara, con una storia comunque che si intreccia con quella della Val D’Agri. In questa valle della Basilicata e nel Pollino si costruiscono ancora le migliori zampogne e ciaramelle. In particolare si suona la “surdulina”, non solo a Natale ma in tante altre occasioni (battesimi, fidanzamenti, serenate) ed è quindi un ottimo strumento per far ballare tarantelle e pastorali. Fra i vari strumenti ad ancia non è mancata la presenza della piva emiliana, a completamento del viaggio negli strumenti ad ancia d’Italia.

Per Michele Mangano, responsabile dell’Associazione “La Bella Cumpagnië” che dall’8 dicembre al 6 gennaio sarà presente sul territorio coi suoni della tradizione e il progetto “Suoni e danze… zampogne e ciaramelle”, è un’occasione più che speciale per l’opportunità di incontrare tanti maestri delle tradizioni culturali del Sud Italia, in modo particolare esperti di strumenti ad ancia. Suonatori e ballerini abbigliati con abiti legati alla tradizione pastorale fanno rivivere atmosfere lontane ma mai dimenticate.

In dettaglio, il 18 dicembre saranno ospiti ad Apricena, città natale di Matteo Salvatore, in un concerto-omaggio al cantastorie apricenese in occasione della manifestazione “Saperi e Sapori” organizzata dall’Amministrazione comunale-Assessorato Attività Produttive guidato da Giovanni Delfine, che ha voluto la presenza del Maestro il quale afferma: “Impossibile per me dimenticare le due mattine del 7 e 8 maggio (1977 e 1978). Avevo appena 17 anni quando entrai a far parte del gruppo di tradizioni popolari ‘Li Cafunë’ di Monte Sant’Angelo e si aspettava l'arrivo delle compagnie di pellegrini, scortate da orchestre di zampogne al santuario di San Michele Arcangelo, per verificare una volta di più l'esplosione di una religiosità popolare allora non ancora completamente modificata dalla Chiesa”.

Nell’ambito dell’Associazione opera un gruppo di esperti di strumenti ad ancia, al quale ogni anno aderiscono nuovi esperti, che si impegna attivamente nel portare avanti gli studi su questi strumenti rudimentali. Questo spettacolo natalizio ha lo scopo di “far conoscere” tali quadri che riguardano situazioni sociali recentemente trascorse o addirittura ancora vive e nelle quali in molti potremmo scoprire persino legami familiari, “far pensare” che il senso della Storia risiede nel tenere conto del pensiero e delle evoluzioni che hanno caratterizzato la quotidianità dei singoli e della collettività che ci hanno preceduti, “far scoprire” le ritualità che scandiscono le stagioni della vita e della natura, delle costumanze che conferiscono ancora oggi caratteri esclusivi alle popolazioni e ai territori.

Tornando alla storia, nei cinque decenni che sono trascorsi dalla prima tappa fondamentale della ricerca etno-musicologica in Italia - la campagna di raccolta condotta nel 1954-1955 da Diego Carpitella e Alan Lomax (registrazioni sul campo dall'Alto Adige sino alla punta meridionale della Sicilia), - la diffusione dello strumento è stata in molte occasioni verificata anche fuori dell'ambito magico-religioso. Ancora oggi il suo uso profano anima le occasioni festive. Al suono trascinante della zampogna si ballano saltarelli e tarantelle, si accompagnano canti e serenate. Ma la zampogna non è più legata al lavoro, quando si suonava nei campi o in occasione delle grandi transumanze, al seguito del gregge.

Con l'emigrazione di massa verso le città, contadini e pastori hanno dovuto distaccarsi drammaticamente dalla loro cultura tradizionale per poter accedere a uno status economico superiore; l'uscita inevitabile da un'economia contadina si è fatta senza la guida di una cultura. Oggi, scopo dell’Associazione “La Bella Cumpagnië” è guardare al mondo, senza mai dimenticare però le proprie radici, uniche a rendere possibile il confronto con le molteplici culture che fanno parte del nostro presente, e quindi invitare le istituzioni a collaborare attivamente con le associazioni che lavorano seriamente per la rivalutazione del territorio, cercando di non dimenticare mai di attingere dagli alfieri che ancora possono dare tanto al territorio.

 Ufficio Stampa

 

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