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22/10/2010

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Clicca per Ingrandire Nel Parco dell’Alta Murgia la bruciatura delle stoppie è disciplinata da norme precise. Dal 1° ottobre 2010 infatti gli agricoltori sono tenuti a osservare le norme delle Disposizioni tecniche per la bruciatura delle stoppie emesse dall’Ente Parco. Inoltre l’accensione delle stoppie deve essere comunicata all’Ente Parco con un preavviso di almeno 7 giorni, indicando la data di accensione, l’orario di accensione e di spegnimento, la località, il foglio di mappa e la particella catastale. Le operazioni devono essere eseguite in presenza del conduttore del fondo dotato di mezzi idonei al controllo e allo spegnimento delle fiamme, e assistite fino al totale spegnimento della combustione.

La delibera ha suscitato diverse polemiche. L’Associazione Nazionale Guardie per l’Ambiente ha infatti impugnato il provvedimento con un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Riportiamo un estratto delle argomentazioni alle quali si appella il presidente delle Guardie per l’Ambiente.

“Tradizionalmente, nel comprensorio del Parco nazionale dell'Alta Murgia, e più in generale in tutta la Puglia, l'eliminazione delle stoppie dai campi avviene attraverso la loro combustione in loco. Questo avvenimento viene vissuto come una normale operazione colturale. Tale pratica ha un forte impatto sull’ambiente e sulla fauna. Tanto più è forte quanto più queste operazioni avvengono in campi ricavati all'interno di boschi (in passato il disboscamento fraudolento a pelle di leopardo ha creato isole di coltivazione all'interno delle zone boscate, degradando in modo estremo l'ambiente e costituendo aree di eccezionale pericolosità d' incendio quando si procede cervelloticamente alla combustione delle stoppie) e quando in questi boschi esiste una popolazione di fauna selvatica che potrebbe scomparire dalla circolazione in poco tempo proprio a causa di un incendio seppure controllato e autorizzato in un’area naturale protetta il cui principale scopo è la conservazione della fauna e della flora!

“Infatti, si è notato che lo stesso odore di fumo della bruciatura, sia pure controllata, porta notevole agitazione alle popolazioni animali del circondario mettendo in allarme l'istinto di conservazione e portando diversi individui alle soglie di un livello pericoloso di stress. Va anche considerata l'enorme quantità di inquinanti immessi nell'aria con la combustione dei residui vegetali bruciati a terra. Gli effetti degli incendi sulla fauna selvatica sono notevoli e complessi: il fuoco modifica infatti il microclima dell'area attraverso l'azione del fumo, l'alterazione della quantità di radiazione solare che raggiunge il suolo conseguente alla distruzione della copertura vegetale, l'innalzamento dell'escursione termica per periodi anche prolungati, l'aumento del vento, la modificazione del tasso medio di umidità.

“D'altro canto tale azione limita fortemente la disponibilità di risorse trofiche per tutti gli animali che si alimentano della vegetazione in generale, privando la fauna selvatica, oltre che di risorse trofiche, anche di un elemento fondamentale di rifugio. In molti casi la successiva nidificazione di molte specie può risultare compromessa per molti anni”.

Secondo l’Associazione Nazionale Guardie per l’Ambiente il provvedimento dell’Ente Parco è illogico e contravviene alla legge quadro sulle aree protette (Legge 6 dicembre 1991, n.394) che vieta le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. L’Ente Parco ha 60 giorni per presentare deduzioni e documenti, dopodiché sarà il Consiglio di Stato a esprimersi.


 Comunicato

 

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