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13/10/2010

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RECUPERO DI CALENA: I TEMPI SI ALLUNGANO

Clicca per Ingrandire Il recupero dell’Abazia di Càlena (il primo doumento che ne attesta la presenza è del 1023, mentre la sua nascita risalirebbe all’872 d.C.; ndr) è legato alla disponibilità dei tre milioni di euro previsti nel piano strategico di Area vasta “Capitanata 2020”, il progetto che vede come ente capofila il Comune di Foggia ed ente coordinatore l’Amministrazione provinciale dauna. I tempi, purtroppo, non sono determinabili e ciò crea preoccupazione in tutti coloro che hanno a cuore la valorizzazione di una testimonianza di un passato che non si vuole cancellare.

Il fatto che i tempi possano essere ancora lunghi desta indiscutibilmente molti timori per via dell’attuale stato di degrado del complesso. Il Centro Studi “G, Martella” di Peschici - che col suo presidente Teresa Maria Rauzino sta svolgendo da oltre un decennio un’intensa azione di sensibilizzazione - denuncia proprio le preoccupanti condizioni in cui versa l’Abazia. In particolare per quanto riguarda, fra gli altri degradi, la copertura lignea dell’abside e il campanile a vela che ospita un prezioso bassorilievo di Madonna orante risalente al 1393.

Inoltre, necessitano interventi per recuperare le creste murarie della chiesa e del recinto del complesso e successiva protezione, impermeabilizzazione degli estradossi delle navate laterali, ricomposizione e bloccaggio degli elementi lapidei e bonifica dei vani della primitiva chiesa. Santa Maria di Càlena, che ricordiamo è di proprietà della famiglia Martucci, è da annoverare fra le più antiche d’Italia. Probabilmente vi fu una prima presenza di monaci basiliani già a partire dall’872. Nel 1058 divenne una potente Abazia. Via via che papi e imperatori le concedevano ricchi privilegi, i suoi beni si estesero oltre l’area garganica fino a Campomarino e Canne. L’Abazia di Monte Sacro, presso Mattinata, era una di queste ricche dependances ed ebbe un secolare contenzioso con la casa-madre, che non voleva concederle assolutamente l’autonomia.

Per rendersi conto dell’entità del prestigio di Santa Maria di Càlena basti ricordare che nel 1420, quando era già in declino, i beni in suo possesso consistevano in circa trenta chiese del Gargano Nord, con relative pertinenze di mulini, case, terre, oliveti, diritti di pesca sul Varano e diritti feudali sulla città di Peschici e sul Casale di Imbuti. Contesa dai potenti monasteri delle isole Tremiti e Montecassino, riuscì a restare indipendente fino al 1445, quando fu inglobata definitivamente a Tremiti, sotto i Canonici Lateranensi. E’ certo che accolse molti pellegrini, famosi e non, che sbarcavano sui litorali del Gargano Nord per recarsi al Monte dell’Angelo.

Francesco Mastropaolo

 GdM

 

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