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07/07/2010

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CONTRO LE MOZZARELLE DEI PUFFI (E NON SOLO)

Clicca per Ingrandire Contro le mozzarelle dei puffi e l’olio alla clorofilla, la Coldiretti Puglia si mobilita, organizzando blitz nei porti e alle frontiere. Partendo dai dati sulle importazioni dei prodotti agroalimentari da Paesi comunitari ed extracomunitari, spacciati per “made in Puglia”, è evidente il danno economico a carico degli imprenditori agricoli e dei consumatori, e il rischio che nei giorni scorsi si è manifestato in tutta la sua gravità a carico della salute umana.

Nel 2009 sono stati importati in Puglia 962mila quintali di cagliate e quasi 1 milione e 800mila quintali di latte, pari alla metà del latte pugliese utilizzato per produrre la mozzarella “fior di latte” e i formaggi locali, con un aumento dell’importazione di latte, rispetto all’anno precedente, del 13,83 percento. Non basta: dal 1° gennaio di quest’anno nei porti pugliesi sono già stati scaricati, al 30 giugno, oltre 4 milioni di quintali di grano duro.

Circa 2 milioni di quintali di olio, quasi pari alla produzione regionale, sono importati ogni anno per essere miscelati con quello del nostro territorio, mentre sfuggono a ogni possibile calcolo le importazioni di olio - non di oliva - che si trasformano nel prezioso oro pugliese, così come dimostrato dall’ottima attività investigativa del Comando Nas di Bari. Altrettanto irrintracciabili gli enormi quantitativi di ortofrutta proveniente dai Paesi del Mediterraneo e spacciata per pugliese.

Sono i numeri drammatici del mercato parallelo di prodotti agricoli provenienti da migliaia di chilometri di distanza, spesso sofisticati, spacciati per prodotti di qualità, quando di qualità non sono, per cui viene illegalmente utilizzato il marchio “made in Puglia”. Queste le ragioni alla base della mobilitazione che si svilupperà in Puglia e in Italia illustrate nel corso di una conferenza stampa a cui hanno partecipato, fra gli altri, l’assessore alle Risorse Agroalimentari della Regione, Dario Stefàno, Aldo Di Luccia, docente del Dipartimento di Scienze degli Alimenti alla Facoltà di Agraria dell’Università di Foggia, Vito Gallo, ricercatore del Dipartimento di Ingegneria delle Acque e di Chimica del Politecnico di Bari, Laura Del Coco, PH.D. del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche d Ambientali dell’Università del Salento e Giulia Procino dell’ADOC Puglia.

“La Coldiretti Puglia si è fatta carico - ha spiegato il presidente di Coldiretti Puglia, Pietro Salcuni - di promuovere e in alcuni casi rinvenire forme di finanziamento di metodi d’analisi da far validare e mettere a disposizione delle forze dell’ordine. Per alcuni comparti (olivicolo, zootecnico, ortofrutticolo, vitivinicolo e cerealicolo), in Puglia si registrano speculazioni che comprimono i prezzi delle produzioni agricole senza alcun beneficio per i consumatori, trovano terreno fertile in normative poco trasparenti, che regolano l’entrata in Puglia dei prodotti dall’estero”.

E proprio sul tema dei controlli “non abbiamo modo di bloccare gli sbarchi - ha denunciato l’assessore Stefàno - e per questo dobbiamo fare di tutto per finanziare gli strumenti della ricerca e potenziare i controlli. A questo proposito ho riconvocato il tavolo di coordinamento dei soggetti preposti ai controlli, anche se possiamo intervenire solo nel recinto miope del nostro territorio regionale. E’ necessaria un’audizione urgente al Parlamento Europeo proprio sul tema dei controlli”.

Gli studi condotti in campo agroalimentare riguardano “la definizione dell’impronta digitale dell’uva da tavola pugliese - ha spiegato Vito Gallo - mediante l’analisi metabolomica. I primi risultati tangibili di tali studi consentono la discriminazione delle uve in base alle varietà, all’origine geografica e alle tecniche agronomiche impiegate per la loro produzione. Ad esempio, l’impronta digitale con la Risonanza Magnetica è un potente strumento per distinguere un prodotto biologico da uno convenzionale”.

