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02/11/2010

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ALLA SCOPERTA DEL PASSATO

Clicca per Ingrandire Quando iniziai a esplorare il Gargano, ormai diversi anni fa, e ancora prima, quando mi barcamenavo tra pubblicazioni garganiche di stampo archeologico e naturalistico in varie biblioteche d’Italia (dall’antichissimo Archiginnasio di Bologna alla biblioteca di San Nicandro Garganico), ebbi l’impressione che il mio amato Promontorio celasse gran parte delle sue meraviglie lontano dalla fragile carta di una documentazione storica scarna e difficilmente reperibile. Sentivo che la vera identità della mia terra era da ricercare tra le sue profonde pieghe fatte di roccia e millenni, e protetta da una selva ispida e robusta, a volte invalicabile. La presenza di strutture megalitiche sul territorio garganico ne è una conferma.

Ho già esplicitato in articolo precedente (“Dolmen di Ripe Rosse”, http://www.argod.it/blog/index.php?option=com_content&view=article&id=67:dolmenriperosse&catid=45:archeoastronomiacategorie&Itemid=59) l’approccio scientifico con cui sto affrontando lo studio di tali strutture litiche, insieme ai miei colleghi del Team Archeo-Speleologico “Argod” (foto del titolo, il logo; ndr), di cui sono cofondatore e direttore e al direttore del Museo Paglicci, Enzo Pazienza, di Rignano Garganico, il primo ad avere iniziato un percorso di studi più approfonditi sulle strutture dolmeniche presenti su territorio rignanese (Dolmen di “Madonna di Cristo” e Dolmen della Masecca).

In questo articolo esporrò alcuni dati e considerazioni in base ai nostri primi studi di tipo archeoastronomico, effettuati su una delle strutture dolmeniche più evidenti del Gargano: il Dolmen della Masecca (foto 1 sotto), situato in agro di Rignano Garganico. Si tratta di un Dolmen di medie dimensioni, composto da tre grossi blocchi di roccia calcarea, due laterali e uno di copertura. Il blocco laterale destro è il più imponente. A pochi passi è depositata la lastra di copertura dell'ingresso del Dolmen, parzialmente danneggiata e priva di incisioni (foto 2).

All’interno della struttura, e precisamente sul soffitto, sono visibili alcune incisioni. Si presentano in pessime condizioni, a causa della friabilità del materiale e del lungo processo d’erosione cui la lastra è stata sottoposta, quindi gli intagli non sono identificabili. A un’attenta analisi si evince che la base dei blocchi e la pavimentazione erano già presenti sul posto in natura (da tener presente che il territorio in questione è fortemente caratterizzato dal fenomeno del carsismo). La costruzione quindi si colloca a metà strada fra due tipologie di struttura megalitica: la categoria denominata struttura dolmenica (costruzioni ove sia la lastra di copertura sia le due pietre verticali sono state posizionate per azione antropica) e quella conosciuta come pseudo-dolmen (costruzioni a forma di dolmen che sono ottenute appoggiando un grosso masso orizzontale su due preesistenti rocce verticali).

Molto interessante è la canalizzazione artificiale presente sulla lastra di copertura, che fa scorrere l'acqua su un preciso punto della struttura (abbiamo noi stessi sperimentato il fenomeno versando dell'acqua – foto 3). Probabilmente serviva per far scorrere i liquidi biologici del corpo del defunto una volta posto sul tetto del Dolmen. Ma passiamo agli orientamenti, che prima di noi nessuno aveva mai né considerato né studiato. La bisettrice dell’edificio in pietra, e la sua apertura, sono orientati verso Est, più precisamente a 110° E, valore misurato con una bussola magnetica, quindi rappresenta l’azimut magnetico (angolo orizzontale in senso orario tra l’oggetto osservato ed il Nord magnetico rispetto all’osservatore). Non è corretto basare il calcolo azimutale solo sulle misure magnetiche, a causa di eventuali anomalie nel campo terrestre.

