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28/09/2010

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TRABUCCO, ANIMA DEL GARGANO

Clicca per Ingrandire Ogni stregone ha un apprendista, buono o maldestro che sia. Ogni trabucchista, ogni depositario di antichi valori, dovrebbe averne uno. E i Trabucchi di Peschici non godono di una buona generazione di apprendisti. Ora i trabucchi ci sono (foto del titolo; ndr). L’associazione, giunta al capolinea ormai un anno fa, ne ha ristrutturato qualcuno prolungando di qualche anno, forse decennio, l’esistenza, almeno apparente, di alcuni di questi. Ma quando i vecchi pescatori non ci saranno più chi si occuperà di loro? Chi - come un padre affettuoso - si prenderà la briga di tenere in piedi questi mostri di legno e fil di ferro? Chi avrà la premura di ripararli dopo ogni mareggiata? Chi avrà la passione per continuare a calare la rete e passare le assolate giornate di agosto in attesa del branco di cefali?

Peschici, oggi, ha cinque trabucchi: Montepucci (foto 1 sotto), San Nicola (foto 2), Manaccora (foto 3), Gusmay e Bescile (foto 4). Cinque famiglie ne tengono le redini. Tre sono vecchi timonieri, tre testimonianze storiche. Solo negli occhi dei tre si riescono a leggere dedizione e cura per i velieri senza vele. Mimì alias “Battistonë”, Elia Ranieri alias “U’marënaisë” e Giuseppe Marino alias “Chianëchianë”. Tutti arzilli giovanotti oltre i sessanta, tutti con un occhio alla rete e l’altro alle previsioni del tempo. Finché ci saranno loro ci saranno i trabucchi di Peschici. Dopo, probabilmente, saranno solo mere figure vuote, solo scheletri di legno, grovigli di fili e ricordi malinconici. O, forse, continueranno a esserci. Forse qualche ente di accorgerà del declino di uno dei simboli del Gargano e deciderà di adottarli.

Forse Comuni e Parco (ma che stanno a fare lassù in montagna?!) si prenderanno la briga e un domani vedremo sindaco e presidente con tanto di banda al seguito tagliare il nastro di una delle passerelle o girare gli argani per mettere giù la prima rete. O forse i trabucchi saranno come quello che il sindaco D’Anelli ha ricostruito a Rodi: una riproduzione miniaturizzata, statica, senz’anima, una sorta di monumento, un inno a qualcosa che non c’è più. Ma quello di Rodi può essere giustificato. Oggi come oggi lì, su quei quattro massi - dove Carlo “Battistonë”, il padre di Mimì, nei primi Anni Venti del secolo scorso, costruì il trabucco per precedere il pescoso Montepucci, - un vero trabucco non potrebbe esistere. Poiché, dopo lo scavo della ferrovia, i fondali si abbassarono troppo e, quindi, la pesca fu impraticabile, tanto da costringere Battistone a smontarlo e portarselo a casa.

La rete di metà dei trabucchi citati già ora non tocca l’acqua da anni. Alcuni non le hanno nemmeno, le reti, e continuano a promuoversi come unici trabucchi funzionanti (niente di più falso e menzognero in nome di una falsa ideologia di turismo). Con lo sciogliersi dell’Associazione Onlus “I trabucchi del Gargano” - che stava lavorando abbastanza bene - sarebbero stati i Comuni di Peschici e Vieste, e il Parco Nazionale del Gargano, a prendersi la responsabilità, o meglio il fardello, di custodire i giganti del promontorio. Lo stanno facendo? Hanno intrapreso un minimo di progettualità? Stanno discutendo riunendosi e cercando soluzioni? No. Tutti si riempiono la bocca di cultura e storia del territorio - sotto elezioni - e poi se ne dimenticano completamente.

I bambini delle elementari, delle medie e delle superiori di Peschici non hanno una minima idea di cosa sia, di come funzioni e dell’importanza sociale del trabucco. Si preferisce portarli allo zoo di Fasano ma non da uno dei tre per ascoltare le storie e mangiare un po’ di pesce decente. E così, la tradizione si perde. Le radici di un territorio cominciano a essere divelte come i vecchi pali corrosi dalla salsedine, che cedono alle mareggiate, di uno dei trabucchi, quello di Calalunga, di cui restano solo pochi pali. La famiglia non è più sinonimo di prosecuzione delle antiche tradizioni, le nuove generazioni hanno altri interessi, perseguono altre vie e così i giovanotti sessantenni non possono fare altro che aiutarsi l’un l’altro nelle riparazioni e nei consigli.

Quello del trabucchista non è solo uno dei tanti vecchi mestieri che si perdono negli anni, ma un distinto pezzo di Gargano. Una fetta importante di storia, cultura, tradizione. Con il crollo e la mancata ricostruzione di una struttura crollano anche i sogni, i ricordi e le grandi pescate dei tempi passati, ma anche fantastici scorci e il disincanto del turista rapito da cotanto ingegno, figlio di uomini con appena la terza elementare, nel migliore dei casi. Se Peschici, il Gargano, perdessero i loro trabucchi, perderebbero un pezzo di sé. E con la grande crisi del settore degli ultimi anni perderebbero una grande attrattiva oltremodo peculiare di questo territorio, ma anche una delle sue identità più forti.

Domenico Ottaviano jr.

  l’Attacco

 

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