Per le mozzarelle “un progetto di ricerca finanziato dal Ministero delle Politiche Agricole, denominato “tupromona” - ha sottolineato Aldo Di Luccia, - che ha visto attori protagonisti l’Aia, il Crsa e l’Università di Bari, ha portato all’identificazione di un marcatore, denominato “almi”, in grado di distinguere le cagliate fresche, cioè quelle utilizzate immediatamente per la produzione delle mozzarelle, da quelle congelate o provenienti dall’estero. Il marcatore è presente in piccolissime quantità nella cagliata fresca e aumenta sensibilmente con la conservazione delle cagliate e la cattiva conservazione del latte. La determinazione quantitativa di questo marcatore permette di differenziare le diverse tipologie di prodotto finito”.

“Negli ultimi tre anni - ha continuato Laura Del Coco - il gruppo di ricerca del laboratorio di Chimica Generale e Inorganica del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali, Università del Salento, guidato dal prof. Francesco Paolo Fanizzi, si è occupato di caratterizzazione di oli extravergine di oliva (blend e monovarietali), mediante tecniche avanzate di indagine come la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (Nmr) ad alto campo, in combinazione con l’analisi statistica multivariata. Utilizzando sia la cultivar che la provenienza geografica come discriminante, è stato possibile ottenere buoni risultati sia per oli caratterizzati fenotipicamente che per oli prodotti con l’utilizzo di micromolitore e corredati da un accurato esame del genotipo”.

“Dopo le prime prove effettuate con la Tac salva mozzarella - ha detto il direttore di Coldiretti Puglia, Antonio De Concilio - su un totale di 13 campioni di mozzarelle provenienti da diversi caseifici, ben 6, e cioè quasi la metà (46 percento), sono risultate “positive al test”, ossia “non ottenute esclusivamente con latte fresco. Per produrre un kg di mozzarella tarocca occorrono 700 grammi di cagliata dal costo di soli 2 euro/kg, mentre il prezzo al pubblico di un kg di mozzarella vaccina di qualità non può essere inferiore ai 6,5-7 euro/kg. La risonanza magnetica sull’olio extravergine d’oliva ha fatto emergere che è straniero il contenuto in una bottiglia su due. Una situazione che mette a rischio gli oliveti pugliesi che possono contare su 250 milioni di piante, molte delle quali secolari o situate in zone dove contribuiscono alla tutela del paesaggio e dell'ambiente”.

Per colpa degli agropirati nazionali e regionali, in due anni consecutivi si è assistito in Puglia al crollo medio dei prezzi dei prodotti agricoli del 22 percento che ha toccato le flessioni più esasperate per i comparti del grano con meno 70 percento, dell’uva da tavola con meno 35, dell’olio extravergine di oliva con meno 40 e del latte con meno 32. E’ da stigmatizzare la quasi totale indifferenza della distribuzione organizzata che, al di là di qualche iniziativa sostenuta dalla Regione, non ha ritenuto di dover instaurare rapporti strutturati con la produzione del territorio, cercando un falso alibi nella mancanza di organizzazione nella produzione agricola pugliese.

Sul versante squisitamente commerciale, terreno fertile ha trovato in Puglia sia la Gdo (grande distribuzione organizzata) che la Do: sono più di 990 gli insediamenti tra ipermercati, supermercati, cash&carry e discount, per una superficie complessiva di oltre due milioni e mezzo di metri quadri, 250 ettari di terreni fertili e pianeggianti, sottratti all’agricoltura e ad altre attività produttive. La mancata dichiarazione dell’origine, ai fini della trasformazione industriale, innesca un sistema di competitività distorto ed una difficile rintracciabilità, a danno della sicurezza alimentare.

Per questi motivi, la Coldiretti Puglia invita tutti i parlamentari pugliesi a sostenere il provvedimento legislativo, attualmente in discussione in Parlamento, che sancisce l’obbligo di indicazione in etichetta dell’origine per tutti i prodotti agroalimentari.

 puglia.coldiretti.it

 

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