Per ottenere l’azimut geografico (quindi riferito al Nord geografico, che si discosta dal Nord magnetico) ho sottratto 1° 48’ (declinazione magnetica riferita al luogo e all’anno di osservazione) a quello precedentemente ritrovato, ottenendo un valore finale di 108° 12’ (foto 4). Questo significa che il Dolmen “guarda” in una direzione posta a circa 8° dal punto preciso dell’Est (90° E). Ma la chiave di tutto sta nel particolare panorama antistante la struttura. Due fianchi collinari, posti a distanze differenti rispetto al punto di osservazione (cioè rispetto al Dolmen), si “intersecano” all’orizzonte disegnando una sorta di “V” (foto 5). Inizialmente pensavo che l’apertura del Dolmen fosse in linea con essa, ma la “V” è risultata essere orientata a 100° E, azimut magnetico (98° 12’ di azimut geografico).

Analizzando tutto il contesto abbiamo abbozzato una prima ipotesi. Come detto prima, la base del Dolmen era già presente lì in natura, inoltre la zona non è pianeggiante ed è poco agevole per costruire strutture che abbiano direzioni specifiche. Particolare ancora più interessante è che tutta l’area è costituita da terrazzamenti realizzati dall’uomo, proprio intorno alla struttura litica (foto 6). Quindi, dopo uno studio della zona, i costruttori del Dolmen potrebbero aver voluto sfruttare la pavimentazione e le rocce preesistenti per costruire la struttura litica in direzione della suggestiva “V” (orientata a Est, quindi dove sorge il Sole), avendo notato che si discostava di “poco” da quella delle rocce in loco. Si tratta, in termini archeoastronomici, di orientamento simbolico che non implica, cioè, un allineamento preciso, ma comunque fa riferimento a particolari forme naturali, o rocce, in linea con punti sull’orizzonte di particolare significato astronomico (come ad esempio equinozi o solstizi). Il forte pendio del terreno non avrebbe potuto permettere altra soluzione.

A poche decine di metri di distanza, si erge un’altra struttura. Ai lati presenta due enormi blocchi calcarei (più grandi della costruzione precedentemente descritta) a forma di Dolmen, parzialmente interrata e quasi del tutto priva di copertura. Sul lato destro si notano delle aggiunte, forse più recenti, costituite da piccole pietre incolonnate che chiudono in parte la costruzione (foto 7). Sembra essere un Dolmen a corridoio (strutture che presentano una camera sepolcrale ed un corridoio di accesso rettilineo, generalmente sono più recenti di quelle semplici). Nonostante sia visibilmente rovinata, presenta una caratteristica intrigante: quella che si suppone essere l’apertura, è orientata a 100° E (quindi 98° 12’ in azimut geografico), proprio verso la “V”.

Se così fosse (i rilevamenti effettuati con bussola magnetica e GPS rappresentano un corpus di misurazioni preliminari) vorrebbe dire che i costruttori diedero molta importanza alla particolare conformazione naturale antistante ad esse, orientata, importante ricordarlo, verso 98° 12’ E, azimut geografico, a poco più di 8° dall’Est preciso. Naturalmente da quella posizione non era possibile veder nascere il Sole all’alba, ma l’orientamento verso il Sole nascente, cioè ad Est, è tipico di molte strutture dolmeniche dell’Europa centro-occidentale, come ad esempio in Iberia meridionale, Francia, Corsica, Sardegna eccetera. Pensiamo sia soprattutto per motivi rituali, come dimostrerebbe anche la canalizzazione creata artificialmente sulla lastra di copertura (che poggia sui due blocchi verticali). La presenza di un’altra struttura, orientata verso Est, e soprattutto verso la particolare conformazione naturale a forma di “V”, avvalora la nostra ipotesi.

Stiamo già lavorando ad effettuare misurazioni più precise con mezzi più appropriati (teodolite, antenna GPS, inclinometro), e valutando eventuali altri allineamenti. Riguardo all’epoca di costruzione ci sono ancora diversi punti oscuri e pareri contrastanti. C’è chi la collocherebbe durante l’Età del Bronzo, mentre per qualcuno è ipotizzabile addirittura l’Età Neolitica. Occorrono misurazioni più precise e riscontri in campo archeologico. Ufficialmente i Dolmen del Gargano non appaiono in nessuna pubblicazione scientifica del settore, e ho potuto appurare che la quasi totalità degli esperti nazionali e mondiali non sanno dell’esistenza di tali strutture. Le ricerche stanno proseguendo e cercheremo di fornire ulteriori elementi a supporto delle nostre ipotesi. Noi del Team Archeo-Speleologico Argod vi aggiorneremo non appena ci saranno delle novità.

Andrea Grana

  argod.it (foto Grazia Buoncristiano, Giuseppe La Porta, Enzo Pazienza)

 

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